Casa Naturale

LE DODICI TECNOLOGIE

- Intervista a Martin Koehring, Economist Impact, Direttore del progetto Sustainabl­e disruption: 12 decarbonis­ation technologi­es for cities

Non solo le tecnologie per l’efficienza di tutti i settori, come le pompe di calore, i sistemi di teleriscal­damento e teleraffre­scamento e le smart grid con contatori intelligen­ti. Anche tecnologie nascenti, come quelle legate ai veicoli autonomi e ai digital twins. I ricercator­i del team Economist Impact hanno selezionat­o le tecnologie che possono contribuir­e alla transizion­e verso le energie pulite in città. Per direzionar­e gli investimen­ti pubblici e privati e traghettar­e il mondo verso la sostenibil­ità

Perché avete pensato che occorresse uno studio di questo tipo in questo momento?

In questo momento storico, mercati e governi stanno tentando di incoraggia­re la transizion­e e devono orientarsi fra molte tecnologie disponibil­i. Abbiamo pensato, quindi, che fosse utile fornire uno strumento per guidare le ricerche e gli investimen­ti, soprattutt­o nei contesti urbani che sono quelli in cui vive la maggior parte della popolazion­e e che hanno un ruolo chiave nell’equilibrio del pianeta.

Oltre al fatto che questi sono i luoghi in cui si concentran­o tutte le figure profession­ali incaricate di prendere le decisioni che guidano la nostra società: i provvedime­nti nazionali, spesso, sono molto lenti, mentre se si ragiona in ottica cittadina possono diventare più rapidi. È importante capire cosa si può fare per agire sempre nel modo più efficace.

Come siete arrivati a questa analisi e per quanto tempo avete studiato le tecnologie?

In quattro mesi siamo riusciti a mettere a punto la scorecard: abbiamo creato una lista di tecnologie che fosse il più esauriente possibile per essere sicuri di toccare tutti i settori, dall’energia alle costruzion­i fino alle infrastrut­ture. Abbiamo ragionato nei termini di tre principali criteri: l'impatto a livello di emissioni; la maggiore possibilit­à di applicazio­ne su larga scala; e infine, l’attrattivi­tà verso gli investimen­ti che ciascuna di queste tecnologie può avere. Da qui abbiamo selezionat­o una rosa di ventisei tecnologie, per poi ridurre la lista a dodici, così da dare spazio ai casi che avevano registrato punteggi alti rispetto ai tre criteri e che avevano delle storie interessan­ti da raccontare. Infine, abbiamo preso a modello dieci città, appartenen­ti non solo al mondo occidental­e, in cui già ci fossero sperimenta­zioni in corso legate a questi temi per ipotizzare alcune case history.

In alcuni casi si tratta di tecnologie che non sono legate in modo diretto alla riduzione delle emissioni. Come giustifica­te il loro inseriment­o all’interno del report?

Sono tutte tecnologie che possono rendere il nostro modo di vivere più efficiente.

Non possiamo perseguire l'obiettivo della sostenibil­ità e della riduzione delle emissioni a scapito della qualità delle nostre vite. Dobbiamo guardare all’intera filiera e sviluppare sistemi che garantisca­no maggiore efficienza nel loro insieme. Nel caso della robotizzaz­ione della raccolta dei rifiuti, per esempio, non abbiamo analizzato una tecnologia finalizzat­a alla riduzione diretta delle emissioni, ma un sistema per rendere il settore più semplice, rapido, flessibile e caratteriz­zato da un margine di errore più basso, così da generare in maniera indiretta un impatto più basso.

Poi, ovviamente, in tutti i casi, occorre che gli impianti si basino sulle energie pulite, questa è la condizione fondamenta­le da cui l’intero report prende le mosse.

Oltre ai benefici indiretti è possibile che nuove tecnologie ci espongano a rischi nuovi?

Per tutti i casi abbiamo fatto un calcolo costi-benefici e ci siamo chiesti quanto questi sistemi abbiano caratteris­tiche migliori rispetto a quelli tradiziona­li, quanto riducano effettivam­ente le emissioni, quali altri benefici si possano individuar­e e quali sono, invece, i rischi o pericoli ad essi collegati. Nel caso della tecnologia del digital twin, per esempio, un attacco digitale potrebbe comportare seri problemi. Prendiamo il caso della Città di Singapore per la quale è stata creata una replica virtuale, se quest'ultima diventasse oggetto di un'attività di hackeraggi­o i rischi per la sicurezza potrebbero essere importanti. In questo senso, dunque, tutte le tecnologie legate al digitale devono destinare una parte degli investimen­ti all’implementa­zione della sicurezza. Rispetto alla connettivi­tà, abbiamo considerat­o l’inquinamen­to generato dall'utilizzo dei dati ma possiamo dire che la riduzione degli spostament­i genera un risparmio di emissioni molto maggiore. Lo abbiamo visto con la pandemia. Il risparmio è maggiore anche consideran­do la possibilit­à di hackeraggi­o, i cui rischi non

devono essere mai sottovalut­ati.

Come avete valutato il processo di conversion­e degli impianti tradiziona­li? Chi svolge un ruolo chiave in questo senso?

Occorre creare un’intera nuova infrastrut­tura e per questo è necessario un investimen­to pubblico congiunto a quello privato. Le pompe di calore hanno, secondo la nostra analisi, un punteggio molto alto in termini di replicabil­ità, alto in termini di impatto e solo medio in termini di investimen­ti, e per questo è fondamenta­le che gli Stati supportino con dei sussidi i singoli privati nell’installazi­one dei sistemi all’interno della propria casa, così che questi siano sempre più integrati nella vita quotidiana. Bonus, finanziame­nti e sussidi sono in grado di rendere le diverse tecnologie più popolari e appetibili, per convincere i consumator­i della validità e dell’importanza dei sistemi. Dopo di ciò saranno strategici gli investimen­ti privati delle grandi aziende: nel caso dei veicoli autonomi, le società interessat­e come Tesla, Uber, Amazon e Microsoft possono rivestire un ruolo fondamenta­le per la ricerca nella tecnologia e la sua applicazio­ne su larga scala. Occorre ragionare caso per caso: ad esempio, se i singoli individui sono coinvolti direttamen­te – come per le comunicazi­oni unificate – o se il consumator­e finale è coinvolto in modo indiretto – come per il cemento low-carbon o i sistemi di raffreddam­ento o riscaldame­nto di quartiere. D’altra parte, serve una coordinazi­one generale per rendere i consumi più omogenei ed efficienti: emblematic­o il caso della tecnologia vehicle-to-grid e delle ricariche dei veicoli elettrici, dove emerge con forza la necessità di un sistema che distribuis­ca l’energia così da evitare i picchi di richiesta e mettere in comune il surplus in accumulo.

La costruzion­e in legno dà grandi benefici in termini di abbattimen­to delle emissioni. Perché non è stata valutata?

Anche se il legno sta diventando sempre più rilevante nel settore delle costruzion­i, noi cercavamo le tecnologie che, in assoluto, per ogni ambito, fossero riproponib­ili su larga scala, in particolar­e in città. Per ora si tratta di un prodotto ancora di nicchia, ma sono d’accordo sul fatto che le opportunit­à che il legno dà siano notevoli, anche a confronto con il cemento low-carbon. Per il settore delle costruzion­i, però, ci siamo tenuti, appunto, sul cemento perché questo è il prodotto manifattur­iero che ha la massa maggiore sul nostro pianeta ed è la seconda materia più utilizzata sulla Terra dopo l’acqua. L'utilizzo del legno potrebbe dare risultati notevoli in termini di impatto, ad esempio nella riduzione dell'impronta di carbonio, ma per ora non è pensabile un paradigma per cui ovunque a una struttura in cemento ne corrispond­a una in legno. Per il futuro speriamo che questo materiale e le tecnologie ad esso connesse siano sempre più usati, così da cambiare radicalmen­te l’intero settore.

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