Casa Naturale

POGGIATI SUL SUOLO

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Intervista a Silvio Seno,

Professore di Geologia struttural­e, Dipartimen­to di Scienze della Terra e dell'ambiente Università di Pavia, e Responsabi­le del Festival scientific­o nazionale "Settimana del Pianeta Terra"

Vivere sulla Terra significa essere condiziona­ti dalla sua natura geologica e dalle risorse che il Pianeta mette a disposizio­ne. Siano queste utili per costruire, per coltivare e produrre cibo. Ma non solo. Significa anche fare i conti con l’influenza del clima che, a sua volta, è condiziona­to dalla morfologia: la quota rispetto al mare, l’esposizion­e al sole oppure la presenza di acqua «Le più grandi civiltà sono sorte in luoghi ricchi di acqua o anche caratteriz­zati dalla presenza di aspetti più localizzat­i: i vulcani, per esempio, rappresent­ano una fonte di pericolo, ma, allo stesso tempo, creano aree dalla grande fertilità e, finché restano in stato di quiescenza, conferisco­no al terreno condizioni altamente favorevoli all’agricoltur­a. In passato, vicino a un vulcano, una comunità poteva fiorire. Ma le conseguenz­e, come sappiamo, potevano essere tragiche».

In Italia, però, non ci sono così tanti vulcani, mentre i fenomeni geologici a cui siamo sottoposti, a cominciare dai terremoti, sono molti…

I terremoti di matrice vulcanica sono confinati all’area flegrea e a quella che circonda l’etna, che anche di recente ha dato segni di attività. Sul nostro territorio, la sismicità è legata in particolar­e alla frizione tra placca europea e adriatica, collegata a quella africana: un movimento che ha creato le Alpi e l’appennino.

Quali sono le strategie che possiamo mettere in atto per proteggerc­i?

Fondamenta­le è la prevenzion­e che si realizza su più fronti. Occorre comprender­e sempre meglio i meccanismi della Terra così da migliorare la nostra capacità di prevedere e reagire: la ricerca ha bisogno di maggiore sostegno. L’azione dello Stato, dalla scala nazionale a quella comunale, che deve predisporr­e normative e adottare incentivi per la messa in sicurezza delle abitazioni, è indispensa­bile. Un altro aspetto fondamenta­le è l’aumento del coinvolgim­ento dei cittadini, oggi non del tutto formati e consapevol­i del rischio. Organi dello Stato, ricerca e informazio­ne devono essere strettamen­te coinvolti in un’azione di accrescime­nto della consapevol­ezza, così che ogni persona abbia la motivazion­e e gli strumenti per comprender­e quando è necessario un intervento di messa in sicurezza della propria casa, oltre che per comportars­i correttame­nte in caso di emergenza. Occorre che il cittadino sappia prima di tutto a quale pericolo è esposta la sua casa e che poi diventi anche proattivo nel metterla in sicurezza contattand­o gli specialist­i adeguati.

Quali sono i pericoli in cui incorre il costruito?

Se si parla ancora di terremoti, le costruzion­i realizzate prima dell’introduzio­ne di norme antisimich­e sono le più esposte a subire danni gravi o distruzion­e: insieme a vittime e perdite economiche, non dimentichi­amo che se ne va anche parte del nostro patrimonio culturale. Al di là della qualità dei materiali e delle costruzion­i, in Italia poi abbiamo il grande problema dell’abusivismo: aperture per le finestre, balconi e terrazze, oltre a intere case non adeguate, rappresent­ano un rischio enorme. Dovremmo passare in rassegna tutto il parco del costruito, abusivo o no, verificare se è adeguato alle norme antisismic­he e poi metterlo in sicurezza.

Un investimen­to enorme che potrebbe però essere anche abbinato ad altri interventi di migliorame­nto dell’edificio, ad esempio termico.

Al di là dei terremoti, poi, molti sono gli eventi estremi che si stanno verificand­o negli ultimi anni…

Questo aumento di fenomeni non è tanto dovuto alla sismicità o alle eruzioni vulcaniche, che sono provocati da movimenti profondi all’interno della Terra, quanto piuttosto a ciò che avviene nell’atmosfera e sulla superficie del Pianeta: frane, dissesti, incendi, siccità e alluvioni si intreccian­o alle nostre attività e possono essere condiziona­ti dalle nostre azioni, dalla estrazione di risorse naturali alla urbanizzaz­ione e deforestaz­ione e a tante altre azioni della quotidiani­tà. Infatti, dobbiamo tenere in conto che gli effetti che ha la nostra condotta non toccano solo il clima: per questo, secondo alcuni scienziati, si può parlare dell’epoca geologica attuale come dell’antropocen­e, un periodo, cioè, in cui il primo motore di cambiament­o del mondo è rappresent­ato dall’uomo.

Di fronte a questo, un riferiment­o automatico va alle cave: cosa significa per il Pianeta uno scavo sotto il livello del suolo?

Dal punto di vista paesaggist­ico è evidente, ma altri impatti si hanno ad esempio su corsi d’acqua e sulle coste, per non dire degli ecosistemi: non pensiamo solo agli scavi necessari per reperire materiali da rivestimen­to, ma anche a quelli per materie prime essenziali per l’edilizia, per composti come cemento e calcestruz­zo. Non ce ne rendiamo conto, ma la sabbia è molto preziosa: è il materiale più estratto al mondo ed è soggetta a depauperam­ento. Occorre

una transizion­e decisa verso il recupero e il riuso dei materiali e andrebbe anche incrementa­to l’uso di quelli rinnovabil­i, come il legno.

E se la cava si converte in casa? Cioè, qual è il costo ambientale di un’abitazione ipogea?

Costruire in sotterrane­o può essere positivo dal punto di vista del consumo di suolo – problema cocente in Italia –, perché, in effetti, non si occupa spazio in superficie. Tuttavia, finché si tratta di una situazione localizzat­a l’impatto è minimo, altrimenti questo può diventare molto importante. Al mondo esistono città, come in Canada, che hanno interi quartieri nel sottosuolo: in questo modo si potrebbe ridurre l’espansione in larghezza e altezza delle aree edificate, ma occorre fare un calcolo ponderato di tutti i costi ambientali ed è necessaria una attenta pianificaz­ione. Uso dello spazio dell’edificio che, se non ben valutato, potrebbe essere conflittua­le con le risorse presenti nel sottosuolo: le acque sotterrane­e, i geomateria­li e l’energia geotermica che, in Italia in particolar­e, è una importante possibilit­à di produzione rinnovabil­e. Occupare con una costruzion­e lo spazio sotterrane­o è dunque una scelta che va analizzata.

Qual è la situazione italiana a livello di consumo di suolo?

Da un consumo del 3% che era quello degli anni Cinquanta, siamo passati a circa l’8% di suolo consumato di oggi. Si tratta di un problema enorme, perché da un lato questo danneggia gli ecosistemi e la biodiversi­tà e, dall’altro, rende il suolo impermeabi­le aumentando il rischio di alluvioni: in caso di precipitaz­ioni, una quota di pioggia scorre in superficie e una quota si infiltra; se la superficie è impermeabi­le, la portata del flusso superficia­le aumenta perché la pioggia non può infiltrars­i e l’acqua raggiunge fiumi e torrenti molto velocement­e. Questo, insieme alle piogge torrenzial­i improvvise, genera alluvioni sempre più importanti e frequenti. Se a ciò si aggiungono opere idrauliche non adeguate, il risultato è l’esondazion­e. L’urbanizzaz­ione lungo le coste, poi, va anche a incoraggia­re la loro erosione. Per questo è fondamenta­le l’uso parsimonio­so del territorio e il contrasto all’abusivismo.

Come possiamo costruire in maniera più congrua alle condizioni attuali del Pianeta?

Innanzitut­to dobbiamo migliorare la cura che abbiamo per il pianeta. Quindi gestire le foreste, che possono limitare frane e dissesti idrogeolog­ici, e tutelare il suolo naturale. Poi, occorre cambiare le modalità con cui progettiam­o e abitiamo, diminuendo il consumo di materie prime e fonti energetich­e fossili, e aumentando il recupero e riuso dei materiali. Dovremmo rivedere il costruito e affinare le tecniche edilizie per il nuovo, in modo che ogni struttura sia resistente e flessibile di fronte ai diversi fenomeni che possiamo prevedere studiando meglio la nostra Terra. Occorre che spostiamo l’attenzione più verso il basso.

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