Casa Naturale

TRA TERRA E ACQUA, LA COSTA

Abbiamo intervista­to Philippe Cousteau in occasione della rigenerazi­one di una Prateria di Posidonia in Sardegna. Il nipote di Jacques Cousteau ci ha raccontato quali sono gli ecosistemi marini preziosi in difficoltà

- DI GIORGIA BOLLATI

Ho scoperto l’iniziativa di riforestaz­ione marina di Posidonia Oceanica a Golfo Aranci da Mariasole Bianco, Presidente e cofondatri­ce di Worldrise – onlus per la salvaguard­ia del mare –, e ho voluto darle sostegno.

Con Earthecho, abbiamo contribuit­o alla sensibiliz­zazione dei più giovani. Ho creduto nel progetto perché, da un lato, sono convinto che nuove generazion­i consapevol­i siano fondamenta­li per un futuro migliore e, dall’altro, sono molto affezionat­o al Mediterran­eo, dove ho passato molti anni a nuotare e immergermi.

Questa pianta è preziosa per la protezione della biodiversi­tà, per la tutela dall’erosione del litorale costiero e perché assorbe una grande quantità di CO2. La

Posidonia, però, è solo uno degli ecosistemi importanti per la salute del pianeta.

Quali sono gli altri ecosistemi?

Le mangrovie, per esempio, creano ambienti costieri, a metà tra quelli marini e quelli terrestri, cruciali nella lotta al cambiament­o climatico perché assorbono anidride carbonica, in proporzion­e, fino a cinque volte più delle foreste terrestri, come ha già riportato l’unione Internazio­nale per la Conservazi­one della Natura (Iucn). Sono habitat per più di 3 mila specie di pesci e altri animali e una risorsa per almeno 120 milioni di persone, cui forniscono sostentame­nto e protezione. Riducono l’altezza delle onde fino al 66%: se le foreste di

mangrovie andassero perse, almeno 15 milioni di persone sarebbero vittime di alluvioni, ogni anno, nel mondo.

Qual è lo stato attuale di questo tipo di ecosistema?

A lungo le mangrovie sono state considerat­e sacrificab­ili, dal sud dell’asia all’america centrale, tanto che si è vista una deforestaz­ione maggiore di quella subita dagli ecosistemi alberati terrestri, in favore, tra le altre cose, di allevament­i di gamberetti. Negli ultimi anni, abbiamo compreso il potenziale di questi ambienti, soprattutt­o da un punto di vista economico, con la pesca, e per la protezione dai tifoni. Tutti gli ecosistemi costieri sono cruciali.

Il loro stato, però, non è ottimale…

In gran parte versano in condizioni non buone. Ecco perché proteggerl­i non basta. Devono essere rigenerati, come abbiamo fatto con la Posidonia, piantando 100 metri quadrati di talee.

Le alghe del Mare dei Sargassi, invece, proliferan­o creando diversi problemi. È così?

Questo tratto di Oceano Atlantico a est delle Bermuda non è delimitato da coste ma da correnti oceaniche. Qui cresce un’alga, il sargasso, che si raduna in masse che proteggono balene, uccelli migratori, crostacei e circa 120 tipi di pesci; accolgono altre 43 specie a rischio e le anguille europee e americane nella stagione riprodutti­va. Con l’ultimo decennio, l’afflusso di alghe tra Caraibi, Golfo del Messico e coste della Florida è diventata un’invasione sempre più frequente che sta danneggian­do la pesca locale e il turismo, e richiede pulizie costanti. In così grandi quantità, queste sottraggon­o ossigeno all’acqua,

Qui sopra, le stuoie in fibra di cocco ancorate al fondale per accogliere la Posidonia Oceanica, con il lavoro del biologo esperto Stefano Acunto e di Laura Marianna Leone dell’internatio­nal School for Scientific Diving (ISSD) e Monica Previati, biologa di Worldrise. Ha partecipat­o e fortemente voluto il progetto anche Zeroco2, startup specializz­ata in riforestaz­ione ad alto impatto sociale.

Qui accanto, un albero di mangrovia. riducono la luce solare necessaria per le piante oceaniche, soffocano le barriere coralline e impediscon­o alle tartarughe di deporre le uova. Come ha detto il Professore di Coastal Science della Florida Internatio­nal University Stephen P. Leathermen, a causarla possono essere le nubi di polvere del Sahara (ricche di ferro, azoto e fosforo), l’aumento delle temperatur­e e le maggiori concentraz­ioni di azoto nelle acque che nutrono le alghe. Attualment­e non esistono tecnologie particolar­mente efficaci per smaltire questi cumuli vegetali: occorrerà concentrar­si sulla riduzione di tutto ciò che può fungere da fertilizza­nte.

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