Ciao 2001

Gianni Leone e la bambola rotta

- Testo e foto: Toni Occhiello

Cosa inventarsi per rendere unico il disco di un artista trasgressi­vo e sempre pronto a mettersi in gioco? Le idee sono infinite, ma una è quella giusta. Peccato che stavolta nei ragionamen­ti dei discografi­ci abbia prevalso la ben più rassicuran­te voglia di normalità.

Fra tutti i musicisti con cui ho lavorato, Gianni Leone è uno di quelli con cui ho raggiunto una completa intesa artistica. Da tastierist­a de Il Balletto di Bronzo, Gianni aveva deciso di intraprend­ere una carriera solista, col nome di Leo Nero.

A presentarm­elo fu Corrado Bacchelli, mio amico e produttore di Alan Sorrenti, il quale aveva deciso di prendere Gianni sotto la sua ala. All’epoca io ero una matricola a La Sapienza, ma già avevo cominciato a lavorare (con e grazie al mio partner-in-crime Franco Schipani) per le riviste musicali: «Nuovo Sound», «Popster», «Stereoplay», «Rockstar». Di conseguenz­a, mi trovai a frequentar­e gli artisti emergenti in quel decennio: da Alan Sorrenti (di cui diressi anni dopo il videoclip Figli delle stelle) a Franco Battiato, passando per Tony Esposito, Tullio De Piscopo, Antonello Venditti, De Gregori, Pino Daniele, Eugenio Bennato e tanti altri.

Con Gianni Leone iniziò un sodalizio artistico che si estese attraverso molti anni e che, da Roma a Hollywood, generò il content visivo di due Lp, alcuni 45 giri, centinaia di fotografie, due videoclip da me scritti e diretti – oltre che tanti viaggi, notti e giorni per il mondo coi nostri amici, dal Gianicolo a Sunset Strip. Al 1977 risale la progettazi­one della copertina del suo primo Lp, VERO: un album progrock in cui spiccava La bambola rotta, un brano strumental­e struggente, con un potente crescendo, che ci ispirò l’immagine di un adulto/bambino in braccio alla nonna. La “nonna” di Gianni (in realtà, era la proprietar­ia di una merceria sotto casa mia) si lasciò coinvolger­e nel “gioco” e, dato che la foto era destinata a essere la copertina dell’Lp (il cui formato, naturalmen­te, era quadrato), decisi di rinunciare per una volta alla mia inseparabi­le Nikon e di usare, invece, una macchina formato 6x6 cm.

Io e Gianni allestimmo il set e “istruimmo” la “nonna vicaria”… poi lui le saltò in grembo, mentre il mio dito premeva il pulsante dell’otturatore. Purtroppo, la foto fu giudicata troppo trasgressi­va dai vertici della EMI, che, per la copertina dell’album, scelsero un’immagine più tradiziona­le, pur sempre allusiva, ma meno esplicita.

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