Roger Glover
Di base, ha bisogno di tanto amore. Non disdegna, però, una bella scorta di erba, lui che è stato l’impenitente sognatore, nonché ‘fumatore’ storico, dei Deep Purple
Che tipo eri a scuola? R: Ero un sognatore, allora come oggi. Sono stato bocciato un anno, quando ci trasferimmo dal Galles all’Inghilterra. Mi piace pensare che la colpa fu delle differenze nei programmi didattici fra le scuole. Comunque la cosa mi imbarazzò molto, all’inizio. Poco dopo, però, imparai quanto fosse divertente comandare a bacchetta i miei nuovi compagni più giovani di me. Andavo male in scienze e matematica, ma avevo buoni voti in inglese e nelle materie artistiche. Poi scoprii la chitarra e non ci fu più storia. La musica diventò tutto per me.
D: Qual è il più grande pregiudizio su di te?
R: Francamente non conosco i pregiudizi che la gente ha su di me. Posso inventarne qualcuno su di te, se t’interessa.
D: La cosa peggiore che abbiano mai detto a tuo riguardo...
R: È una cosa che risale ai tempi degli Episode Six (la band in cui militava prima dei Deep Purple). Andavamo a provare i brani a casa di Graham Carter-Dimmock (chitarrista del gruppo). Un giorno mi presentai con quattro pezzi nuovi. Ero eccitato. Mentre suonavo, tutti facevano gesti di approvazione tranne Graham, che si limitò a un verso di disapprovazione. Fu abbastanza per farmi smettere di scrivere canzoni per un anno. Poi ripresi: non posso stare senza comporre. Quell’episodio, però, minò la mia sicurezza.
D: Non credi abbastanza in te stesso?
R: Non sono una persona insicura, ma ho dei momenti di debolezza. Penso che li abbiano tutti. In fondo, avere qualche momento in cui si mette in discussione sé stessi è positivo. Mi ci è voluto un po’ di tempo per capire che è una cosa buona, e che è utile parlarne apertamente. Quelli che non lo ammettono, di solito, sono delle persone squallide.
D: Qual è lo stupefacente peggiore del mondo?
R: Il peggiore è sicuramente il nitrito di amile (il nome chimico del ‘Popper’). Lo provai nel 1972. In quel periodo, Buddy Miles stava suonando con noi. Ricordo che una volta, rientrati in albergo, mi ritrovai a una festa. Salutai la gente e qualcuno disse: «Vieni, prenditi una birra!» Così feci. Intanto le persone si passavano questa roba e la sniffavano. All’inizio pensai che si trattasse di un rimedio per la sinusite. Poi toccò a me, diedi due grandi aspirate, una per narice, cosa che fece immediatamente preoccupare tutti. Dopo trenta secondi mi sono ritrovato a stringermi il petto, con la sensazione che il cuore mi scoppiasse. Tremendo.
D: E qual è, invece, la droga migliore?
R: Mi piace fumare erba. Ho iniziato intorno ai 20 anni e non ho più smesso. Probabilmente, è anche per questo che mi chiamano ‘the stinking hippie’ (hippie fetente). Mi piace ascoltare musica dopo aver fumato: le sonorità diventano ancora più vivide.
D: Cosa ascolti quando fumi?
R: Qualsiasi cosa, tranne l’hard rock. Soprattutto roba di cantautori, oppure brani jazz. A volte va bene anche la musica classica, altre il reggae. Ricordo la prima volta che ascoltai l’album “Astral Weeks” di Van Morrison: mi sembrava orribile. Lo accantonai disgustato. Qualche anno dopo ero a casa di un amico, dopo aver fumato, lui mise su il disco: improvvisamente tutto acquistò un senso. Non so se fu il tempo trascorso, oppure l’effetto della canna... decidete voi.
D: Credi in Dio?
R: Dipende da cosa intendi per Dio. Diciamo che non penso necessariamente che sia un uomo, magari vecchio e con la barba. Ammesso che ci sia un Dio, di sicuro non esiste come entità fisica, ma come qualcosa che dimora dentro di noi. E non mi piacciono i dogmi della religione.
D: Qual è il tuo album preferito, fra tutti quelli che hai fatto? R: Se dovessi sceglierne uno, direi “Down To Earth”, dei Rainbow. Ricordo quando, un giorno, Ritchie suonò “Stargazer” in uno studio di registrazione in Germania. Mi spiazzò completamente. Me ne innamorai. Il problema, casomai, fu che quegli album non andarono bene sul mercato, non vendettero come Ritchie avrebbe voluto. Lui avrebbe desiderato un salto di qualità, cambiare leggermente direzione senza snaturare la band. “Down To Earth” riuscì in questo intento, cambiando gli orizzonti musicali dei Rainbow. È ancora un buon album rock.
D: Parlaci dell’occasione in cui hai sprecato più denaro...
R: Direi che il massimo è stato raggiunto con un paio di mogli. L’ultima casa in cui ho abitato era in Connecticut. Decidemmo di ristrutturarla. Poi di cambiare l’arredamento. Poi di rifare il tetto. Poi di ampliarla, ancora e ancora. Alla fine, abbiamo speso più del valore della casa. Ora abbiamo divorziato e la casa è in vendita...
D: Qual è il senso della vita?
R: L’amore, direi. Ama quello che fai. Ama quelli con cui lo fai. Ama coloro che ti amano. Dai ai tuoi figli l’amore che meritano: io sono stato molto fortunato, mi sono guadagnato da vivere facendo quello che amavo. Non riesco nemmeno a immaginare cosa significhi alzarsi tutte le mattine per fare un lavoro che si odia. Non ho mai dato per scontato tutto questo.
D: Dove sei schierato, politicamente?
R: Direi che sono più di sinistra che di destra, ma non su tutto.
D: Cosa sarà scritto sulla tua lapide?
R: Non ci ho mai pensato, nemmeno per un secondo. Mi viene in mente, però, una vecchia canzone di Randy Newman, “In Germany Before The War”, che dice: «Sto guardando verso il fiume, ma sto pensando al mare». Ecco, io sono così. Sono un sognatore, uno che sogna per vivere.
«Ho iniziato a fumare erba intorno ai 20 anni È una delle ragioni per cui mi chiamano ‘the stinking hippie’»