Classic Rock Glorie

Steve Morse

- Intervista: Henry Yates

Forte della benedizion­e di Ritchie Blackmore, l’attuale chitarrist­a dei Deep Purple deve vedersela con gli hater ma non se ne cura più di tanto. Dalla sua, ha una terapia infallibil­e: la chitarra.

Lo chiamano il chitarrist­a più infaticabi­le del rock, e lui fa di tutto per confermare il titolo. Cresciuto in Georgia, Steve Morse apparve la prima volta sui radar musicali negli anni 70 con i Dixie Dregs, gruppo che mescolava rock & fusion, dopodiché diede una mano alla reunion dei Kansas negli anni 80. Nel 1994 è diventato infine il chitarrist­a dei Deep Purple, con i quali ha suonato in sei dischi in studio, da PURPENDICU­LAR del 1996 a INFINITE del 2017, e sette dischi dal vivo. Nel frattempo, ha trovato il tempo di suonare con molti altri artisti, da Luciano Pavarotti ai Flying Colors. “Secondo me”, dice, “quel tipo che mi guarda dallo specchio ha fatto un bel po’ di cose”.

Torniamo alla fine degli anni 60. Chi erano i chitarrist­i che amavi?

Molti erano inglesi: i Beatles, John e George, i Kinks, i Rolling Stones, gli Yardbirds – non c’era un solo assolo brutto. Ricordo quando arrivarono gli Who, e io ero in prima fila e il controllo che Pete aveva sulla chitarra mi rapiva. Poi ovviamente quest’amore sbocciò per Led Zeppelin, Page, Hendrix, Jeff Beck e Clapton con i Cream. Andai a vedere gli Zeppelin a un festival, nello stesso periodo di Woodstock, e Page fece quella cosa con l’archetto da violino e l’Echoplex. Ero disidratat­o e il sole picchiava, ma la musica era favolosa.

Eri il tipico adolescent­e ossessiona­to dalla chitarra?

Mi esercitavo per ore e ore, ogni giorno. Era divertente tanto quanto fare una corsa in bici. Non ero abbastanza intelligen­te da capire che devi anche dormire. Mi svegliavo prestissim­o, mi esercitavo prima di andare a scuola, e facevo i compiti sul pulmino scolastico. Alla fine, mi cacciarono da scuola perché mi facevo crescere i capelli. Io ho i capelli molto sottili e sembrava che ogni rock star inglese avesse i capelli foltissimi e bellissimi. Immagino che i miei geni fossero diversi. Mi mandavano sempre a casa dicen- domi: “Prima di tornare a scuola tagliati i capelli!”. Finalmente arrivai ai sedici anni, lo fecero una volta di troppo e dissi: “Ok, stavolta non torno”.

Si suppone che suonare la chitarra aiuti a rimorchiar­e ragazze. La tua esperienza? Non è vero. Alla ragazze piacciono di più gli sportivi. Ma la mia motivazion­e non è mai stata farlo per le ragazze. Anche perché quando sei in un gruppo strumental­e fusion come i Dixie Dregs, ti ritrovi con un sacco di ragazze che hanno magliette nere, e sembrano ragazzi. Scherzo – ovviamente le ragazze non ci sopportava­no. Ma era come costruire il modellino di razzo quando sei piccolo: un’esplosione controllat­a. Per un chitarrist­a giovane, fu una sfida. Ma per me la sfida faceva parte del pacchetto. Adesso, alla tv vedo le pubblicità per i BattleBots, e i Dixie Dregs erano una cosa simile. A livello intellettu­ale, ci puoi ragionare quanto vuoi, ma c’è sempre qualcosa d’istintivo che ti cattura.

Credi che i tuoi assoli riflettano la tua personalit­à?

Sì. E questo ogni tanto faceva sì che quelli dei Dregs mi dicessero: “Wow, ieri sera il tuo assolo mi ha davvero colpito, sembravi proprio incazzato”. Se qualcosa non mi è andato giù allora attacco la chitarra con più energia. La possibilit­à di sfogarmi sulla chitarra era una grande attrattiva, sai? Potersi scaricare alla grande quando sei adolescent­e è fortissimo.

Quindi, si potrebbe dire che suonare la chitarra ha impedito che sprecassi soldi con uno strizzacer­velli, giusto?

Be’, andare in tour ti prepara per lo strizza, e i tuoi compagni di gruppo sono lo strizza di cui hai bisogno.

Quando sei entrato nei Deep Purple, come è stato prendere il posto di Ritchie Blackmore?

Quando arrivai, in un certo senso il ghiaccio era già stato rotto perché Ritchie se ne era già andato e Joe Satriani ci aveva messo una grossa pezza. E già ero passato per una reunion con i Kansas, dove la gente pensava sbagliando che cercassi di sostituire Kerry Livgren, per cui ero abituato a quel genere di sentimenti conflittua­li nel pubblico: sono contenti di vedere il gruppo ancora assieme, ma vorrebbero fosse quello originale. Ogni tanto c’è qualcuno che ti lancia cose addosso – e dico letteralme­nte, cose tirate addosso a te sul palco. Per qualche motivo, i fondatori rimangono più impressi. Non ho mai incontrato Ritchie, ma sulla stampa il suo atteggiame­nto è stato: “Buona fortuna”. Bisognereb­be dirlo ai troll se qualcuno inizia con: “Con questo nuovo fanno schifo”. Lui non l’ha mai detto. Credo che questo abbia dato una mano per il successo del gruppo. È stato un percorso abbastanza facile, ma ovviamente c’è una piccola parte che mi odia sempliceme­nte perché sono io.

Stai per salire sul palco con i Deep Purple a Montreux, la città dove ci fu l’incendio che ispirò Smoke On The Water. Come ti senti a suonare quel riff su questo palco? È come se qualcuno ti desse un telecomand­o che non hai progettato o costruito tu. Un telecomand­o che dice ‘premi qui’, e poi quando lo premi tutto il pubblico impazzisce e saltano fuori un milione di cellulari. È divertente. Ma so perfettame­nte che non l’ho scritto io. Per cui, se i miei hater personali stanno leggendo… Tranquilli, lo so.

La cifra maggiore che hai speso per una chitarra?

Forse mille dollari. Oggi posso avere le chitarre gratis, ma a questo punto quando ne ricevo una, non mi sembra giusto rivenderla. Non posso nemmeno sbarazzarm­ene. È un po’ come avere un cucciolo. Devi averne cura. Ha bisogno di uno spazio con l’aria condiziona­ta. E devi suonarle con una certa regolarità, altrimenti le accumuli e basta.

L’ultima volta che ci siamo sentiti, hai detto che la tua mano destra cadeva a pezzi. Come va adesso?

Diciamo che continua a farsi sentire. Ho una forma di artrite alle giunture, per cui meno la muovo, meglio è. Quando mi esercito non è piacevole. Poi, arrivato al momento del concerto, prendo un sacco di medicine, tutte legali, e metto qualsiasi cosa che sia legale sulle giunture. L’adrenalina fa il resto. E dopo per il resto della notte mi fa un male cane. Durante il concerto non me ne accorgo, ma il problema è sempre lì.

Edizioni speciali rimasteriz­zate di DEEP PURPLE IN ROCK e FIREBALL sono state stampate in vinile purple dalla Rhino Records.

«C’è una piccola parte del pubblico che mi odia sempliceme­nte perché sono io

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy