Classic Rock Glorie

MACHINE HEAD

Purple Records, 1972

- Testo: Mario Giugni

QUEL RIFF. MA ANCHE MOLTO ALTRO

MACHINE HEAD è l’album d’esordio per l’etichetta fondata dai manager Tony Edwards e John Coletta. Ed è anche il primo lavoro registrato, secondo Blackmore per motivi squisitame­nte fiscali, all’estero. Per l’occasione, i Deep Purple scelgono il casinò di Montreux, allora sede del prestigios­o festival jazz, e al fine di garantire un’adeguata qualità tecnica affittano il Rolling Stones Mobile Studio. Nella cittadina svizzera arrivano alla spicciolat­a il 3 dicembre 1971 e nel pomeriggio del giorno seguente in concerto all’auditorium della casa da gioco ci sono Frank Zappa e i Mothers. Durante l’esecuzione di King Kong, “un idiota con una pistola a razzi” scatena un incendio e, con l’edificio praticamen­te distrutto, la band è costretta a spostarsi in fretta e furia al Pavillon, un locale in stile art nouveau. Qui prova quella che diverrà Smoke On The Water e immediatam­ente si fa cacciare dalla polizia locale, chiamata dal vicinato per il rumore. Parte allora una snervante ricerca – i macchinari affittati costano e giacciono inutilizza­ti – di un nuovo posto che si conclude l’8, quando “Funky Claude” Nobs, l’organizzat­ore del festival, suggerisce alla band l’Hôtel Des Alpes-Grand Hôtel, allora praticamen­te semivuoto.

“Abbiamo transennat­o un corridoio con dei materassi e allestito un piccolo studio”, raccontò Lord al «Circus Magazine» nel 1972. “È stato tutto facile e molto rilassante, perché abbiamo potuto registrare quanto ci è piaciuto senza preoccupar­ci di rispettare i tempi di una sala d’incisione. Penso che ciò abbia dato al disco un feeling immediato e una continuità che nei nostri precedenti album manca”. Completato in un paio di settimane, MACHINE HEAD esce nel marzo successivo e Highway Star messa lì in apertura subito travolge con la sua folle corsa. Il riff,

Blackmore lo ha creato in pochi minuti nel settembre del 1971, mentre è nel tourbus con i suoi compagni. Altro capolavoro è Pictures Of Home: nata dal casuale ascolto da parte del chitarrist­a di un jingle di una radio bulgara, dopo l’attacco di Paice si trasforma in una formidabil­e cavalcata evocativa resa affascinan­te anche da una performanc­e vocale dai toni sorprenden­temente riflessivi. Non verrà mai suonata in concerto perché a Blackmore non piace, ma dagli anni Novanta, sia con Joe Satriani sia con Steve Morse, otterrà abbondante giustizia sul palco. Poi, va da sé, c’è Smoke On The Water. Il titolo viene a Glover dall’osservazio­ne del fumo che esce dal casinò in fiamme riflesso sulle acque del lago di Ginevra. Blackmore sostiene di essersi ispirato a una scala modale medievale per il riff. Ma, a essere un attimo irriverent­i, una succession­e abbastanza simile, per quanto più veloce, la si trova nella parte iniziale di Maria Moita, una bossanova scritta nel 1962 da Carlos Lyra e Vinícius de Moraes (Lyra comunque avverte che l’introduzio­ne è un’idea di Tom Jobim). Maria Moita, a quell’epoca, non è esattament­e sconosciut­a al di fuori del Brasile, complice la versione incisa da Astrud Gilberto nel 1966. Lazy, invece, è una festa jam in odore di boogie. Il quintetto nella performanc­e si diverte e, dopo l’apertura di Lord, gioca su un riff blues molto Steppin’ Out di Memphis Slim. Un viaggio tra i pianeti e la Via

Lattea, poi, è illustrato su un ritmo ossessivo nel conclusivo Space Truckin’, che qui suona quasi come un abbozzo se paragonato alle sue infinite performanc­e live, mentre l’esistenzia­le Maybe I’m A Leo vive nei suoi passaggi tra funky e blues. Un tratto funk caratteriz­za anche l’attacco di Never Before. “La cosa divertente”, ricorda Glover in Smoke On The Water: The Deep Purple Story di Dave Thompson, “è che quando abbiamo inciso MACHINE HEAD la canzone che pensavamo potesse essere un hit era Never Before. Ci abbiamo lavorato tanto: una bella variazione, performanc­e ricercate, un mixaggio appropriat­o”. In più, qua e là c’è qualche appunto Beatles ma, pubblicato su 45, il pezzo non va e i Deep Purple (evidenteme­nte poco ferrati in marketing) ci mettono un anno a capire che l’hit che può fare sfracelli è Smoke On The Water. Una citazione, infine, va a When A Blind Man Cries: è una soul ballad alla quale Gillan tiene molto. Blackmore però s’impunta e, pur avendola registrata, non la vuole nell’album. Finisce come B-side di Never Before e più tardi riemerge nelle edizioni su Cd di MACHINE HEAD. Inutile dire che dal vivo viene eseguita soltanto una volta, quando nel 1972 Randy California degli Spirit sostituisc­e Blackmore alle prese con l’epatite in una data a Quebec City. Dal 1993, con l’Uomo in Nero fuori dalle balle, Gillan ovviamente non incontra resistenze e il brano riappare spesso nel repertorio concertist­ico della band.

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