THE NUMBER OF THE BEAST
(EMI – Marzo 1982)
Dopo l’inevitabile separazione, il quartetto recluta lo strepitoso Bruce Dickinson. Senza cambiare studio e produttore, gli Iron pestano ancora di più sul lato metal del proprio sound e mozzano il pezzo di cordone che ancora li univa al punk e all’hard rock. Grazie alla versatile voce di Bruce, le linee vocali assumono un’eleganza e un’espressività maggiori, mentre le chitarre viaggiano più compatte su linee sempre complementari, giocando con le armonizzazioni. Con un Clive Burr stellare dal punto di vista ritmico e il nuovo potente cantante, THE NUMBER OF THE BEAST si rivela un capolavoro e viene ricevuto come tale. La ‘maiden-mania’ cresce in fretta attorno ai singoli Run To The Hills e The Number Of The Beast, e i cuori di un’audience più ampia cominciano a battere al suono ricercato degli arpeggi di Children Of The Damned o delle melodie catchy di The Prisoner. Più importante, un elemento di ‘complessità’ comincia a filtrare nelle varie composizioni, sfociando in brani dalle molteplici sfumature come 22 Acacia Avenue e Hallowed Be Thy Name. Considerato a distanza di trent’anni come ‘uno tra i primi cinque album essenziali metal’, THE NUMBER OF THE BEAST rappresenta appieno la reale cifra stilistica dei cinque inglesi. Il tour che presentò il disco fu massacrante per tutti, ma in particolare lo fu per il batterista Burr il quale – complici lo stress e l’improvvisa morte del padre – una volta finito fu costretto a ritirarsi.