VIRTUAL XI
(EMI – Marzo 1998)
Anche se adesso è più facile rivalutare e riscoprire un album come THE X FACTOR piuttosto che il successivo VIRTUAL XI, al momento della sua pubblicazione fu proprio il secondo quello che appariva come il migliore tra i due. Al riguardo basta ricordare che la band stava attraversando un periodo assai complicato, col nuovo cantante che non stava venendo accettato con la rapidità che tutti si erano auspicati. Non stupisce quindi che VIRTUAL XI, prodotto dopo tre anni di lavorazione sempre ai Barnyard Studios e sempre con Nigel Green alla guida, mostri chiaramente la volontà di recuperare alcuni degli elementi che avevano fatto la fortuna degli album migliori. Torna così l’opener di impatto, Futureal, guidata da un riff distintivo e caratterizzata da linee melodiche piuttosto immediate, e torna anche la canzone di lunga durata dedicata a una figura storica, The Clansman, basata sull’eroe scozzese William Wallace. Ma non tutto funziona ancora come deve: anche se le due canzoni appena citate non mancheranno di raccogliere consensi, il disco finisce lo stesso per pagare il pegno di altri otto brani dalla durata troppo lunga e dalle strutture troppo ripetitive. Troppi brani vengono aperti da arpeggi ripetuti all’infinito e in generale qualche passaggio risulta un po’ anonimo e abbastanza inconcludente. VIRTUAL XI finisce così per avere
l’aspetto di un fallimento superiore rispetto al reale valore del disco e dipinge il ritratto di una band un po’ scorata, sì capace di comporre bei pezzi, ma forse non più in grado di segnare la hit da capogiro.