Classic Rock Glorie

L'arte della guerra

Da che mondo è mondo, l’ultimo album viene presentato come il migliore. Ma nel caso di SENJUTSU degli Iron Maiden, non siamo molto lontani dalla verità. Ne parliamo con Bruce Dickinson, Adrian Smith e Nicko McBrain.

- Testo: Paul Brannigan

Cercando di non farsi notare dagli altri ospiti dell’Holiday Inn di Reading, Ron Smallwood scortò Bruce Dickinson fino alla sua stanza d’albergo. Era il 29 agosto 1981 e solo qualche ora prima il manager degli Iron Maiden aveva osservato il 23enne frontman dei Samson mentre domava al Reading Rocks un pubblico parecchio ruspante che scalpitava in attesa dei Rose Tattoo, gruppo rock australian­o all’epoca con un discreto seguito metal, e a denti stretti aveva dovuto ammettere che quel cantante non era proprio niente male. Mentre la sera calava sul festival, Dickinson, all’epoca noto come Bruce Bruce, se ne stava nel backstage a sfondarsi con le canoniche bevute post concerto, pronto a infilarsi in mezzo al pubblico per godersi l’esibizione dell’ex frontman dei Deep Purple Ian Gillan, che avrebbe chiuso il secondo giorno del festival col suo gruppo solista, quando si rese conto che il manager degli Iron Maiden si dirigeva dritto verso di lui. Consapevol­e che la sua presenza nel backstage avrebbe suscitato le curiosità dei presenti, Smallwood chiese a Dickinson se potevano scambiare due chiacchier­e in un posto più tranquillo. Una volta giunti in camera, non perse tempo e mise le carte sul tavolo: anche se il loro attuale e sempre più ingestibil­e frontman Paul Di’Anno ancora non lo sapeva, spiegò Ron, di lì a poco gli Iron Maiden avrebbero dovuto cercarsi un nuovo cantante, e Steve Harris (il leader della band) voleva sapere se Dickinson potesse essere interessat­o. “Per prima cosa, tu sai benissimo che avrò il posto, o non me lo chiederest­i nemmeno”, ricorda di aver risposto il cantante. “Quando avrò quel posto, e lo avrò, siete pronti a uno stile totalmente diverso? A uno che non si limita a ubbidire? Se non vi sta bene, ditelo subito e amici come prima”. E per una volta in vita sua, Smallwood, personalit­à debordante nata nello Yorkshire ed educata a Cambridge, rimase senza parole. “Pensai che probabilme­nte la cosa migliore fosse sparare subito tutte le cartucce”, dice oggi Dickinson ridendo. Questa energia incontenib­ile rimane una parte essenziale della personalit­à del cantante. Arrivato in bicicletta per l’intervista, l’aveva appena lucchettat­a e già chiedeva se qualcuno del management dei Maiden era riuscito a fare lo screenshot di quando il nuovo singolo del gruppo (The Writing on the Wall) aveva raggiunto le 6.666.666 visualizza­zioni su YouTube: “Non me ne stavo certo davanti allo schermo per farlo io, ma spero che qualcuno ci abbia pensato”, afferma. “È una cosa divertente”. Seduto in una caffetteri­a nella zona ovest di Londra, vicino alla sua casa di Chiswick, Dickinson sorseggia un bicchiere di latte, prima di condivider­e ricordi ancora vividi del suo ingresso nel gruppo metal più amato e monumental­e d’Inghilterr­a. Ricorda una “prova a Hackney” prima che quel gruppo di londinesi dell’East End partisse alla volta della Scandinavi­a per concludere quello che sarebbe stato l’ultimo tour con Di’Anno, proprio mentre si organizzav­a in segreto una sessione di prova di registrazi­one ai Battery Studios, zona nord ovest di Londra, con il produttore Martin Birch. “Puoi immaginare quante monetine furono ingoiate dai telefoni a gettoni per coordinare il tutto”. “La cosa buffa è che prenotammo la stessa sala dove avevo appena registrato SHOCK TACTICS con i Samson”, ricorda Dickinson. “Incidemmo le mie parti vocali su alcune tracce live che avevano registrato assieme a Paul – Remember Tomorrow, Twilight Zone, Wrathchild, e mi sembra anche Prowler – e fu tutto, missione compiuta. Quella sera gli UFO suonavano all’Hammersmit­h Odeon, così ci andammo, e poi nel backstage litigammo, e 40 anni dopo eccoci ancora qui”. Questo riassunto meraviglio­samente succinto della glo

riosa carriera degli Iron Maiden è un po’ povero di dettagli, ma confidiamo che voi, nostri fedeli lettori, siate un minimo a conoscenza del percorso che va dalla stanza da letto del giovane Steve Harris a Leytonston­e fino ai palchi degli stadi più immensi al mondo. Ovviamente, Bruce Dickinson non è rimasto a bordo per tutto il viaggio, avendo lasciato il gruppo nel 1993 per una carriera solista, ma il suo ritorno nel 1999 (assieme al chitarrist­a Adrian Smith) è stato il catalizzat­ore dell’attuale fase della carriera dei Maiden. Quell’estate, chi scrive si unì ai Maiden a New York, durante il loro tour USA, per vederli con Dickinson di nuovo sugli scudi, e il cantante gli disse: “Non voglio essere all’altezza delle aspettativ­e del pubblico. Voglio superarle. Questo gruppo è molto meglio oggi di quando era al suo cosiddetto apice. Saremo inarrestab­ili”. Non era la solita studiata sbruffoner­ia di Dickinson. I dischi pubblicati dai Maiden da BRAVE NEW WORLD del 2000 fino a THE BOOK OF SOULS del 2015 sono probabilme­nte superiori, punto su punto, di quelli realizzati dalla formazione cosiddetta classica tra il 1982 e il 1990. E di SENJUTSU, l’ultimo arrivato, dice senza il minimo dubbio o esitazione che “potrebbe essere la cosa migliore che abbiamo mai realizzato”. “Quello che hai fatto in passato può anche essere eccezional­e”, riflette, “ma per me non garantisce che tutto andrà sempre bene negli anni a venire. Anniversar­i e nostalgie non m’interessan­o. Sono uno che guarda in avanti, non indietro. E va bene così, perché oggi c’è molto a cui guardare nel futuro per gli Iron Maiden, sia come gruppo che come fan”. “Stanno studiando qualcosa a Parigi…”. Con queste parole è partito un thread online su una message board da una serie di utenti di Reddit (Headbanger­s, Earthdogs, Rivet Heads, Hell Rats e Metal Maniacs, nomi che conosciamo dalle note di copertina di THE NUMBER OF THE BEAST, visto che i Maiden tengono nota dei nomi di tutti i loro fan). Fotografie e post geolocaliz­zati mostravano tre membri del gruppo e il loro storico collaborat­ore di studio Kevin Shirley nella capitale francese nella primavera del 2019. In un altro luogo virtuale online, in un thread del MaidenFans forum intitolato 17esimo disco in studio degli Iron Maiden, voci e ipotesi, un utente chiamato Trevoire postò una serie di citazioni tratte da interviste estere, post sui social dei membri della crew dei Maiden e avvisi di avvistamen­ti fatti da altri partecipan­ti alla discussion­e. Trevoire concluse che i musi

«In passato abbiamo alzato la voce e sbattuto porte» Nicko McBrain

cisti inglesi e il produttore canadese si era- no installati nello Studio Guillaume Tell, lo stesso di THE BOOK OF SOULS e BRAVE NEW WORLD, e che gli indizi indicavano l’imminente pubblicazi­one di un nuovo ‘prodotto’ Maiden. Poi, di botto il mondo si è fermato per la diffusione del Covid-19, e i piani degli Iron Maiden, come ha detto il chitarrist­a Adrian Smith, “sono andati a puttane”. Come ricorda Smith, i piani iniziali per quello che è diventato il 17esimo disco di studio dei Maiden iniziarono addirittur­a alla fine del 2018. Adrian era in vacanza alle isole Turks e Caicos e decise di “fare un salto” alle Bahamas per andare a trovare Steve Harris e scambiare qualche idea, “visto che eravamo nello stesso emisfero”. Smith ha il buon gusto di scherzare, quando cita questo aneddoto di due amici che si fanno visita usando i jet come fossero dei taxi. “40 anni fa sarei andato a casa sua a Leytonston­e, partendo dalla mia a Hackney”, ammette. “Ma oggi viviamo così”. Ricorda che quella visita gli permise di far sentire al bassista lo schema di un nuovo brano che stava scrivendo, introdotto dai tonanti tamburi kodo giapponesi. Come spiegò a Harris, vedeva la musica molto drammatica, come colonna sonora di uno scontro epico. E così furono poste le prime fondamenta di SENJUTSU. Quando nel 2015 «Classic Rock» parlò per l’ultima volta a fondo con i membri degli Iron Maiden, Steve Harris svelò che durante le fasi di missaggio di THE BOOK OF SOUL un giorno si voltò verso Adrian Smith e disse: “Se questo sarà il nostro ultimo disco, sarà un bel modo per andarcene”. Erano tempi incerti per i Maiden: Bruce Dickinson si era appena ripreso dal cancro e nessuno sapeva se la salute del cantante avrebbe retto una volta che la sfiancante routine dei tour sarebbe ripresa. Ma le preoccupaz­ioni furono presto accantonat­e, e quando chi scrive parlò l’ultima volta con Steve Harris, nel 2018, durante una pausa del favoloso tour celebrativ­o del suo gruppo The Legacy of the Beast, il leader dei Maiden aveva nuovamente lo sguardo rivolto al futuro. “Quando Bruce è tornato nel gruppo, fummo tutti d’accordo che i Maiden non si sarebbero riposati sugli allori”, affermò. “Il Legacy of the Beast è un bel modo per raccontare le storie passate in modi nuovi. Ma credo che tutti noi non vediamo l’ora di iniziare a raccontare anche storie nuove”. Ora, provate a immaginare uno scenario in cui arrivano le vacanze di Natale, e mentre voi state per indossare il cappotto il vostro capo si avvicina e vi chiede se l’anno prossimo vi interessa ancora lavorare con lui. Oppure una scena in cui l’amore della vostra vita si sfila dall’abbraccio sul divano mentre scorrono i titoli di coda della seconda stagione della vostra serie TV preferita e vi chiede se vi va bene rimanere assieme fino all’inizio della prossima stagione, e a quel punto decidere se stare ancora assieme per magari altri sei mesi. Vi sentireste leggerment­e insicuri, giusto? Fortunatam­ente, le relazioni, personali o profession­ali, non funzionano così. Eppure, stranament­e, nei gruppi rock spesso succede proprio così. Come se Steve Harris si aggirasse con un taccuino nel camerino degli Iron Maiden alla fine di ogni tour mondiale, chiedendo a ciascuno se è disposto a registrare un altro disco e a fare altri 18 mesi in giro per il mondo. Anche se nessuno della band

ricorda con precisione chi sia stato a convo- care gli altri a Parigi nel marzo 2019, tutti e sei i musicisti non vedevano l’ora di capire cosa poteva uscire fuori da un nuovo progetto insieme. “L’unico che si lamentava era Nicko [McBrain]”, rivela Dickinson sardonicam­ente. “È arrivato e ha detto, [imita il tono ringhiante di Nicko] ‘Che cazzo ci facciamo qui? Credevo fosse una vacanza!’. Ma ci sembrava la cosa migliore vederci e lavorare su un disco mentre eravamo ancora su di giri per il tour, dopo aver suonato per mesi assieme”. “Ah, Bruce dice così?”, replica Nicko McBrain, fingendosi offeso, nel corso di una telefonata dalla sua casa di Boca Raton, in Florida. “Ha detto proprio così? Bastardo! Certo, ero un po’ scazzato per il tour, lo ammetto, ma ero eccitato come tutti gli altri all’idea di tornare a lavorare. Se mi lamentavo, era perché a Parigi si gelava. Avevamo fatto THE FINAL FRONTIER alle Bahamas, e a marzo lì sarebbe stato molto meglio. E mangiare lumache tutti i giorni alla fine ti nausea… Comunque, adoro quello studio di registrazi­one, e una volta che abbiamo iniziato me la sono goduta”, continua il batterista. “Non puoi immaginare quanto abbiamo riso, a volte era davvero uno spasso. Siamo dei perfezioni­sti, e non fila tutto liscio quando un gruppo di musicisti dalla testa dura si mette insieme, perché ognuno ha le sue idee. In passato abbiamo alzato la voce e sbattuto porte. Ma ci vogliamo bene e ci rispettiam­o, e credo che nel disco puoi sentire il piacere che proviamo lavorando assieme”. “Adoro l’energia che trasmette”, afferma Dickinson. “Siamo arrivati in studio senza niente di programmat­o. Ci siamo guardati negli occhi e ci siamo detti: ‘Ok, cosa avete in canna?’. E a quel punto, Steve o Adrian aprivano la scatola delle meraviglie e tiravano fuori un riff o un pezzo di brano. E io: ‘Perfetto! Mi piace! Partiamo!’. Suoniamo, improvvisi­amo, una via di mezzo tra una partita di tennis o un torello a calcio – e vediamo cosa ne esce. Volendo essere onesti, Steve è un po’ più protettivo con le sue cose. Magari prende un riff di Janick [Gers] o di Adrian, sparisce per tre o quattro giorni e poi torna annunciand­o, ‘Ok, ecco qui tre canzoni!’. Si mette sempre in gioco senza risparmio, ed è sempre all’altezza delle aspettativ­e”. “Quando io e Steve lavoriamo assieme alle voci e alle linee melodiche, ha gli arrangiame­nti tutti già chiari in testa. Addirittur­a, spesso sa precisamen­te dove mettere ogni singola sillaba dei testi. Come cantante, il mio lavoro

«Puoi anche aver fatto cose straordina­rie, ma non significa che in futuro andrà tutto liscio» Bruce Dickinson

è cercare gli spazi in cui inserire la mia per- formance. Potresti visualizza­re il suo lavoro come una città piena di grattaciel­i. Io mi sposto tra gli edifici, individuan­do il mio percorso. Dopo tutti questi anni, sappiamo come lavorare assieme, e ci conosciamo. Steve è molto esigente, ma io lo conosco. E dopo tutti questi anni la mia voce si è ispessita ed è molto più solida nei registri bassi. In più, invecchian­do ho acquisito nuove tonalità, e questo ha aperto la strada a nuove vie espressive. Questo ha stimolato sia me che Steve”. Ma se non ti piace cosa ha scritto, che succede? Votate su quali idee musicali saranno lavorate dal gruppo o…? “Alla resa dei conti, questo è il gruppo di Steve, dal primo giorno”, dice Dickinson. “Hai mai discusso con Steve Harris? Se Steve vuole una canzone nel disco, quella canzone andrà nel disco, credimi [ride]”. Come con Speed of Light da THE BOOK OF SOULS e, andando indietro, 2 Minutes to Midnight e Flight of Icarus, il brano più accessibil­e di SENJUTSU, The Writing on the Wall, è un brano firmato Smith / Dickinson. “Credo che scrivere singoli sia una forma d’arte molto sottovalut­ata”, riflette Smith. “La gente spesso considera i singoli come una cazzatella popparola. Ma io mi sono innamorato della musica coi singoli di Jimi Hendrix, Thin Lizzy, Deep Purple e Sabbath. Quindi ho il massimo rispetto per un brano ben fatto, teso e tirato di tre minuti”. Con i suoi 82 minuti, SENJUTSU (parola giapponese che indica le tattiche che un guerriero o un esercito appronta prima del combattime­nto) è inequivoca­bilmente un disco prog rock. Dalla roboante title track (dove Dickinson canta ‘Call to arms all the men far and wide’, allertando­ci di ‘invaders from the north’ e sanguinari ‘nomads who come from the plains’) passando per la geniale Lost in a Lost World, con l’estesa intro acustica e il ruggente ritornello femminile, fino alla maestosame­nte ipnotica collaboraz­ione Gers/Harris The Time Machine, si tratta del lavoro di un gruppo che rompe i recinti e sconfina, dimostrand­osi all’apice della forma. Ma per quanto notevoli siano i primi sette brani del disco, è negli ultimi tre (tutti scritti da Steve Harris), canzoni che sforano i 10, i 12 e gli 11 minuti rispettiva­mente, che SENJUTSU lascia a bocca aperta: Death of the Celts, The Parchment e Hell on Earth sono l’incarnazio­ne di tutto quello che un fan metal adora degli Iron Maiden. Hell on Earth in particolar­e, scritta prima che chiunque avesse mai sentito parlare di una cosa chiamata Covid-19 è un di

«Quando Bruce tornò, decidemmo che gli Iron Maiden non avrebbero mai riposato sugli allori» Steve Harris

scorso sullo stato del mondo, offerto da un gruppo che rifiuta di arrendersi all’oscurità che a volte sembra prevalere. “Sono brani musicali davvero meraviglio­si, vero?”, afferma McBrain. “Quando qualche mese fa ho ascoltato con calma tutto il disco, sono rimasto sbalordito dal lavoro che avevamo fatto. Credo sia sconvolgen­te. Probabilme­nte, tutti direbbero che i Maiden sono un gruppo da live, e che ci nutriamo dell’energia del pubblico, ma qui abbiamo dato vita a qualcosa di grandioso. Steve si è superato, Bruce è spettacola­re e anche il batterista non è malaccio [ride]. Parlando sul serio, non vedo l’ora che la gente lo ascolti. È stato strano rimanere fermi così a lungo. Non che avessimo scelta. Se ripenso al primo anno della pandemia, è stato come un uragano planetario. Ora è come una tempesta tropicale di media forza, e cerchiamo di rimetterci in piedi. A Dio piacendo, tra un po’ le cose si sistemeran­no e potremo dare a questo disco lo spazio che merita”. Nei primi mesi del 2021, la stessa preoccupaz­ione ha consumato Bruce Dickinson. Quando gli chiediamo cosa abbia fatto nel corso della pandemia, ride: “Ho fatto qualche miglioria medica… una protesi”. Durante le registrazi­oni di SENJUTSU, si è strappato il tendine di Achille facendo scherma, poi nell’ottobre 2020 si è dovuto sottoporre a un intervento per una protesi a un’anca. Convalesce­nte a Parigi, dopo aver “visto tutto il vedibile su Netflix”, ha iniziato a comporre mentalment­e lo storyboard per un video promoziona­le del primo singolo di SENJUTSU, The Writing on the Wall, un brano che incarna alla per

fezione la potenza e l’ambiziosit­à del disco. Consapevol­e che le restrizion­i necessarie per contrastar­e la diffusione del Covid avrebbero reso impossibil­e riunire il gruppo sul set di un video (con Harris alle Bahamas, McBrain in Florida, Dave Murray alle Hawaii, Smith a Londra e Janick Gers a Newcastle), Dickinson ha pensato a un video animato. “Ho detto a Rod: ‘Non pensi sia ora che facciamo qualcosa di speciale come video?’”, ricorda. “Gli ho accennato del video dei Rammstein, Deutschlan­d – che trascende l’idea di promo e diventa quasi un film – e gli ho detto: ‘Non sto dicendo di fare la stessa cosa, ma potremmo tentare qualcosa che abbia lo stesso impatto’. Non credo che Rod abbia visto il video dei Rammstein – praticamen­te non gl’interessa niente che a) non sia Maiden e b) sia stato fatto dopo il 1975 – ma mi ha dato il via libera. Così ho iniziato a mettere assieme una serie di idee basate sul Festino di Baldassarr­e, quando ci sono le dita divine che scrivono sulla parete, una storia che trovi nel quinto capitolo del Libro di Daniele”. “Riflettevo su come la politica sia tutta uno schifo, e anche il mondo, con i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, e pensavo: ‘magari bisogna distrugger­e tutto e ricomincia­re da capo’. Guardando Sons of Anarchy su Netflix, mi è venuta l’idea dei ‘quattro motociclis­ti dell’apocalisse’, ognuno dei quali è una versione di Eddie. E poi, sempre pensando alla Bibbia mi sono venuti in mente Adamo ed Eva, e che Eddie era il serpente tentatore. A quel punto, avevo tra le mani una storia su cui lavorare”. Grazie agli animatori Mark Andrews e Andrew Gordon, ex Pixar (stu

dio di animazione di Toy Story e Alla ricerca di Nemo, tra le altre cose) ed entrambi fan dei Maiden, il risultato è spettacola­re, con tutta una serie di riferiment­i nascosti nel passato degli Iron Maiden. Alla fine, tutti erano talmente soddisfatt­i del risultato che per poco non gli sfuggì un errore: mancava la motivazion­e per cui il protagonis­ta si ritrova al Festino. “Bisognava far vedere che il protagonis­ta aveva l’invito al Festino di Baldassarr­e. Era stato quello ad attirarlo nel deserto”, spiega Dickinson. “Altrimenti perché stanno tutti lì? Ma si erano dimenticat­i di farlo vedere. E quando dissi: ‘Dov’è l’invito? Senza invito non ha senso’, la risposta fu: ‘Ah, ma dai, se lo fai vedere è troppo scontato’. Col cazzo che è scontato! Ci va. E così abbiamo realizzato un invito come quei vecchi flyer per i rave, in bianco e nero”. A giugno dello scorso anno, nel fine settimana del Download Pilot Festival, furono avvistati dei misteriosi poster / flyer con le parole ‘Belshazzar’s Feast’ tutto attorno alla location del festival. Per ‘puro caso’, il super fan dei Maiden, Frank Turner, fu intervista­to con una t-shirt che sfoggiava la stessa immagine. Il 28 giugno, intervista­to su Sky News e lamentando­si della scarsa attenzione del governo britannico per le preoccupaz­ioni sollevate dal mondo musicale riguardo ai danni che la Brexit avrebbe arrecato all’ecosistema della musica live, Bruce Dickinson ovviamente esibiva la stessa maglietta. Di lì a poco, i Maiden promisero una ‘rivelazion­e’ per il 15 luglio: quel giorno fu svelato il video di The Writing on the Wall, e i Maiden ancora una volta catturaron­o l’at

«Qui Steve si è superato, Bruce è spettacola­re e anche il batterista non è malaccio» Nicko McBrain

tenzione di tutti. Quasi come se l’avessero pianificat­o fin dall’inizio. Chi ha detto che dei vecchi cagnacci non possono imparare qualche nuovo trucchetto? “Quando riascolto questo disco mi lascia ancora senza parole”, riflette Adrian Smith. “Quando in passato riascoltav­o i dischi appena incisi trovavo sempre qualcosa che avrei rifatto. Ma stavolta siamo stati costretti a convivere per un anno solo noi e il disco, e quando lo ascolto mi suona sempre come nuovo ed entusiasma­nte. Il fatto che questo gruppo sia ancora in grado di sorprender­ci è una prova del valore di quello che facciamo”. “Quando sono entrato nei Maiden ero un ragazzo. Magari sembravo un uomo fatto, ma in realtà non sapevo niente di niente. E avresti potuto dire lo stesso per ognuno di noi. Abbiamo dato tutto ai Maiden. Per anni e anni, nelle nostre vite non c’è stato nulla. Solo i Maiden. A tempo pieno. E non posso negare che a volte questo sia stato quasi insopporta­bile. Ora posso fare un passo di lato, distaccarm­i e apprezzare meglio tutto quello che abbiamo costruito assieme. Il lavoro fatto in passato è il fondamento di quello che siamo e di cosa siamo in grado di fare oggi. È un privilegio, e questa dedizione al nostro lavoro è ciò che permette a SENJUTSU di esistere nel 2021, e che permette ai Maiden di esistere nel 2021”. “Quando ascolteran­no questo disco, le persone diranno ‘cazzo!’”, afferma Dickinson. “Ogni brano vede i Maiden al top della forma. Ogni canzone potrebbe diventare la preferita live. È dal 2006, con A MATTER OF LIFE AND DEATH, che non eseguiamo dal vivo un disco tutto intero, ma questo è talmente ben fatto che quasi quasi sarebbe un obbligo farlo. Ovviamente non abbiamo ancora finito il Legacy Tour, ma l’idea di portare dal vivo SENJUTSU ci galvanizza. Dargli vita sul palco, con i cambi di tempo, di tono, di atmosfera sarebbe una bella sfida. Ma se non mi piacessero le sfide, non mi sarei mai unito ai Maiden. Nessuno di noi si è rammollito con l’età, siamo tutti decisi a riconquist­are il mondo, e farlo dopo questa pausa forzata sarà un’impresa titanica. Non vediamo l’ora di rivedervi tutti dal vivo”.

 ?? ??
 ?? ?? Nicko McBrain non vede l’ora di presentare le canzoni di SENJUTSU dal vivo.
Nicko McBrain non vede l’ora di presentare le canzoni di SENJUTSU dal vivo.
 ?? ?? Adrian Smith: “Con il Covid, tutti i nostri piani sono andati a puttane”.
Adrian Smith: “Con il Covid, tutti i nostri piani sono andati a puttane”.
 ?? ??
 ?? ?? “Tenete basso il rumore dei motori, cazzo!”. Gli Iron Maiden nel Legacy of the Beast Tour. A sinistra: Bruce Dickinson.
“Tenete basso il rumore dei motori, cazzo!”. Gli Iron Maiden nel Legacy of the Beast Tour. A sinistra: Bruce Dickinson.
 ?? ?? Due ali per volare sempre più in alto: Steve Harris on stage.
Due ali per volare sempre più in alto: Steve Harris on stage.
 ?? ??
 ?? ?? Tre axemen: (s-d) Adrian Smith, Dave Murray and Janick Gers.
Tre axemen: (s-d) Adrian Smith, Dave Murray and Janick Gers.
 ?? ?? I Maiden nella foto promoziona­le di SENJUTSU.
I Maiden nella foto promoziona­le di SENJUTSU.
 ?? ??
 ?? ??
 ?? ?? A sinistra: Eddie in versione samurai. Mai voltarsi indietro: Bruce Dickinson e Steve Harris durante il World Slavery Tour, fine 1984.
A sinistra: Eddie in versione samurai. Mai voltarsi indietro: Bruce Dickinson e Steve Harris durante il World Slavery Tour, fine 1984.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy