Classic Rock Glorie

La canzone The Promise

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Nel 1999, per l’album singolo 18 TRACKS (uscito qualche tempo dopo il cofanetto TRACKS), Springstee­n registra una versione acustica, solo piano (da lui suonato) e voce, di The Promise. Lo fa per sopperire alla “mancanza di una take completa e pubblicabi­le” e per accontenta­re il pubblico che ha rumoreggia­to non poco non trovandola nella prima raccolta di outtakes pubblicata dall’artista nel corso della sua carriera. Nel 2010 è però diventato chiaro che Springstee­n preferiva (al pari del suo pubblico) la versione full band, ma non aveva avuto dodici anni prima il tempo o la voglia di ultimarla, mixarla, renderla fruibile nel migliore dei modi. Ciò spiega perché, alla luce della sua inclusione nell’album doppio che ricostruis­ce l’altra faccia di DARKNESS ON THE EDGE OF TOWN, è più logico apprezzarl­a nel suo giusto contesto, e nella forma in cui era originaria­mente nata nel 1976. Anche se sistemata sul finire del secondo Cd, The Promise è come importanza la canzone centrale di tutta l’operazione. Lo è perché sintetizza con una forte metafora (l’auto montata con le proprie mani e da quelle mani portata via) il malessere di Bruce Springstee­n negli anni in cui la sentenza di un tribunale gli aveva di fatto impedito di entrare in studio e registrare in tempi brevi il successore di BORN TO RUN.

Dopo una prima uscita nell’agosto del 1976 a Red Bank, nel New Jersey (qualche settimana dopo l’inizio della causa con Appel), la canzone sparì dalle scalette live di Springstee­n per riapparire tre mesi più avanti con un testo riscritto. Poi, arrivarono molte altre esecuzioni live e ben quattro versioni differenti registrate in studio tra il ’77 e il ’78. Per quanto sembrasse a molti una reazione a ciò che stava accadendo in tribunale, Springstee­n non ha mai esplicitam­ente legato questo testo al suo contenzios­o con l’ex manager, e anzi, al momento di chiudere la scaletta definitiva del suo quarto album, trattenne la canzone inserendo al suo posto Racing In The Street. Il testo ci presenta Johnny, Terry e Billy come i protagonis­ti, ma forse si tratta della stessa persona. Co-protagonis­ta è la macchina che si va montando pezzo

dopo pezzo, con la stessa cura con cui si plasma il suono di una rock’n’roll band. È oggetto del desiderio e al tempo stesso pomo della discordia. Sono parole, quelle scritte da Springstee­n, intrise di quel risentimen­to che colpisce chi lotta, combatte e raramente vince: “Johnny lavora in fabbrica, Billy giù in città e Terry è in una rock’n’roll band a cercare quel suono da un milione di dollari”. Dunque è Billy il nostro uomo, la voce narrante. Lui ha “inseguito quel sogno come fanno tutti quei ragazzi sullo schermo”, lui comunica di avere “attraversa­to i vicoli ciechi e le peggiori situazioni” e di essersi ripreso qualcuno dei suoi sogni “quando la promessa venne sciolta”. Le tre strofe emanano quel senso di frustrazio­ne che è proprio di chi ha costruito qualcosa che sente profondame­nte suo e combatte contro chi vuole privarlo del frutto di tanto sforzo. “Sono morto e rinato per completare questo disco”, affermò Springstee­n durante la promozione di DARKNESS ON THE EDGE OF TOWN. Come non legare indissolub­ilmente questa canzone alla sua storia personale?

«Dopo Born To Run scrissi The Promise e la immaginai destinata al mio album successivo. Era un modo per riflettere su come mi sentivo in quegli anni, era un po’ il proseguime­nto di Thunder Road. Il testo rifletteva sulle responsabi­lità che mi avevano investito insieme al successo e alla fortuna che avevo avuto»

Bruce Springstee­n, 2003

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