THE RIVER: DUE TOUR (1980 E 2016) E TANTE POLEMICHE
Se il tour 1980/81 di THE RIVER – il primo, l’originale, quello destinato a rimanere il più amato – ha provocato la scintilla di un amore quasi quarantennale tra Springsteen e il suo pubblico più numeroso e creato un vincolo solido tra l’Italia e il Boss (a Zurigo, quell’11 aprile 1981, gli italiani erano moltissimi), quello in corso adesso, mentre leggete queste pagine, rischia di passare alla storia soprattutto per le polemiche. Le prime a incrinare veramente il rapporto tra il popolo springsteeniano e il suo idolo. Annunciato come il “The River Tour 2016”, ha lasciato da subito intendere che sarebbe stato focalizzato interamente o quasi sull’album dell’80. E così è stato per le 37 date USA – una in meno delle 38 previste, data la cancellazione all’ultimo momento, a biglietti tutti venduti, della serata del 10 aprile a Greensboro nel North Carolina, in segno di protesta contro una legge locale che discrimina i transgender e in segno di solidarietà alla comunità omosessuale: concerti aperti da Meet Me In The City (canzone-traino del box THE TIES THAT BIND), seguita dall’esecuzione integrale dell’album THE RIVER, con tutte le sue venti canzoni in sequenza, e da un consistente numero di bis alquanto prevedibili. Tale prevedibilità, unita all’assenza dei tanti inediti del periodo THE RIVER presentati nel cofanetto (ma anche in TRACKS), ha riscaldato gli animi. Se la lucente anche se sommessa Purple Rain cantata una prima volta a Brooklyn il 23 aprile scorso per ricordare l’appena scomparso Prince aveva regalato l’impressione di una ritrovata mobilità della scaletta (c’erano stati anche, prima, omaggi a David Bowie con Rebel Rebel e a Glenn Frey con Take It Easy), restava lo scontento nel vedere tanto potenziale inespresso. Grazie per THE RIVER ma vorremmo anche altro, questa in sintesi la posizione di una larga parte del pubblico. Nulla, tuttavia, in confronto a quanto accadrà in occasione dell’European Leg del The River Tour 2016. Preannunciato un ripensamento della scaletta, Springsteen ha reso pubblica una certa stanchezza verso la ripetitività dello schema Meet Me In The City + THE RIVER. Il risultato è stata una partenza (Spagna/Portogallo) che ha visto ridursi drasticamente la presenza di brani dal disco dell’80 (meno del 50%, e ciò che è restato non erano le rare ballate ma i brani più sentiti dal vivo negli ultimi trentacinque anni di frequenti tour). Prevedibilmente, nel giro di poco il tour che doveva celebrare consistentemente uno dei dischi portanti e più amati della carriera di Springsteen (tutti i biglietti, tra USA ed Europa, recitano The River Tour 2016) si è trasformato in uno strano ibrido (un po’ Amnesty Tour, che per necessità e brevità dei set doveva presentare i classici a pubblici che mai avevano assistito a un concerto di Springsteen, un po’ Reunion Tour). L’effetto di tale scelta è esploso sul web, dilagando tra i fan site di tutta Europa (con italiani, inglesi e francesi a dichiararsi traditi), migliaia di pagine Facebook e gruppi whatsapp appositamente organizzati da un popolo particolarmente attivo e caloroso nel partecipare le vicende artistiche del rocker americano. Andiamo in stampa con la sensazione che questo ennesimo trionfo al botteghino del gigantismo messo in scena ancora una volta da Bruce negli stadi del Vecchio Continente verrà ricordato come il tour della discordia. Un tour che non nega l’amore, ma un po’ lo indebolisce. La storia saprà aggiungere parole e altre verità a questa sensazione.