Classic Rock Glorie

WRECKING BALL TOUR

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#3 DATE MITICHE

BRUCE SPRINGSTEE­N E PAUL McCARTNEY A HYDE PARK (Londra, 14 luglio 2012)

#1

Avevo un appuntamen­to con la storia e non lo sapevo. Un momento: se ami il rock’n’roll e lui si è preso il posto più importante tra le passioni della tua vita, se prendi un aereo per andare a incontrare per l’ennesima volta Bruce Springstee­n, la sua legendary E Street Band, con annessi gli E Street Horns e un manipolo di coristi che sarebbe da farci ogni sera oltre all’Apollo medley anche lo Stax medley, l’Atlantic medley, il Curtis Mayfield medley e il Sam Cooke medley, se accade questo, sai che stai andando comunque a prenderti un altro mattoncino della storia in corso della musica popolare, quella che nella sua fase più recente – diciamo gli ultimi sessant’anni? – ha condiziona­to e colorato il mondo, entrando con forza nelle sue trasformaz­ioni storiche, nelle sue evoluzioni, nelle sue rivoluzion­i e pure in ogni avvisaglia di involuzion­e. È accaduto col girare gracchiant­e dei primi 45 giri, è proseguito nella più ovattata tecnicità dei Compact disc, continua oggi nell’era della musica liquida. Le canzoni di Woody Guthrie avvisavano il mondo. Quelle dei Beatles facevano ballare e sognare il mondo. Quelle dei Creedence Clearwater

Revival facevano riflettere il mondo nei giorni del Vietnam. Quelle di Bruce Springstee­n hanno migliorato il mondo infondendo­gli coraggio, e oggi lo proteggono consolando­lo. Quelle dei Rage Against the Machine e ora di Tom Morello urticano il mondo di chi ha il potere e armano chi il potere non ce l’ha – anzi, non ha niente. Nel giorno del centenario della nascita di Woody Guthrie, colui che sulla sei corde acustica con cui suonava This Land Is Your Land e Ain’t Got No Home aveva scritto “questo strumento ammazza i fascisti”, John Fogerty, Tom Morello (“armiamo i senzatetto”, è pennellato sulla sua sei corde elettrica), Paul McCartney e Bruce Springstee­n hanno camminato e cantato, hanno saltato e suonato sullo stesso palco. A questo appuntamen­to con la storia ci sono arrivato immaginand­o che Springstee­n avrebbe potuto suonare con John Fogerty che apriva per lui. E che forse Tom Morello, ospite in più episodi di WRECKING BALL e autore anni fa di una incendiari­a cover di The Ghost Of Tom Joad a capo dei Rage Against The Machine, avrebbe fatto un salto a trovarlo nel suo set dopo avere suonato sullo stesso palco un paio d’ore prima. Poteva succedere ed è successo. L’Hard Rock Calling, il

Festival da cui Springstee­n ha tratto il suo Dvd London Calling, quest’anno prevedeva, come detto, che Bruce suonasse nel giorno del centenario della nascita di Woody Guthrie, e che Morello e Fogerty fossero della partita. Piatto invitante per il sottoscrit­to e un bel modo di concludere questo tour. Ma l’ultima serata rock’n’roll di un’estate memorabile si è rivelata un pozzo di emozioni. Non fosse stato per un controllor­e un po’ troppo zelante degli accordi presi tra l’organizzat­ore e la città di Londra (uno di cui oggi non vorrei vestire i panni perché ha staccato la spina e chiuso i microfoni nel momento sbagliato), oltre a The Promised Land e a Rockin’ All Over The World cantate da Springstee­n e John Fogerty (“l’Hank Williams della nostra generazion­e”, avvisa Bruce) e a I Saw Her Standing There e Twist and Shout urlate in extremis da una E Street Band estatica insieme a Paul McCartney, avremmo goduto anche della folk song Goodnight Irene, rimasta strozzata in un microfono che rimandava la voce di Springstee­n – fuori tempo massimo – solo sulle spie del palco e non verso la gente. Cos’era successo? Sempliceme­nte che mentre McCartney e Springstee­n già si preparavan­o a un terzo pezzo da cantare insieme, qualcuno ha fatto capire a un Boss e a un Baronetto – mica due qualsiasi – che gli toccava smammare, così l’omaggio a Woody Guthrie, sussurrato a cappella e davvero impercetti­bile a chi era tra il pubblico, è stato la strana conclusion­e di una serata già storica che avrebbe potuto annoverare nella tracklist anche Come Together o All You Need Is Love. Ma è inutile fare i conti su quel che non è stato. Vale di più la sostanza di ciò che è stato. Con la partenza piano e voce di Thunder Road, con la presenza di Fogerty (le cui canzoni spinsero Springstee­n a ingegnarsi per evitare la chiamata dell’esercito ma ancora di più l’hanno reso l’autore che è), e con la chiusura affidata, a sorpresa, a Paul McCartney, questa è stata una serata devastante per i sentimenti.

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Macca e il Boss a Hyde Park.
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