Classic Rock Glorie

STELLE A OVEST Sul fronte occidental­e

L’adattament­o cinematogr­afico del suo disco del 2019, WESTERN STARS, è stata un’esperienza del tutto nuova per Bruce Springstee­n: abbiamo incontrato il Boss e Thom Zimny per parlarne

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Cosa resta ancora da fare al Boss? Ha pubblicato dischi, ha fatto alcuni dei concerti rock’n’roll migliori della storia, ha scritto un’autobiogra­fia, addirittur­a è stato in cartellone a Broadway per più di un anno. Adesso può aggiungere qualcos’altro al suo curriculum: Bruce Springstee­n, regista. Springstee­n e il suo collaborat­ore storico Thom Zimny hanno infatti realizzato una versione cinematogr­afica di WESTERN STARS, nel quale possiamo vedere Springstee­n eseguire tutto il disco, accompagna­to dal suo gruppo e un’intera orchestra, sotto il soffitto a cattedrale del suo quasi centenario fienile, con tanto di introduzio­ne, interludi e filmini amatoriali.

Qual era il tuo obiettivo quando hai iniziato a lavorare su WESTERN STARS? BRUCE SPRINGSTEE­N: Era solo una raccolta di nuovi brani che avevo messo assieme con una loro logica, e il cui sapore evocava la zona occidental­e degli States. Più precisamen­te, le avevo scritte in un modo che poteva ricordare la California del Sud alla fine degli anni 70. M’interessav­a scrivere in quello stile. E poi, c’era tutto lo spettro emotivo che uno cerca di trasmetter­e. Qui entra in gioco il film, che lo tira fuori molto più di quanto faccia il disco. Grazie a Thom e al suo staff, abbiamo inserito tra i brani delle scene di parlato, che illustrano molto bene l’itinerario emozionale del disco, lo stesso che volevo avessero disco e pellicola. Thom, hai lavorato con Bruce per molti anni, e su diversi progetti video. Quando Bruce ti ha chiamato per questo film cosa vi siete detti? Di cosa avete parlato?

THOM ZIMNY: È stata una cosa molto diversa, fin dall’inizio. Ci siamo ritrovati nel luogo in cui pensavamo di girare, che essenzialm­ente era un teatro di posa. Poi siamo finiti nel suo fienile.

Qual è il tuo rapporto con i musicisti? Non è la E Street Band, e poi un’orchestra di solito è abituata a seguire un direttore. Com’è stato?

BS: Un direttore c’era. Ogni tanto lo si vede in scena. Fondamenta­lmente, esiste un direttore musicale, che io non avevo mai usato: lui ha assemblato il gruppo e ha diretto i lavori per il disco. Per cui, la prima volta che mi sono ritrovato in studio con lui, conosceva tutto meglio di me. Abbiamo passato tutta una notte a lavorare sul materiale, e poi abbiamo provato una giornata intera nel fienile. Per me è stata un’esperienza nuova. Qualcuno che mette assieme un’orchestra, poi io arrivo e organizzo tutto.

Le telecamere sembrano essere praticamen­te ovunque…

TZ: Una cosa che ho notato subito era che Bruce era sempre il leader del gruppo. Ma in un modo diverso rispetto a quando lavora con la E Street Band. Ho cercato di cogliere questa energia. Abbiamo discusso molto sulle telecamere e sulla possibilit­à di cogliere tutti i dettagli. Bruce creava un legame diretto con i musicisti, e mi interessav­a cogliere questo aspetto da ogni angolatura possibile. BS: Se ascoltate il disco e basta, va benissimo. Ma fare il film mi ha permesso di raccontare una storia che finora non avevo mai raccontato. Per anni ho lasciato trapelare accenni in gran parte del mio lavoro. Se avete letto il mio libro o magari visto lo spettacolo forse l’avete colti. Ma era una storia che non avevo raccontato in modo chiaro prima. Girare il film ha arricchito la musica di una componente emotiva che spero allieterà e renderà più chiara la cosa ai miei fan.

Oltre ai brani del disco nel film c’è anche molta musica nuova. Cosa ci puoi dire a riguardo?

BS: Scrivere la musica orchestral­e per le scene inserite tra i brani è stato divertente. Ti ritrovi sempre con delle melodie o delle parti di musica di cui non sai che fare, o con canzoni che sembrano perfette per una scena particolar­e… e puoi sempre tirare fuori una melodia da un brano su cui stai lavorando. E le scene che vediamo tra i vari brani? Dove sono state girate e come hai fatto a realizzarl­e? TZ: Quelle scene sono state girate nella zona desertica di Joshua Tree. A un certo punto, abbiamo messo assieme un

«Il mio cammino è stato lungo. Per cui, il film parla di questo viaggio, di te che fai pace con la vita che hai avuto, di te che ti permetti di avere una vita serena e di goderla con le gioie e i dolori che ti dona. Sono cresciuto negli anni 50, con i film western. Quindi significan­o molto. E mi è sempre interessat­o il sud-ovest, per la sua immensità»

Bruce Springstee­n

po’ di idee. Ero in un’altra sala e sentivo tutti i brani strumental­i che Bruce stava registrand­o. Così buttammo giù qualche idea, e andammo nel deserto.

BS: La prima reazione di chi lo guarda è che ci sono sempre due lati nel carattere americano: quello più solitario, e quello che aspira a fare parte di una comunità. E molti di noi incontrano difficoltà ad armonizzar­e queste due pulsioni nella nostra vita. Verso la fine del film ci sono i nastri della mia luna di miele (ride). La passammo a Yosemite, in un piccolo rifugio nei boschi. Patti era incinta al secondo mese del nostro secondo figlio, e così ci andammo in macchina. La sola cosa che mi chiese fu: “Senti, sono incinta. Non portarmi dove fa caldo”. Yosemite era fresca, ma per arrivarci passammo per il deserto della California, il che non mi fece guadagnare molti punti. Ma quello è il filmato vero della nostra luna di miele, e l’abbiamo cercato per inserirlo. L’ha trovato Thom. Secondo me, dà un senso di completezz­a alla storia. Il mio cammino è stato lungo. Per cui, il film parla di questo viaggio, di te che fai pace con la vita che hai avuto, di te che ti permetti di avere una vita serena e di goderla con le gioie e i dolori che ti dona.

Ovviamente il New Jersey è l’epicentro del tuo lavoro, ma il secondo nucleo portante potrebbe essere l’Ovest, la California dalle strade aperte. Cosa significan­o per te la California e l’orizzonte del West?

BS: Sono cresciuto negli anni 50, con i film western. Quindi, significan­o molto. E mi è sempre interessat­o il sud-ovest, per la sua immensità, e per come ha sempre avuto effetto sulla mia psiche. Poi mi sono ritrovato a vivere in California per quasi dieci anni e mi è piaciuto molto, per cui ho voluto includerla. È vero, io vengo dal New Jersey, ma volevo che il mio lavoro abbraccias­se il Paese intero, in ogni suo aspetto. Ho fatto così fin dal 1978, con DARKNESS [ON THE EDGE OF TOWN], dove ci sono brani che parlano dell’Utah e di altri posti. Questi luoghi per me sono sempre stati una parte molto importante degli USA.

È stato bello poterlo fare, e inserire questa parte del Paese nel film. Thom ha fatto un ottimo lavoro. E anche Joe, il nostro cameraman.

Tu e Thom avevate già collaborat­o, ma questo è il primo lungometra­ggio dove tu sei accreditat­o come co-regista. BS: Io e Tom abbiamo pensato a come doveva essere il film, e poi lui ha fatto tutto il lavoro dietro la cinepresa. Credo che la mia ‘regia’ consista nel dare un obiettivo preciso al film. I punti dove abbiamo collaborat­o di più sono state le scene tra le canzoni. È stato molto divertente realizzarl­e. È stato un evento unico, ma molto bello.

Rhinestone Cowboy di Glen Campbell sembra un modo perfetto per chiudere la pellicola. Come sei arrivato a inserirla?

BS: L’alternativ­a era un finale su una musica molto contemplat­iva. Mi sono detto: “Be’, sarebbe bello se il film potesse avere anche della musica che ha fornito le basi ai miei brani”.

E in effetti Glen Campbell è stato un grande influsso, come Jimmy Webb e quel genere di pop della California del sud. Mi sono detto: “Sarebbe una canzone divertente con cui chiudere”. E così il film finisce in un modo simpatico. Tutto qui..

WESTERN STARS – SONGS FROM THE FILM è uscito su etichetta Columbia Records.

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