«Q ha fatto partire il nastro ed io ho pregato» Michael Jackson
spesso insieme, scrivendo Say Say Say e The Man. A Tucson Q suggerì di lavorare sul tema di due innamorati che si contendono una ragazza. L’ispirazione arrivò a Michael nel cuore della notte: “Mi recai in studio e cantai esattamente quello che avevo in testa, iniziando con la melodia, poi con la tastiera, i bassi, i violini ecc. Così ho registrato tutto su nastro, e mi è riuscita al primo colpo”. Quel 14 aprile, ai Westlake, in studio c’erano anche quattro Toto su sei: i fratelli Jeff e Steve Porcaro (rispettivamente batterista e tastierista), Steve Lukather (chitarrista) e David Paich (tastierista), che ha ricordato: “La parte più difficile è stata entrare e vedere Paul McCartney che suonava il piano, prima che Quincy lo facesse alzare e mi lasciasse suonare la sua parte! Ero seduto al piano e George Martin, Quincy Jones, Paul McCartney e Michael Jackson erano tutti lì intorno. Ho dovuto darmi mentalmente un pizzicotto e dirmi: ‘Ripigliati! Non stai sognando. Stai lavorando! Concentrati sul tuo strumento’”. Due giorni dopo, il brano era finito. Uscì su 45 giri prima dell’album, il 18 ottobre del 1982: “Io e Quincy la scegliemmo come ovvio primo singolo”, ha raccontato Jackson. “Non avevamo molta scelta. Quando hai due nomi così forti insieme in una canzone, questa deve uscire per prima, altrimenti viene suonata fino alla morte e sovraesposta. Dovevamo toglierla di mezzo”.
Tra i 33 brani presentati dall’inglese Rod Temperton, Jackson scelse Hot Street, ma dopo averla registrata Q gli fece notare che il testo (un uomo che rimorchiava una prostituta) non si addiceva all’immagine puritana di Michael, convinto testimone di Geova. Il suo posto fu preso da Babe Be Mine, la cui melodia fu definita da Q come una “frase di jazz progressivo alla John Coltrane”. Fu quindi la volta di The Lady In My Life, la richiesta d’una notte di sesso: “È stato uno dei brani più difficili da incidere. Quincy non era soddisfatto del mio lavoro su quella canzone, anche dopo decine di takes. Alla fine di una sessione mi prese da parte e mi disse che voleva che pregassi. Voleva che tornassi in studio e che pregassi, letteralmente. Così tornai e chiesi di spegnere le luci dello studio e di chiudere la tenda tra lo studio e la sala di controllo per non sentirmi in imbarazzo. Q ha fatto partire il nastro ed io ho pregato”.
Ma il brano di Temperton dal percorso più sorprendente fu Thriller. Inizialmente si chiamava Starlight: Jackson ne registrò un demo, che però non convinceva né lui né Q, che sfidò Temperton a trovare qualcosa di meglio. Secondo alcuni, fu proprio Q a suggerire un’impronta più macabra; secondo altri fu lo stesso Jackson, da poco appassionatosi a film come Psycho e a scrittori come Poe. Temperton: “Sono andato a casa e ho scritto 2 o 300 titoli, dei quali il mio preferito era Midnight Man, e poi sono andato a letto. Al mattino mi sono svegliato e ho pronunciato la parola ‘thriller’. Potevo immaginarla in cima alle
classifiche di «Billboard». Potevo vedere il suo merchandising, come saltava fuori dalla pagina”. La sera, mentre correva in taxi verso i Westlake, scrisse il testo di getto ispirandosi all’atmosfera cupa e misteriosa che avvolgeva la città, con tanto di finale alla Poe, da rappare. Piacque subito: ma come realizzare il finale? Fu la moglie di Q, l’attrice Peggy Lipton, a suggerire che lo recitasse il suo amico Vincent Prince. Per rendere l’atmosfera più cupa, si pensò di aprire il brano con effetti da film horror. L’ingegnere del suono Bruce Swedien: “Per le porte che scricchiolano, sono andato agli Universal Studios di Hollywood e ho affittato due o tre porte con effetti sonori, le ho portate a Westlake e ho trascorso un’intera giornata a microfonarne i cardini da vicino. Quella è una porta vera, l’ho registrata e l’ho aggiunta alla traccia. A pensarci bene, potrebbe anche essere stato Michael a fare quei passi”. Temperton propose degli ululati. Swedien: “Avevo in mente un film di Sherlock Holmes, Il mastino dei Baskerville, in cui c’era un alano che ululava. Ho pensato automaticamente al mio alano. Così ho provato a fargli fare quegli ululati e – sai? – non li ha mai fatti. Lo mettevamo nel fienile di notte ad ascoltare i coyote e io ero lì, pronto col mio registratore. Ma lui non è mai stato d’accordo! Quindi, sai chi è che fa quegli ululati da lupo? È Michael Jackson”. Di Jackson era Wanna Be Startin’ Somethin’, che aveva “scritto quando stavamo facendo OFF THE WALL, ma che non avevo mai dato a Quincy per quell’album. A volte ho una canzone che mi piace molto, ma non riesco a presentarla”. Sul finale, dopo l’ultimo ritornello, Jackson canta “mama-say mama-sa ma-ma-coo-sa”, citando la minor hit del 1972 del sassofonista camerunense Manu Dibango, che aveva spopolato nella nascente scena disco di NY per opera del dj David Mancuso. Per Jackson era un omaggio alla grande tradizione musicale africana, da lui conosciuta in Senegal durante il Destiny Tour dei Jacksons nel 1979: “I loro tamburi e i loro suoni riempivano l’aria di ritmo. Stavo impazzendo, urlavo. Ecco da dove vengo. L’origine. Non voglio che i neri dimentichino mai che è da qui che veniamo e da dove viene la nostra musica”. Secondo Swedien, “il brano parla delle mogli dei fratelli di Michael e di come queste creassero sempre problemi”. Una donna malvagia è anche Billie Jean, cui si lavorò però da ottobre in poi, visto che agosto e settembre se n’erano andati dietro alla colonna sonora di E.T. Il testo racconta di una fan stalker che accusa Michael di essere il padre di suo figlio, e secondo Jackson sarebbe frutto di fantasia. Non così per Swedien: “Era una storia vera. Una ragazzina, arrampicatasi oltre il muro della casa di Michael, stava sdraiata a bordo piscina. Alla fine lo accusò di essere il padre di uno dei suoi gemelli”. La musica del brano nacque dalla voglia di Jackson di scrivere qualcosa di simile a I Can’t Go For That (No Can Do) di Hall & Oates: “E qualche giorno dopo questa linea di basso e questa melodia si sono insinuate in me”. Ci lavorò su per mesi: “Un giorno stavo percorrendo la Ventura Freeway con Nelson Hayes, che all’epoca lavorava con me [come
tour manager, ndr]. Billie Jean mi girava in testa e non pensavo ad altro. Stavamo uscendo dall’autostrada quando un ragazzo su una moto ci si avvicinò e disse: ‘La vostra macchina sta andando a fuoco’. Improvvisamente ci accorgemmo del fumo e accostammo: l’intera parte inferiore della Rolls Royce era in fiamme. Ma ero così assorbito da questa melodia che fluttuava nella mia testa che non mi sono concentrato sulle possibili terribili conseguenze fino a quando tutto è finito. Anche mentre cercavamo aiuto, stavo componendo in silenzio altro materiale: ecco quanto ero coinvolto da Billie Jean”. Q insistette anche perché Jackson componesse un brano sulla falsariga di My Sharona dei Knack. “Continuava a dirmi che avevamo bisogno di una grande canzone rock per l’album.
Mi diceva: ‘Dai, dov’è? So che ce l’hai’. Ho tirato fuori Beat It ed è impazzito. Mi sentivo al settimo cielo”. Ci voleva un grande assolo: chi meglio di Eddie Van Halen, il più grande chitarrista del mondo? Jackson: “Quando Q lo chiamò, Eddie pensò che si trattasse di uno scherzo telefonico e gli disse di sparire. Q rifece il numero. Eddie accettò di suonare per noi e ci regalò un incredibile assolo di chitarra”. A dirla tutta, fu il fonico dei Van Halen, Donn Landee, a convincere Eddie, che, una volta arrivato in studio, si sedette alla console di missaggio, con Landee alla sua destra
«Sai chi è che fa quegli ululati da lupo? È Michael!»
Bruce Swedien
e Q alla sua sinistra, e ascoltò un mix approssimativo della canzone. Q spiegò a Edward dove voleva l’assolo, su un solo accordo, e Edward rispose suggerendo di aggiungere una sezione con alcuni cambi di accordi. A Q piacque l’idea ed Edward registrò due assoli, lasciando che Jackson e Jones scegliessero quello che preferivano: il secondo. E tutto gratis: “L’ho fatto come un favore. Non volevo niente. Per il resto della band e il nostro manager sono stato un completo idiota. Ma sono ossessionato dalla musica, mi eccita suonare e non mi interessa quanti soldi ci si guadagna. Mettiamola così: non sono stato usato. Sapevo cosa stavo facendo”. A suonare il riff di chitarra e il basso fu però Lukather: “Jeff Porcaro ed io siamo stati chiamati a legare l’assolo di Eddie e alcune percussioni disordinate, un bel grattacapo. All’inizio ci siamo divertiti perché Eddie aveva suonato un buon assolo, ma Q lo riteneva troppo duro. Così ho dovuto ridurre la distorsione della chitarra”. Jackson: “Volevo scrivere la canzone rock che mi avrebbe fatto venire voglia di comprarla. Ma anche qualcosa di totalmente diverso dal rock che ascoltavo alla radio”. Q chiese a David Paich dei Toto, freschi reduci dal trionfo di TOTO IV, uno
scarto dell’album: Paich gli mandò una cassetta con due brani suoi e uno di Steve Porcaro, non finiti. Fu quest’ultimo a far sobbalzare dalla sedia Jackson: “Aveva la melodia più bella che avessimo sentito da molto tempo, anche più di Africa. È musica con le ali”. Con il testo di John Bettis divenne Human Nature, una canzone che parla del desiderio di trovare una ragazza nella notte cittadina, ma era nata per la figlia di 6 anni di Steve, Heather, che era tornata a casa piangendo perché un bimbo l’aveva spinta giù dallo scivolo.
P.Y.T. (Pretty Young Thing), scritta da Jackson e Greg Phillinganes in forma di ballata, non piacque a Jones: la fece completamente riscrivere da James Ingram, che la trasformò in un movimentato funk. L’espressione del titolo veniva dal gergo dei barbieri neri e si usava per indicare una bella adolescente, notata da un uomo più anziano; la voce infantile di Jackson però tolse ogni viscidume dal testo. Finite le registrazioni, a novembre, nell’imminenza dell’uscita del disco, ci si accorse che l’Lp suonava male: le canzoni erano troppo lunghe e il vinile restituiva un suono moscio. Jackson voleva buttare tutto, ma Q convinse la CBS a rinviare l’uscita del disco. Dopo un weekend di pausa, Swedien, Jones e Jackson si misero a tagliare, cucire e remixare, due canzoni al giorno.
Il lavoro più travagliato fu su Billie Jean, secondo Swedien, il cui mix n. 2 entusiasmò tutti, ma su cui prima Jackson e poi Q chiesero modifiche: “18 mix dopo, non erano ancora soddisfatti, fino a quando non riascoltarono il n. 2. Tutti si scatenarono ballando”. Finalmente, il 30 novembre 1982, THRILLER arrivò nei negozi. Un anno dopo, aveva già venduto 32 milioni di copie; oggi si stima che abbia superato i 70. Jackson scrisse: “Fin da quando ero bambino, sognavo di creare il disco più venduto di tutti i tempi”. A volte i sogni si avverano.
THRILLER 40 è uscito il 18 novembre 2022.