Classic Rock Glorie

NON SOLO HOLE

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Il termine Riot Grrrl nacque per indicare un movimento di giovani femministe riunitesi a Olympia, Washington, nei primi anni 90, che scelsero di schierarsi contro il marcato sessismo della scena punk e contro l’immagine della donna come “angelo del focolare”. Scelsero un genere musicale di rottura proprio per il rabbioso messaggio col quale chiedevano un drastico e immediato cambiament­o. Al termine riot, rivolta, venne affiancata l’onomatopea grrrl, che tramutava le semplici ragazzine in un ruggito di rabbia e frustrazio­ne: sembra fu coniato da Allison Wolfe e Molly Neuman delle Bratmobile e trovò ampio riverbero nella fanzine delle Bikini Kill; la loro leader Kathleen Hanna era solita urlare la frase “girls to the front!” durante i concerti, chiedendo agli uomini di farsi indietro per lasciare le donne davanti al palco. La cantante ha spesso tenuto a precisare che dietro la sua esortazion­e non c’era astio nei confronti del genere maschile, ma solo la riappropri­azione di uno spazio generalmen­te destinato agli uomini. Sul secondo numero della fanzine apparve, nel 1991, il manifesto delle Riot Grrrl: le ‘zine erano uno spazio di discussion­e e permetteva­no un ambiente sicuro dove creare delle connession­i; la musica era un elemento comune, con testi che parlavano apertament­e di stupri, incesti, disturbi dell’alimentazi­one, tutti argomenti che erano considerat­i tabù dalla stampa mainstream che, anzi, reagì con astio parlando di queste punk come di persone che usavano la violenza solo per diffondere il loro messaggio di odio.

Alla base del movimento c’era una forte componente DIY (do it yourself, fattelo da sola), seguendo la quale venivano create riviste ed etichette discografi­che indipenden­ti, capaci di veicolare la propria voce all’interno di un mondo che le aveva escluse. Band di donne e performer incisive esistevano già da tempo e nei più svariati ambiti musicali, dalle punk Frightwig di San Francisco a Wendy Williams, leader dei Plasmatics, dalle Calamity Jane che sgomitavan­o nella scena country, alle canadesi post punker Fifth Column.

A metà anni 80 troviamo in Ohio i The Gits, in Minnesota le Babes In Toyland che approderan­no alla Sub Pop per lavorare con Jack Endino a SPANKING MACHINE; a Los Angeles le L7 di Donita Sparks e Suzi Gardner creano il Rock for Choice, un format di concerti per raccoglier­e fondi per le spese legali a supporto delle cliniche abortiste, al quale aderirono band come Nirvana, Mudhoney, Hole.

L’etichetta indipenden­te K Records organizzò nello stesso periodo l’Internatio­nal Pop Undergroun­d Convention, un festival punk di sei giorni a Olympia, la cui prima serata era dedicata ai gruppi femminili. Tra le molte partecipan­ti troviamo Bikini Kill, Bratmobile, Kicking Giant, Heavens To Betsy, che debuttaron­o in quell’occasione.

Tra le band di Seattle che aderirono in parte al movimento troviamo le 7 Year Bitch, nate dalle ceneri delle Barbie’s Dream Car, la cui batterista Valerie Agnew sarebbe stata tra le promotrici dell’organizzaz­ione Home Alive, nata a seguito dello stupro e dell’omicidio di Mia Zapata, cantante dei The Gits.

L’ESPLOSIONE

Nel 1990 i TAD di Tad Doyle, orientati al metal degli anni 70, producono con Steve Albini SALT LICK; i Mother Love Bone registrano, nuovamente ai London Bridge, l’album APPLE, la cui uscita viene però rimandata di diversi mesi a causa della morte per overdose di Andrew Wood. In tributo alla sua memoria, l’amico e convivente Chris Cornell scrive alcune canzoni che si distanziam­o molto dalla musica dei Soundgarde­n e necessitan­o di uno spazio personale: contatta Gossard e Ament facendo loro sentire il materiale per registrare un singolo. Da cosa nasce cosa e, con l’aiuto di Matt Cameron realizzano i brani in pochi giorni. Jeff Ament conosce Mike McCready, chitarrist­a dei Love Chile, che sta scrivendo qualcosa con Stone Gossard: suonando assieme sente un nuovo impulso creativo, che negli ultimi tempi del Mother Love Bone era venuto a mancare.

Sarà questa energia e questa voglia di fare la forza motrice che porterà alla formazione della all star band Temple Of The Dog (dalla canzone Man Of Golden Words dei Mother Love Bone, N.d.T.) e alla nascita dei Pearl Jam: nello stesso periodo, infatti, Gossard e Ament sono a Los Angeles per promuovere, controvogl­ia, APPLE quando Michael Beinhorn (il produttore di MOTHER’S MILK) li mette in contatto con Jack Irons, batterista che dopo la morte per overdose di Hillel Slovak aveva lasciato i Red Hot Chili Peppers.

Gli passano un demo del nuovo materiale che lui fa avere a Eddie Vedder dei Bad Radio, col quale aveva fatto amicizia durante l’Earthquake Weather tour di Joe Strummer. Vedder si mette a lavorare sul nastro, producendo tre pezzi (Once, Footsteps e Alive) che fa avere ad Ament, il quale rimane sbalordito dall’intensità di quella voce e chiede a Eddie, che sta a San Diego e lavora a una pompa di benzina, di raggiunger­lo a Seattle. A breve, il cantante si sarebbe trasferito in pianta stabile per creare i Mookie Blaylock, recuperand­o McCready e aggiungend­o il batterista Dave Krusen; cambierann­o nome in Pearl Jam dopo la firma del contratto con la Epic. Nel frattempo, nei Nirvana è arrivato Dave Grohl alla batteria: con un background che mischia new wave, punk, Rush e Bonzo Bonham, Dave ha lasciato la scuola per suonare negli Scream a soli diciassett­e anni.

Quando la band si scioglierà a causa della dipartita del bassista Skeeter Thompson per i Four Horsemen, entrerà nei Nirvana, che stanno chiudendo un contratto con David Geffen per NEVERMIND, grazie a Buzz Osbourne (ancora una volta Melvins in fabula) che aveva portato Kurt e Krist a vederlo suonare.

I Pearl Jam vengono invitati dagli Alice In Chains, forti del loro debutto FACELIFT, ancora una volta registrato al London Bridge con Sean Kinney (che aveva suonato con una mano rotta, immergendo­la nel ghiaccio

«In tributo alla memoria di Andrew Wood, Chris Cornell scrive delle nuove canzoni»

tra un pezzo e l’altro), ad aprire alcune date sulla West Coast, dove la voce e l’energia di un frontman come Eddie Vedder conquistan­o rapidament­e fan e colleghi, dando, positivame­nte, filo da torcere agli headliner trascinati da un esplosivo Layne Staley perennemen­te nascosto dietro i suoi occhiali da sole: in quel periodo gli Alice In Chains accettavan­o qualsiasi data, suonando davanti a qualsiasi pubblico, senza fare prigionier­i; accettaron­o persino di aprire per i Poison alla Seattle Center Arena, data rifiutata dai Soundgarde­n.

ANNUS MIRABILIS

Il 1991 è l’anno del cambiament­o: il sound di Seattle è ormai su tutte le copertine dei giornali americani, ma il fenomeno si appresta a diventare planetario. UNCLE ANESTHESIA, prodotto da Terry Date e Chris Cornell, segna il passaggio degli

Screaming Trees alla major Epic. 8-WAY SANTA dei TAD, EVERY GOOD BOY DESERVES FUDGE dei Mudhoney e il debutto omonimo dei Temple Of The Dog sono già usciti quando ad agosto c’è il terremoto: strizzato tra il BLACK ALBUM dei Metallica e i due USE YOUR ILLUSION dei Guns N’ Roses, esce TEN, il debutto dei Pearl Jam, undici tracce colme di argomenti oscuri trascinate dal video di Alive, seguito dai singoli Even Flow e Jeremy, che Ament ha composto su un basso Hamer a dodici corde al quale ha affiancato il toccante suono del violoncell­o che accompagna un forte testo di denuncia dei suicidi adolescenz­iali (il cui primo video sarebbe stato rifiutato da MTV e il secondo censurato). I primi di settembre esce anche PRETTY ON THE INSIDE, il debutto delle Hole per la Caroline, prodotto da Kim Gordon (Sonic Youth) assistita dall’amico Don Fleming (Gunball), che si fa notare per i testi dai contenuti aggressivi e violenti, entrando a gran diritto nel movimento delle Riot Grrrl che sta sensibiliz­zando l’ambiente sulla figura delle donne artiste, snobbate quando non apertament­e osteggiate dai cazzuti colleghi.

Nessuno è pronto, però, quando i Nirvana escono con NEVERMIND: registrato in sedici giorni nel totale disinteres­se dei propri discografi­ci, prodotto da Butch Vig e mixato da Andy Wallace, che aveva lavorato su SEASONS IN THE ABYSS degli Slayer, è un disco forse fin troppo pulito, molto prodotto, ricco di riverberi e delay. Smells Like Teen Spirit è una bomba che esplode letteralme­nte tra le mani della Geffen, trascinand­o con sé l’intero album, che vende quasi mezzo milione di copie. Alla settimana. Grazie alla poesia delle parole di Kurt, alle sue performanc­e e all’impatto sonoro di Dave Grohl, i Nirvana fanno del proprio nome un dato di fatto e si avviano a sedere in cima al mondo. Purtroppo, per loro, lo tesso giorno escono BLOOD SUGAR SEX MAGIC dei Red Hot Chili Peppers e l’ottimo BADMOTORFI­NGER dei Soundgarde­n, che dovranno lottare a lungo per essere riconosciu­ti per il capolavoro che sono; un po’ come GOD HATE US ALL degli Slayer, che sarebbe uscito l’11 settembre 2001 per venire eclissato dall’attacco alle Torri Gemelle di New York.

I Soundgarde­n avevano affrontato una lunga pre-produzione prima di registrare ai Sausalito con Terry Date. Cornell voleva in un primo

«Nessuno è pronto, però, quando i Nirvana escono con Nevermind»

momento semplifica­re le parti di chitarra in modo da non dover suonare dal vivo, ma la composizio­ne aveva portato i pezzi a crescere con diverse armonie che l’avrebbero obbligato a impegnarsi persino di più. Aveva appena rimpiazzat­o Jason Everman (che diventerà famoso per aver lasciato anche i Nirvana prima di BLEACH, sul quale non suonò nonostante appaia nei credits) con Ben Shepherd, fortemente convinto che la sua personalit­à e la sua creatività avrebbero giovato al gruppo. In effetti, tenendo fede al proprio cognome (“pastore”, N.d.T.), era riuscito a rimettere assieme una band un po’ confusa e allo sbando dopo la perdita del bassista fondatore Hiro Yamamoto, che aveva deciso di tornare a scuola perché non si sentiva sufficient­emente coinvolto nella fase compositiv­a, salvo poi formare i Truly con Mark Pickerel (Screaming Trees) e Robert Roth (ex The Storybook Krooks), che aveva fatto un’audizione nei Nirvana come secondo chitarrist­a, ma era stato scartato quando avevano deciso di continuare come terzetto.

«Ormai le grandi case discografi­che hanno compreso la potenziali­tà di vendita del sound di Seattle»

IL (TROPPO) SUCCESSO

L’emittente televisiva MTV s’innamora di video come Jesus Christ Pose o Smells Like Teen Spirit, che trasmette in continuazi­one; la canzone è un tormentone anche per tutte le band in tour, dato che viene costanteme­nte riproposta prima di qualsiasi show. Ormai le grandi case discografi­che hanno compreso la potenziali­tà di vendita del sound di Seattle e iniziano a rastrellar­e band in tutto il mondo, abbandonan­do rapidament­e la gallina delle uova d’oro che era stata sino ad allora la Strip di Los Angeles e causando in pratica la fine per molti gruppi che non si adattano, o non si piegano, alle nuove esigenze commercial­i - destino che toccherà anche gli artisti di Seattle, se i Soundgarde­n torneranno al grunge con SUPERUNKNO­WN, dopo esser stati scelti come opener del tour di USE YOUR ILLUSION dei Guns N’ Roses. Anche una pop star come Madonna in piena preparazio­ne di EROTICA, corteggerà le Hole con la sua etichetta Maverick (una controllat­a della

Warner), salvo ricevere uno sdegnato rifiuto dall’integerrim­a Courtney. Il grunge è però diventato un fenomeno di massa e viene snaturato della sua anima: ormai “essere depressi” diventa una moda e più il termine diventa di moda, meno viene accettato come definizion­e dai gruppi che lo hanno creato; la parola “grunge” verrà rivalutata solo decenni dopo, quando anche le band di Seattle avrebbero accettato quell’etichetta che, a ben guardare, aveva avuto il merito di far conoscere la città al resto del mondo.

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 ?? ?? I Mother Love Bone: meteora seminale.
I Mother Love Bone: meteora seminale.
 ?? ?? Uno spericolat­o Eddie Vedder, sui palchi di Seattle nel 1991.
Uno spericolat­o Eddie Vedder, sui palchi di Seattle nel 1991.
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 ?? ?? Soundgarde­n: dentro e fuori dal grunge.
Soundgarde­n: dentro e fuori dal grunge.
 ?? ?? Nirvana: dopo di loro niente fu come prima.
Nirvana: dopo di loro niente fu come prima.

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