TOM MORELLO
Una chiacchierata con uno dei chitarristi più influenti degli ultimi trent’anni, anima dei Rage Against The Machine e degli Audioslave
Per circa quindici anni, Tom Morello ha venduto milioni di album e ha suonato sui più importanti palchi del mondo, prima con i Rage Against The Machine e poi con gli Audioslave. Responsabile di alcune delle più selvagge chitarre mai ascoltate, la sua carriera spazia dall’attivismo politico all’insegnamento, all’attività solistica sotto il nome di The Nightwatchman. All’uscita del terzo disco degli Audioslave (“Revelations”2006), Tom si è preso il tempo necessario per un consono press-tour e ci ha incontrati al Metropolitan Hotel di Mayfair, dove ci ha accolto con la sua Budweiser Les Paul e dove gli chiediamo qual è la sua ricetta per sopravvivere nel music biz.
«Scelgo le mie chitarre in modo decisamente non tradizionale. Questa, in tutta la mia collezione, era la peggiore. Quella più brutta, quella che suonava peggio. Non so in che modo sia finita sul mio tour bus. Una sera, in studio, avevamo finito di registrare e nel parcheggio mi sono messo a bruciare il logo della Budweiser con un accendino. Sembrava quasi carina, così quando ho finito, l’ho passata con la carta vetrata. Era bellissima, ma continuava a suonare da schifo. Allora ho fatto cambiare la tastiera e gli ho fatto mettere dei pickup Ace Frehley e quando è tornata era fantastica. È diventata una delle chitarre più usate su “Revelations”. Mi sono accordo che tendo a scrivere i miei pezzi per la chitarra che uso in quel momento e quindi quella chitarra ha impostato il suono dell’intero disco». Ogni gruppo ha una propria dinamica tra i suoi membri, qualcosa che va dalla dittatura alla democrazia. Tom spiega come il processo di scrittura negli Audioslave non potrebbe essere più lontano da quello dei RATM: «Con gli Audioslave è divertente comporre perché tutte le idee vengono considerate e lavorate da tutti: siamo in quattro, chiusi in una stanza e scriviamo tutti assieme, dividendo la libertà della creatività. Non sono mai stato in un gruppo così prima d’ora, c’era sempre qualcuno che diceva no a priori, che è il modo migliore di uccidere la creatività. Il primo disco dei Rage era fatto così, c’era rispetto reciproco per le idee tutti, poi è andato tutto a puttane, era il conflitto globale… non credo che nessuna mia idea dopo il 1993 sia piaciuta a Zack (De La Rocha, il cantante dei RATM, nda). Quei pezzi suonati davanti a sedicimila persone che saltavano su e giù la dicono diversa, ma avevamo idee differenti su come sarebbe dovuto essere il nostro sound. Andava bene per della musica incazzata, ma è stata una battaglia accanita».
Il guru o il realista?
Per “Revelations”, gli Audioslave hanno deciso di lavorare con Brendan O’Brien, che aveva manovrato la console dei RATM e aveva mixato “Superunknown” dei Soundgarden: «Brendan è un amico e un compagno da diversi anni. Ha iniziato la sua carriera come ingegnere di Rick Rubin ma i due avevano un approccio decisamente differente, anche se ottenevano risultati eccelsi. Rick è più del tipo ‘guru’, che ha da ridire sul colore dei pantaloni che porti sul palco, mentre Brendan è più terra-terra e molto all’avanguardia con le sonorità contemporanee. Volevamo lavorare con lui perché dopo il tour di “Out of Exile” volevamo catturare il crudo e splendido suono che avevamo in quel momento. Lui era l’uomo che poteva farlo. Una cosa che quei due hanno in comune è che entrambi hanno sempre da dire sugli assolo di chitarra, sono tutti e due molto tradizionalisti. Brendan è un bravo chitarrista, fa commenti precisi su quale accordo vorrebbe, oppure su che linea canora dovrebbe tenere Chris; Rick fa arrivare dei suggerimenti quasi per caso». Anche se ognuno di noi vorrebbe la sua parte di ampli e chitarre vintage in studio, la procrastinazione è la nemica della creatività: con tonnellate di strumentazione a tua disposizione, la soluzione risiede nella spontaneità: «Con Brendan ti concentri sulla performance. Non passa dieci giorni a cercare il perfetto suono di batteria e poi altri dieci giorni a preparare le chitarre: per lui la cosa più importante è catturare l’ispirazione del momento senza usare poi ProTools. Preferisce trovare l’ispirazione dal vivo al posto che crearla dopo digitalmente, cosa che oggi fanno tutti troppo spesso. Io dalla mia ho ampliato la scelta della strumentazione: normalmente uso lo stesso settaggio per qualsiasi concerto e qualsiasi disco, letteralmente lo stesso settaggio che ho segnato sull’ampli alla fine degli anni Ottanta! Questa volta ho voluto provare qualcosa di nuovo e ho aggiunto un vecchio Vox e un altro paio di ampli vintage della collezione di Brendan. È stato molto divertente!».