GLI SPARI SOPRA Vivere. E non essere mai contento
L’energia, la sincerità, lo strazio, il rock duro: Vasco è tornato, dopo un lungo silenzio durato quattro anni
Il decimo Lp di Vasco è una superproduzione internazionale, registrata tra Bologna, Mogliano Veneto e Los Angeles sotto la direzione di Guido Elmi e dello stesso Rossi. Insieme, i due mettono in fila ben 14 tracce, un numero mai toccato prima per un disco di studio. C’è da dire che dietro a questo progetto decisamente ambizioso c’è un Vasco diventato padre (ormai oltre la soglia dei 40 anni, siamo nel ‘93) e il ritorno a casa del gruppo dei fuoriusciti, i chitarristi Solieri e Riva e il produttore Elmi, che cinque anni prima lo avevano lasciato per tentare una carriera indipendente. Alla fine, GLI SPARI SOPRA sarà acquistato da un milione e 100 mila fan, diventando uno dei dischi più venduti in Italia. È solo una, però, la canzone interamente scritta da Vasco Rossi (Walzer di gomma), tutte le altre sono realizzate con la collaborazione dei vari fedelissimi (fuoriusciti compresi), cioè Solieri, Ferro, Riva, Elmi, Casini. Dave Stewart (ex Eurythmics) ha composto la musica di Hai ragione tu, mentre la title-track, Gli spari sopra, è una cover di Celebrate, un pezzo degli An Emotional Fish, ma con testo interamente riscritto da Vasco. Notevole anche la line-up messa in campo: tra italiani e americani, in tutto una trentina di musicisti. Tra gli italiani, oltre ai soliti noti (Riva, Ferro, Melotti, Golinelli ecc.) da ricordare Vitolo (piano e Hammond), Zanotti per le orchestrazioni, Pino Daniele per l’assolo di Hai ragione tu e il solito ottimo Biancani come responsabile del suono. Decisamente impressionante la partecipazione americana, che vede schierati grandi signori del rock come il batterista Gregg Bissonette, il batterista Randy Jackson (vero micidiale motore di Gli spari sopra), il tastierista Jonathan Cain, il chitarrista Steve Farris e dal Brasile il genio percussivo di Paulinho Da Costa. Il risultato finale è la messa in musica di un disco che, come spesso accade con Vasco, alterna due distinte facce, una più lenta, sensuale e malinconica, l’altra più gridata, incazzata e adrenalinica. Il tutto ben confezionato dentro un rock che possiede ancora la bellezza e la ruvidezza degli anni 70 (tra Deep Purple e Led Zeppelin, tanto per capirci) ed è registrato in analogico (in piena epoca digitale), in modo da garantire un suono vero, immediato, potente, corposo, coinvolgente. Un suono pensato per il live, che poi è la cosa che Vasco sa fare meglio, pensato per il suo esercito di fan a cui tutto il disco è dedicato, e per essere cantato insieme con loro, dal primo all’ultimo brano. Naturalmente, il primo a essere convinto di tutto questo è lui, che mettendo un po’ le mani avanti spiega:
«Sopra perché gli spari volano alto. Sono per chi ha il coraggio di alzare la testa, per ogni uomo che si arroghi il diritto di camminare eretto. E non per quelli che invece strisciano per terra, per evitare di inciampare e per non rischiare» VASCO ROSSI
“Ogni volta che mi vengono dei dischi nuovi, non so mai se riuscirò a farne un altro, che ne so se mi vengono le canzoni… Stavolta è venuto particolarmente carico di energia”.
L’accoglienza da parte della critica è entusiastica e compatta. «Malgrado le chitarre e il ritmo che dominano il tappeto sonoro”, osserva Marinella Venegoni su «La Stampa», “GLI SPARI SOPRA è un disco rock soprattutto nello spirito; la rabbia e la polemica a sfondo sociale e di costume si rivelano anche nell’energia della musica, ma del cantautore finisce per emergere la vena più intima, esistenziale e sensuale…”. E su «L’Unità» Alba Solaro le fa eco scrivendo che “questa volta l’incazzatura di Vasco invece di essere l’espressione di una rivolta esistenziale, da gioventù sbandata e persa, assume i contorni di un generico impegno: Gli spari sopra potrebbe essere, è, una canzone politica, azzeccata per i nostri tempi”. L’apertura è un vero e proprio manifesto da concerto, Lo show, come un ripartire dall’intensità live e dalla potenza emotiva di FRONTE DEL PALCO (una vera e propria “orgia di anime”, secondo la definizione dello stesso Vasco): “Quello che so / È che tu sentirai / Tutta la rabbia che ho / Io sono qui / E tu conti su me… / Pensa che ridere! / Per me che conta soltanto la mia di solitudine! / Per una sera speriamo che sia / Almeno utile!”. L’energia, la sincerità, lo strazio, i primi segni che Vasco è tornato, dopo un lungo silenzio. E Lo show apre emblematicamente i suoni e le storie, subito condivise e messe in coro. Ma c’è anche la soggettività, la sua presenza, il suo carisma di fratellone e cattivo maestro, che insieme alla rabbia e alla polemica provocatoria, sa cantare anche la solitudine, la sensualità, la fatica di vivere (da ricordare una citazione di Child In Time dei Deep Purple, che aleggiano sull’incipit del pezzo, e l’assolo strepitoso della Fender di Solieri). Ed eccola Vivere, la ballata scritta insieme a Massimo Riva su musica di Tullio Ferro (“Vivere / E sperare di star meglio / Vivere / E non essere mai
contento / Vivere / Come stare sempre al vento / Vivere come ridere”), il pezzo più vero, suggestivo e sofferto di tutto l’album, grazie anche ai violini di Fio Zanotti e alla chitarra finale di Steve Farris. Ma è Gli spari sopra a lasciare il segno, trasformando l’innocuo brano della band irlandese in un vero e proprio grido (“armato”) da battaglia: “Sopra”, spiega Vasco, “perché gli spari volano alto… Sono per chi ha il coraggio di alzare la testa, per ogni uomo che si arroghi il diritto di camminare eretto… E non per quelli che invece strisciano per terra, per evitare di inciampare e per non rischiare Gli spari sopra, appunto”. A portare in giro il pezzo per mezzo mondo ci penserà il videoclip girato da Stefano Salvati a Los Angeles, in un penitenziario che ricorda tanto quello di Alcatraz. E ancora gli altri brani, con la stessa intensità, meraviglia, spavento, un disagio che diventa imbarazzo in Gabri (“È stata colpa mia / Tu hai 16 anni e io… / Con le mie mani tra le gambe / Diventerai più grande…”); da ricordare infine anche Delusa, che fa riferimento alle ragazzine di Non è la Rai di Gianni Boncompagni; e Stupendo, che è invece dedicata a quelli della generazione di Rossi passati alla politica… Insomma, un Vasco in gran forma, che si conferma ancora una volta il grande unico padre degli adolescenti incazzati e insieme l’unico vero custode del rock italiano.