CANZONI PER ME It’s my life
Superata la boa dei 45 anni, hai solo due strade davanti: cadere nel dimenticatoio, adagiandoti tra le vecchie glorie di un’epoca lontana e dimenticata, oppure confermarti come una star, un mito, una leggenda
La fine del millennio vede Vasco come altri grandi della sua generazione a un punto di svolta: deve trovare un linguaggio capace di rinnovarsi e di raggiungere le nuove generazioni, senza tradire il pubblico della prima (e seconda, e terza) ora. Prima di tutto, il look: Vasco, come un Sansone al contrario, si ringiovanisce e trova forze fresche anche grazie a un nuovo taglio di capelli, più consono all’uomo maturo che è ora (“Era da un po’ che mi sentivo la brutta copia di me stesso. Tagliandomi i capelli sono rinato”). Dopodiché, basta col sound del passato. Ed è così che nell’aprile del 1998 i negozi di dischi, ancora non toccati dallo tsunami Napster, si vedono consegnare CANZONI PER ME, ultima fatica del Komandante in studio per il millennio morente.
Con l’intenzione di valorizzare canzoni lasciate nel cassetto e mai entrate in altri dischi (come La favola antica, provino già in mano ai collezionisti dagli anni 80, o Idea 77, che nello stesso titolo ha il proprio anno di concepimento), Vasco Rossi e Guido Elmi chiedono espressamente a Celso Valli, scelto come produttore dell’album, di dare più respiro alle canzoni: di conseguenza, CANZONI PER ME rinuncia all’obbligo delle chitarre elettriche ovunque e comunque, preferendo un gusto sicuramente più acustico rispetto al passato, a tratti esotico e lontano dal cliché del Blasco casinista rumorista rock. Lo facilitano i nomi dei musicisti coinvolti: accanto all’ormai fidato Stef Burns alle chitarre, ecco comparire tra gli altri Mike Landau, Vinnie Colaiuta e Tony Levin, garanzie di qualità. Il grande classico, la canzone che dà l’abbrivio al resto del progetto, è Io no…, scritta a quattro mani insieme a Stefano Bittelli: una power ballad di rancore mai sopito nei confronti di un amore vecchio di vent’anni – quello con “la femminista” – che ora Vasco riesce a dimenticare grazie a Laura Schimdt, sua compagna fissa da qualche anno. Ed è proprio alla Schimdt che è dedicato il brano più straniante del lotto, quella Rewind così esplicita nei dettagli e nelle richieste: “Vorrei stringerti le braccia, le braccia attorno al collo e baciarti, baciarti dappertutto, vorrei possederti, sulla poltrona di casa mia, con il rewind”. Il testo viene da un’introduzione intitolata A meno che, scritta dal Komandante per il suo Diario di bordo, il libro uscito nel 1995 per la Mondadori, e per l’appunto dedicata a Laura Schmidt. O così almeno Vasco le fa credere, tanto che lei dirà: “Se questa descritta qui non fossi io, giuro, giuro che a Vasco gli avrei staccato la testa.
[…] E a Vasco gliel’ho fatto giurare: dimmelo che quella del rewind sono io. Dimmelo… Lui ha detto sì”. Gaetano
Curreri, autore della parte musicale, realizza insieme a Celso Valli un perfetto singolo radiofonico dalle inedite sonorità dance elettroniche, capace di rendere Vasco non solo attuale ma anche appetibile per una nuova generazione che non ha (ancora) ascoltato BOLLICINE.
Le altre canzoni dell’album, singoli compresi, stupiscono per la diversità e la forza degli arrangiamenti: E il mattino, opener e quarto singolo, ci proietta nel suono delicato e sognante dell’album, su di una melodia leggera e fresca che non può non nascondere quella malinconia nota a chi conosce bene il Signor Rossi, perché “è Natale fra poco, e l’allegria la mettiamo nei cassetti”. La successiva L’una per te, introdotta da una chitarra quasi flamenco, si muove invece con i lenti passi di un tango emiliano tra sonorità in maggiore e minore, in un costante singhiozzo ritmico che collassa nello stop and go dei versi “Se guardi in alto c’è ancora la luna”, prima di un finale ricamato dai violini arrangiati da Celso Valli, per un delizioso nocturne che funge da perfetto contraltare e da risposta emotiva a E il mattino. Quanti anni hai mostra un
«Se questa descritta qui (in Rewind) non fossi io, giuro che a Vasco gli avrei staccato la testa» LAURA SCHMIDT
«Ti ho pensato sai stasera, ti ho pensato poi la sfiga, mi ha telefonato lei per prima, non ho saputo dir di no, sai che storia c’era»
volto inedito del Blasco, che entrato nell’età della maturità, deve affrontare il tempo che passa e le sue conseguenze. Vasco è un uomo di enorme successo e di mezza età che deve imparare a gestire le tentazioni della vita on the road, tanto quanto il proprio presente sentimentale. “Quanti anni hai, bambina? Quanti me ne dai stasera?”, canta Vasco, che risponde così alla domanda se le canzoni siano state ispirate dalle proprie avventure: “Ci mancherebbe. It’s my life, è la mia vita”, “Anche quando in Quanti anni hai parla di una ragazzina che la tenta?”, “Ma è proprio una carogna a fare certe domande”. Sta di fatto, verità o finzione narrativa, che Quanti anni hai “alla lunga è forse la canzone più bella del disco”, secondo Vasco e anche secondo noi.
Ma quello che conferma CANZONI PER ME come uno dei migliori dischi di Vasco, almeno tra i più recenti, è la qualità degli altri brani, che fungono da contorno ma nondimeno catturano e conquistano. Laura rispolvera l’anima cantautorale degli esordi, quella più agrodolce e intima, dove la protagonista “aspetta un figlio per Natale”, o meglio “Laura aspetta un figlio per errore, però lei dice che si chiama amore”, mentre i già citati La favola antica e Idea 77 sono brani di un tempo perduto che ritrovano veste nuova sul disco, con il primo, unico brano del disco a non aver mai avuto il battesimo del palco, a essere concettualmente un blues ispirato a Zucchero, secondo le intenzioni del Blasco, ma che in realtà ha più delle nursery rhymes, mentre Idea 77 è un lento crescendo che esplode in un gigantesco coro, con l’impatto di una gigantesca orchestra di paese fritta sulla graticola elettrica di Stef Burns.
Il rocker di Zocca, come ormai lo chiamano tutti, riesce nonostante tutto a rinnovare la propria formula e a garantire un successo che in Italia non conosce più uguali. Apoteosi del Divo Vasco sarà la prima edizione dell’Heineken Jammin’ Festival, dove per vederlo dal vivo accorreranno più di centoventimila spettatori, numeri pensabili almeno fino a quel punto soltanto per le grandi star del panorama internazionale. Ulteriore conferma – sempre che ce ne fosse ancora bisogno – dell’enorme successo dell’album e di Vasco è la vittoria al Festivalbar del 1998, la seconda della sua carriera, grazie a Io no… Proprio durante la manifestazione televisiva, Vasco proporrà (in playback) oltre che la canzone vincitrice anche L’una per te, insieme a Massimo Riva. Questa, purtroppo, sarà l’ultima apparizione televisiva del chitarrista, stroncato qualche mese dopo da un’overdose di eroina. La scomparsa di Riva segna la fine di un’epoca per il Blasco e la sua “combriccola”, che perde forse il suo punto centrale, l’amico fidato e il compagno d’infinite avventure. Non c’è concerto da quel giorno in cui Vasco non ricordi e saluti l’amico Massimo, tributandogli l’omaggio del pubblico riconoscente.