The Rolling Stones
Ormai a freddo, benché siano trascorsi solo pochi giorni dalla scomparsa di Charlie Watts, ci troviamo a porci l’inevitabile quesito: “E adesso cosa ne sarà degli Stones?”. E mentre cerchiamo una risposta, sentiamo le parole di Charlie e ricostruiamo la loro incredibile avventura discograf ica.
Ormai a freddo, benché siano trascorsi solo pochi giorni dalla scomparsa di Charlie Watts, ci troviamo a porci l’inevitabile quesito
“e adesso cosa ne sarà degli Stones?”.
Ecosì Charlie Watts se n’è andato lo scorso 24 agosto, a ottant’anni compiuti da un paio di mesi. Alla pari di Mick Jagger e Keith Richards è l’unico ad aver suonato in tutti gli album dei Rolling Stones e, come spesso è stato detto dai suoi compagni, era l’elemento equilibratore della band; visto da fuori, così elegante e posato, era il gentleman che non si capiva bene come facesse a spendere le sue giornate con quei ragazzacci. Diversamente carismatico ma ugualmente speciale, nell’approccio al suo strumento così come negli atteggiamenti pubblici e privati, e su questi temi ci si potrebbe e dovrebbe dilungare se queste righe fossero – cosa che non sono – un necrologio. Ormai a freddo, benché dalla scomparsa siano trascorsi solo pochi giorni, ci troviamo invece a porci l’inevitabile quesito “e adesso cosa ne sarà degli Stones?”.
Alzi la mano chi ha davvero pensato che la morte di Watts avrebbe comportato l’immediato addio alle scene del gruppo. Le braccia rimangono tutte giù, com’è logico: in una holding non c’è spazio per i sentimenti, “show must go on” e lui non avrebbe certo voluto lo stop dei superstiti. È cinico, ma sensato: gli accordi per il tour americano di settembre erano stati fissati da un pezzo e annullare non era nemmeno una remotissima opzione, tanto più che il vecchio amico (di Keith) Steve Jordan aveva in pratica già preso posto sullo sgabello; dell’assenza di Charlie da quelle date, dovuta a problemi fisici, si era d’altronde saputo da inizio agosto, e allora perché speculare sull’impossibile? Inoltre, volete che il nuovo album di canzoni inedite atteso dal 2005 di A BIGGER BANG, resti negli archivi? Figuriamoci, di materiale inciso ce n’è e quello che non è completato si può mettere a punto per confezionare un omaggio alla memoria, uno su cui gli amanti delle banalità più spinte e dei sensazionalismi vorranno vedere un testamento spirituale. E dopo? Dipenderà dalla salute dei Glimmer Twins, gli unici insostituibili… sebbene Jagger, qualora sopravvivesse a Richards, sarebbe probabilmente capace di tenere in vita il brand; non per i guadagni, che comunque schifo non gli fanno, ma per l’ego e per migliorare i record di durata della leggenda. A finire (forse: non è da escludere che ne verranno diffusi solo con i Glimmer Twins) saranno i meme puntualmente apparsi in Rete ogniqualvolta una stella scompariva dal firmamento del rock, quelli con una foto degli Stones soddisfatti e scritte tipo “anche quest’anno muoiono gli altri”.
Però, però… qualcosa fa credere che dopo l’album di studio “in arrivo”, che sarà il ventiseiesimo o il venticinquesimo della carriera (dipende da come si vuol considerare 12X5), i nostri eroi potrebbero optare non per la pensione ma per il ritiro della sigla. Vero che la consuetudine “impone” di non fermare la macchina, ma qui la situazione è ben diversa da quella degli Who senza Keith Moon (e John Entwistle), da quella ancora più clamorosa dei Queen senza Freddie Mercury o da quella per parecchi versi grottesca dei Doors senza Jim Morrison (escludiamo i Led Zeppelin, che con la tragedia di John Bonham hanno di fatto suggellato la loro storia). Lì si trattava di musicisti trenta/quarantenni, mentre qui abbiamo a che fare con un settantottenne, un quasi settantottenne e un settantaquattrenne che, insomma, potrebbero pure averne le palle piene di registrazioni, palchi e camere di hotel di superlusso. Al di là di quel che Mick continua sculettando a cantare, con buona pace del giovane se stesso che non ci si vedeva a farlo a trent’anni, di satisfaction ne hanno avuta tutti un bel po’, e spegnere i riflettori prima di essere obbligati a farlo potrebbe essere una buona idea, lasciando il ricordo di spettacoli “industriali” finché si vuole ma certo più che soddisfacenti.
In attesa di capire cosa abbia in serbo il futuro, perché non volgere lo sguardo indietro, ai cinquantotto anni di dischi spesso magnifici nei quali Charlie Watts, icona di coolness e anti-rockstar, ha picchiato su piatti e tamburi? Ce lo faranno sentire vivo, e soprattutto faranno sentire noi più vivi che mai.
Keith Richards, Charlie Watts, Mick Jagger e Ron Wood insieme su un palco: ecco un’altra foto che non vedremo più. Charlie Watts è scomparso lo scorso 24 agosto, all’età di 80 anni.