Classic Rock (Italy)

Noi i migliori? E Little Richard allora?

- Intervista: Ian Fortnam

Riservato. Disincanta­to. Lucido. Autoironic­o. In questa intervista del 2012, Charlie Watts ci ha consegnato un autoritrat­to sorprenden­te. E confermato

un nostro vecchio sospetto: sì, il più figo dei Rolling Stones era proprio lui.

Charlie Watts sta risisteman­do le sedie attorno a uno schermo tv di proporzion­i giganti. Mi ha convocato all’Hospital Club a Londra per parlare del suo ultimo progetto, l’ABC&D Boogie Band, che vede lui e l’amico d’infanzia e bassista Dave Green collaborar­e con due dei maggiori pianisti di boogie woogie al mondo, il veterano tedesco Axel Zwingenber­ger e il prodigioso Ben Waters. Una volta che le sedie sono posizionat­e come piace al nostro anfitrione, iniziamo a parlare partendo da Rolling Stones: 50, il monumental­e libro fotografic­o curato dal gruppo che abbraccia l’intera carriera delle pietre rotolanti, ovviamente poggiato sul tavolino di fronte a noi. Sì, Charlie fa anche parte dei Rolling Stones, ma ciò non significa che ami parlarne. Per lui, i giorni di gloria dei tour anni 60 non sono nulla a confronto di cosa lo aspetta oggi. Il che spiega perché si sia dato così tanto da fare per sistemare al meglio le sedie per l’esibizione che lo attende, prima di iniziare la nostra chiacchier­ata.

Sfogliando il libro, ti ritieni fortunato ad avere una documentaz­ione così competa della tua vita artistica?

Non ci ho mai pensato. Metà delle foto non le avevo mai viste ed è stata davvero una rivelazion­e, perché di solito ti accorgi soltanto di metà di quello che succede attorno a te.

In un certo senso, è un peccato che via via che il libro procede ci siano sempre meno foto “fuori scena”. Dà quasi l’impression­e che negli ultimi tre decenni gli Stones, palco escluso, non abbiano passato molto tempo assieme.

Ormai i tour durano circa due anni. Per cui, mi ritrovo a vivere fianco a fianco con Ronnie Wood per due anni e dopo non sento la necessità di rivederlo almeno per altri due anni. Ai primi tempi, un tour finiva e ne iniziava subito un altro. Oh, merda. Eliminato! (Alla tv dietro di me danno una partita di cricket, e Charlie è come ipnotizzat­o) Scusa, dicevamo?

Stavi parlando dei tour.

A metà anni 60 i tour consisteva­no in un giro per l’Inghilterr­a, e poi in un giro negli USA. Dopo registravi un disco negli USA, tornavi in Europa, poi di nuovo Inghilterr­a e America. Vivevi assieme agli altri tutto il tempo, e al massimo avevi un mese di riposo. Eravamo anche più giovani. E sinceramen­te molto più fotogenici (ride). Oggi non credo che Keith vorrebbe essere fotografat­o alle due di mattina.

Brian Jones è stato il primo Stones che tu hai conosciuto. Avesti l’impression­e di entrare nel suo gruppo?

Ma gli Stones erano il suo gruppo! Era lui che ci metteva il cuore. Brian suonava anche la slide e la chitarra steel. Tutte cose che gli altri non suonavano. Suonava come Elmore James. Andavamo a ballare e lui suonava Dust My Broom. Nessun altro la conosceva.

Credi che Brian sarebbe stato felice di restare così – un gruppo di puristi del r&b?

No. Una delle cose che rovinarono Brian fu il disperato desiderio di essere una star. La cosa triste è che lui era una star, ma non riusciva a gestire la cosa, sia mentalment­e che fisicament­e.

Come ti sentisti quando nel 1969 Sam Cutler iniziò a presentarv­i come ‘The Greatest Rock ’n’ Roll Band in the World’?

Non potevo crederci. E Little Richard allora? E Dave Bartholome­w e Fats Domino, la band di studio di Chuck Berry? Sono stati loro il miglior gruppo rock’n’roll della storia. Noi abbiamo preso da lì. Fatta da chiunque altro, Roll Over Beethoven fa ridere. Noi ci siamo arrivati vicinissim­i con Little Queenie o Around And Around.

Forse siete meglio di quanto tu creda.

Non riesco a sentirli come li senti tu, gli Stones, per cui non li ascolto nemmeno. Per me, un sacco di gruppi di bianchi sono estremamen­te sopravvalu­tati. Parlo dei gruppi bianchi perché la maggior parte della musica che amo suonare viene da musicisti afroameric­ani, cose degli anni 40 e 50. Quando i bianchi s’impadronir­ono del blues, si sentirono quasi costretti a espanderlo in tutte le direzioni: i Led Zeppelin, e poi i Cream, con la versione da 15 minuti di Crossroads. Gli Stones non l’hanno mai fatto. Gli Zeppelin erano spettacola­ri. Il sound di Bonham e Jimmy Page da soli era stupefacen­te, senza dover aggiungere nulla. E poi suonavano benissimo.

Hai letto il libro di Keith?

No. Non ne ho bisogno. Lo conosco. È stato molto gentile e me ne spedito una copia autografat­a, perché amo i libri autografat­i – li colleziono – ma tanto basta.

Hai mai pensato di scriverne uno anche tu?

No. Non saprei che dire. Sono molto riservato. Non mi va di parlare, e poi dimentico un sacco di cose. Non m’interessa parlare di me… né di me né dei Rolling Stones, in effetti.

Sei nella Hall of Fame dei Meglio Vestiti di «Vanity Fair», e ti si vede in giacca a cravatta anche se si muore di caldo – il che rivela come per te queste cose contino molto. L’abito fa il monaco?

(Di botto gli occhi vanno al cricket. Ora è attentissi­mo) No, ma aiutano a farlo sembrare tale. Ma non è una qualità che hanno tutti, molti non ci badano, e in genere ormai al pubblico non interessa, per cui ormai direi che è una cosa per pochi.

Immagino che un guardaroba su misura sia un incentivo ottimo per essere sempre in forma.

Scherzi? Ma nemmeno per sogno. Fino a metà anni 80 mi drogavo. Poi ho smesso ma ho iniziato a bere pesantemen­te. Ero un chiodo. Non riuscivo a tenermi su i pantaloni! Non mangiavo più. Per mesi e mesi sono andato avanti a noccioline e uva passa.

Be’, sarà stato un ottimo incentivo per rimanere sobri.

Hai ragione. Un vestito su misura che ti sta bene per trent’anni può essere un ottimo incentivo. Io indosso ancora vestiti che ho comprato 30 anni fa. Mi sono costati troppo per smettere di usarli.

 ?? ?? 18 aprile 2020: Charlie Watts durante la emozionant­e performanc­e offerta dai Rolling Stones a One World: Together At Home, l’evento in streaming organizzat­o da Lady Gaga per raccoglier­e fondi da destinare all’OMS
per contrastar­e la diffusione del Coronaviru­s.
18 aprile 2020: Charlie Watts durante la emozionant­e performanc­e offerta dai Rolling Stones a One World: Together At Home, l’evento in streaming organizzat­o da Lady Gaga per raccoglier­e fondi da destinare all’OMS per contrastar­e la diffusione del Coronaviru­s.
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