Fontaines D.C.
Skinty Fia
Che fossero superiori alla media, i Fontaines D.C., lo si era già capito ai tempi dell’esordio DOGREL, così fresco, frenetico e zeppo di ipnotici ritornelli che ti rimanevano ficcati in testa. Valse al quintetto di Dublino una nomea pericolosa, quella di “salvatori del rock” – in un periodo in cui la musica con chitarre sembrava in difficoltà – alla quale risposero con audacia con un “difficile secondo album” (A HERO’S DEATH) in cui scelsero di aprirsi, di evolversi – dall’iniziale rude post-punk alla Joy Division, Fall e P.I.L. – a sonorità più varie e mature. Ora questo terzo album, ancora con Dan Carey sulla sedia del produttore, è un ulteriore passo avanti. C’è (un po’ meno) rabbia giovanile e meno fregola. Ci sono più canzoni “fatte e finite” e più atmosfere (brumose, di quelle che s’incontrano tra Dublino e Londra), là dove Big Shot ricorda gli avvolgenti U2 degli anni 80 e Jackie Down The Line è una perfetta filastrocca pop, di quelle in grado di scalare le classifiche. C’è, come sempre, tanta Irlanda, sia nei testi di Grian Chatten – filtrati di nostalgia dopo il recente trasferimento a Londra – che nel detour per fisarmonica The Couple Across The Way. Ma il melange perfetto, in cui le due anime – quella tormentata/arrabbiata e quella romantica – della band si ritrovano fianco a fianco – è I Love You, che inizia come una soffice ballad per esplodere quando non te l’aspetti in un’urticante dissonanza di chitarre alla Sonic Youth e in una performance vocale (di Chatten) alla John Lydon. Non ci piove: uno dei dischi più importanti dell’anno.