Taj Mahal & Ry Cooder
Get On Board
Più o meno cinquantasette anni: è trascorsa una vita, da quando il diciassettenne Ry Cooder e il ventiduenne Henry St. Claire Fredericks, Jr., in arte Taj Mahal, militavano assieme nei Rising Sons, proponendo il loro blues-folk nel circuito di Los Angeles. La vicenda durò poco e generò solo un 45 giri targato Columbia, ma grazie alle successive gesta dei suoi primattori fu parecchio mitizzata: uscirono perfino alcuni bootleg e nel 1992 l’etichetta ristampò il singolo in un Cd contenente ulteriori venti brani registrati all’epoca. Al di là delle questioni discografiche e dello scarso peso dei Rising Sons nell’epopea del rock, l’esperienza deve comunque aver segnato i due illustri ex: altrimenti, certo non avrebbero deciso di ritrovarsi per un album-tributo a Sonny Terry e Brownie McGhee, storici bluesmen che suonavano e incidevano molto spesso in coppia, il primo all’armonica e il secondo alla chitarra. “Ora siamo come quelli che avevamo come modelli quando iniziammo. Ed eccoci adesso, veterani… una gran bella opportunità di chiudere il cerchio”. Va da sé che a rendere speciale GET ON BOARD non sono tanto gli undici classici folk-blues rivisitati in modo rigoroso e – naturalmente – con perizia e classe. Il valore del disco è invece, soprattutto, nell’onestà, nell’amore che lo pervade, nello splendido gesto di due (non più) ragazzi che vogliono ricordare le loro radici e ringraziare i maestri ai quali si sono ispirati ora che il testimone è nelle loro mani. Nella speranza che altri giovani – anche più di Joachim, il figlio di Ry, qui elemento aggiunto – si guadagnino sul campo, e con lo spirito giusto, il diritto di raccoglierlo a loro volta.