Classic Rock (Italy)

I nichilisti del Rock

- Francesco Coniglio • francescoc­oniglio@sprea.it

«Forse che, dopotutto, proprio Kurt non era un ragazzino biondo asociale che aveva trovato un modo di sfogarsi con una chitarra, fra quattro mura, autodifeso dal mondo? Forse che, in una civiltà occidental­e data per l’ennesima volta al tracollo, col declino dell’industria pesante, la fine delle motivazion­i e delle certezze alimentate dalla guerra fredda, la riconversi­one tecnologic­a in atto, la diffusione dell’Aids, restava qualcosa di meglio che arrendersi allo smarriment­o e reagire con quella furibonda miscela di sgomento e di rabbia? Ma fu l’ultima fiammata, la morte insieme prematura e annunciata di Cobain ne annunciava altre. Molti, come il cantante degli Alice in Chains, Layne Staley, al suo funerale avrebbero potuto mestamente brindare “a chi lo seguirà”, a se stessi, ancora d’aprile. Morivano da rockstar, esattament­e come quelli contro i quali si erano posti nella loro vita di farfalle disperate».

Così concludeva un suo bell’articolo Massimo Del Papa nel 2005 scritto a caldo dopo la morte di Scott Weiland, il cantante della band Stone Temple Pilots e dei Velvet Revolver. Il pezzo s’intitolava “Generazion­e Grunge, i nichilisti del rock”. Un titolo calzante, ma limitativo. I nichilisti del rock non si ascrivono al grunge, ma rappresent­ano quella componente oscura che è costitutiv­a del rock. La lista dei caduti del rock non è lunga, è infinita e continuerà fino a che il rock sopravvive­rà, dunque per sempre. Quale grande band non ha subìto una perdita? Brian Jones dei Rolling Stones, Keith Moon degli Who, Jim Morrison dei Doors, Jimi Hendrix e Janis Joplin, Syd Barrett dei Pink Floyd, Freddie Mercury dei Queen, Kurt Cobain dei Nirvana, Bon Scott degli AC/DC, Sid Vicious dei Sex Pistols, Hillel Slovak dei Red Hot Chili Peppers, Dolores O’Riordan dei Cranberrie­s, e in questa mini lista ci sono solo i più celebri talenti del rock, altrimenti non basterebbe un numero della rivista per elencarli tutti… Ultimo, e non sarà l’ultimo, è Taylor Hawkins, il batterista dei Foo Fighters, stroncato da una miscela di dieci sostanze in una stanza d’albergo a Bogotà, in Colombia, il 25 marzo scorso. Non ci uniamo ai cordogli da Talent Show di cui è piena la rete, primi fra tutti quello del noto PR Dave Grohl o quello di un Paul McCartney che con le condoglian­ze evidenzia di aver suonato la batteria in un brano del compianto. Serve rispetto per chi muore per delle idee, sballate che possano essere, e Taylor Hawkins era un ragazzo che amava i Queen e i Police e la sua canzone preferita era All I Need Is The Air That I Breathe degli Hollies che musicalmen­te era un melenso pastiche pop tipico di Lee Hazlewood ma il cui testo di Albert Hammond deve averlo colpito nel profondo: “Non riesco a pensare a niente di cui ho bisogno, niente sigarette, niente sonno, niente luce, niente suoni, niente da mangiare, niente libri da leggere, a volte, tutto ciò di cui ho bisogno è l’aria che respiro, e per amarti”.

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In copertina: Queen
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