La nostra vita
Attivi dal 1983 al 1993, i sono stati una band-cardine dell’hardcore punk italiano e una di quelle con più riscontri all’estero. Due i motivi di attualità per puntare i riflettori su di loro.
Negazione
No, nessun ritorno: la scomparsa nel 2021 del bassista Marco Mathieu, compagno fisso del cantante Guido “Zazzo” Sassola e del chitarrista Roberto “Tax” Farano (accanto a loro hanno sfilato nove batteristi), esclude ogni comunque improbabile reunion. In compenso ci sono il libro Collezione di attimi del grafico DeeMo e le ristampe in vinile degli ultimi due album LITTLE DREAMER (1988) e 100% (1990); doveroso parlarne con la band, per la precisione con Zazzo, e con l’autore del ricco volume.
Da band non allineata a band ‘da «Classic Rock»’. L’avresti mai detto?
Oggi gli “allineamenti” si spostano rapidamente, in ogni campo, e ritrovarti tuo malgrado un “classico” è un attimo. Vedo comunque nuove generazioni interessate al suono e alle parole di quegli anni e mi piace soprattutto che molti ritengano i nostri testi ancora attualissimi. Penso che uno dei valori più importanti di uno scritto – testo, poesia, canzone, libro – sia sopravvivere alle epoche e trovare attualità nel tempo. In questo senso, essere “classico” va benissimo.
Cosa portò alla nascita dei Negazione e cosa alla loro fine?
Avvertivamo l’esigenza di comunicare e volevamo farlo principalmente suonando il più possibile, nei modi che ritenevamo più consoni, diretti ed efficaci. Questa spinta resse a lungo nel tempo alimentata dall’entusiasmo nostro e di chi ci stava intorno, quella sorta di famiglia che si creò naturalmente e inconsapevolmente. Furono anni molto intensi, veloci come la musica che suonavamo, pieni di vita e senza alcuna progettualità di carriera. Infatti, quando iniziammo a entrare in collisione col mondo musicale più ufficiale, arrivarono i primi dubbi e la spontaneità che aveva avviato tutto pian piano venne meno. Come Negazione non avevamo più nulla da comunicare… o, meglio, non volevamo più comunicare. Non c’erano più le condizioni e mai si sarebbero potute ricreare. Chiusa l’esperienza.
Una valutazione artistica del vostro percorso?
Col senno di poi mi sento di rivendicare ogni scelta fatta, dagli albori allo scioglimento. Di sicuro il periodo
più felice fu quello de LO SPIRITO CONTINUA, il primo Lp del 1986: gli anni del nomadismo europeo e degli infiniti tour, dei concerti quasi tutti i giorni e dei mille incontri in giro. Erano scambi che ti nutrivano e ti davano forze sempre nuove per continuare e rilanciare.
“Lo spirito continua” è diventato uno slogan molto usato in certi ambienti. Che eredità pensate di aver lasciato?
Tangibile e concettuale al contempo. Come dicevo prima, l’attualità delle parole scritte trenta o quarant’anni fa le rende fruibili per chi oggi si approccia a certa musica e certi pensieri. Ricordo che negli anni 80, quando mi capitava di leggere testi soprattutto italiani di gruppi beat, talvolta li trovavo ingenui e anche divertenti e altre volte al passo con i miei tempi, e mi chiedevo come epoche all’apparenza così diverse potessero riconoscersi in una prosa, nelle parole. Faccio lo stesso esercizio oggi per cercare di capire se quello che scrivevo e scrivevamo è sopravvissuto al tempo. E credo di sì.
«Col senno di poi, mi sento di rivendicare ogni scelta fatta, dagli albori allo scioglimento. Di sicuro il periodo più felice fu quello de LO SPIRITO CONTINUA, il primo Lp del 1986»
Zazzo
Un ricordo di Marco.
Marco è un vuoto incolmabile per chi lo ha conosciuto, nelle sue diverse vite. Per noi, che con lui abbiamo costruito un progetto, in quell’età dove tutto ti sembra possibile e in cui stai formando quello che sarai, è un’assenza grande. Anche se la vita e gli anni ci avevano portati su strade diverse, sopravvivevano tra noi piccoli riti: gli incontri rari ma costanti a Torino o Roma, le battute al telefono o sui social, le cose che ancora erano in ballo e che dovevamo portare a compimento.
Qual è stato il vostro coinvolgimento nel libro e che effetto vi fa vedervi “raccontati”?
Il libro è diventato un’occasione per chiudere un progetto. A lanciare l’idea è stato Massimo Roccaforte di Goodfellas, Tax e io l’abbiamo subito accolta e il naturale seguito è stato contattare DeeMo, autore di molte grafiche e cover, specie dei primi dischi. Il suo preziosissimo lavoro ha creato un’opera super, filtrata attraverso i suoi occhi di grafico, che tramite foto, volantini, manifesti e parole racconta la storia di una band attraverso il tempo. Un bell’effetto!