Klaus Schulze
Deus Arrakis
HS: 80
“Solo un cambiamento dell’indirizzo cosmico di Klaus”. Con questa semplice frase, il 26 aprile 2022 il sito personale di Schulze ha annunciato la sua morte, giunta improvvisa ma dopo una lunga malattia. Spostamento in altro piano cosmico che mette in una prospettiva diversa il suo recentissimo ritorno al ciclo Dune dello scrittore americano Frank Herbert, da cui prima Alejandro Jodorowsky a metà anni Settanta aveva tentato di trarre un’opera all’altezza della sua reputazione (mai realizzata, poi tramutatasi nel ciclo a fumetti L’Incal con Moebius e altri), poi nel 1984 David Lynch aveva tratto uno sfortunato e criticatissimo film, e infine (2021) soggetto del film di Denis Villeneuve la cui colonna sonora è stata scritta da Hans Zimmer (che aveva collaborato con Schulze nel brano Grains Of Sand sull’album THE DUNE
SKETCHBOOK, pubblicato a settembre 2021). Schulze aveva ripreso a lavorare su un tema a lui caro fin dal brano Frank Herbert nell’album X (1978) e dall’album DUNE (1979), creando tre lunghi brani, Osiris, Seth, e Der Hauch Des Lebens, con l’apporto della vocalist Eva-Maria Kagermann, del produttore Tom Dams, e di tracce d’archivio del violoncellista Wolfgang Tiepold, che aveva collaborato a DUNE di Schulze. Musica fatta di sconfinati immobili soundscapes o ritmata da lievi pulsazioni, di piccoli incessanti mutamenti che danno l’illusione della stasi. Dire che questa è una musica di passaggio a un altro piano cosmico sarebbe peccare di eccessivo, e forse offensivo, contenutismo. Prendiamo questa musica, se mai, come un herzoghiano “wild blue yonder” da abitare.