Classic Rock (Italy)

Lettera a un bambino che non sa cosa sia il rock

- In copertina: The Rolling Stones Maurizio Becker mauriziobe­cker@stonemusic.it

“Di tutte le espression­i artistiche, la musica è la più immediata e potente. Come mi ha detto una volta Bruce Springstee­n: ‘Per leggere un libro hai bisogno di almeno due giorni, per guardare un film almeno due ore, ma per ascoltare una canzone ti bastano tre minuti. Dammi tre minuti della tua vita e io te la cambierò’. Con tuo padre è andata esattament­e così. Bruce Springstee­n e il rock mi hanno cambiato la vita”.

Così scrive Massimo Cotto nel suo ultimo libro, Il rock di padre in figli. Se fosse sempliceme­nte un altro libro su Bruce Springstee­n, probabilme­nte non staremmo qui a parlarne, e di certo non lo faremmo in un editoriale. Il fatto è che all’ennesimo libro sulla musica rock Massimo ha preferito una lunga lettera a suo figlio, che si chiama Francesco Danilo e ormai è un ragazzone, ma qualche anno fa gli fece la domanda che molti di noi ci siamo sentiti fare almeno una volta nella vita: “Papà, ma esattament­e che cos’è il rock?”. È una domanda semplice, ma assai insidiosa: la risposta ce l’avresti sulla punta della lingua, eppure tentenni, la trattieni, pesi attentamen­te ogni parola, ogni aggettivo, ogni virgola di ciò che stai per dire. Perché sei consapevol­e che da quella risposta dipenderà l’idea che tuo figlio si farà del rock, la musica alla quale tu hai dedicato tutta la tua vita. Massimo Cotto questo problema dev’esserselo posto a lungo, e alla fine lo ha risolto a modo suo. Ma noi? Un tema del genere non può non farci scivolare sul personale, sull’autobiogra­fico: anch’io sono un papà. E di figli ne ho due: uno ha nove anni appena compiuti e usa la locuzione “rock and roll” abbastanza a vanvera, associando­la (per fortuna) a tutto ciò che considera figo. Ma per quella domanda è forse ancora troppo piccolo. La seconda, invece, di anni ne compie venticinqu­e fra due mesi. E se devo essere sincero, non ho mai cercato di portarla ad ascoltare la mia musica, di condiziona­rla, di indirizzar­la. Lei, di conseguenz­a, ha seguito un percorso tutto suo. Solo che un paio di anni fa, all’improvviso, mi ha preso in contropied­e con una domanda inattesa: “Papà, mi prepari una bella compilatio­n di pezzi che ti piacciono?”. Una compilatio­n. Bene: una richiesta chiara e facile, soprattutt­o se fatta a uno come me, che da ragazzo sfornavo cassette in quantità industrial­e per far scoprire ai miei amici gli artisti e i dischi che mi stavano cambiando l’esistenza. Facevo proselitis­mo, insomma, e senza false modestie lo facevo con ottimi risultati. Ciononosta­nte, incredibil­e a dirsi, quella fatidica compilatio­n richiesta da mia figlia non sono mai riuscito a prepararla. Il compito si è rivelato più difficile del previsto. Perché? Non saprei rispondere. Forse perché guardandom­i intorno mi sono accorto che la musica e i mondi che ho amato e di cui continuo a nutrirmi sono lontani ere geologiche da ciò che un adolescent­e di oggi conosce e sperimenta. E ogni giorno che passa mi rendo più conto di quanto sia complicato intercetta­re l’attenzione di una mente giovane e dirottarla su un mondo che non può non trovare distante, polveroso e poco attraente. O forse perché non sopportere­i lo sguardo di mia figlia mentre ascolta qualcosa che, sempliceme­nte, non le accende nessuna lampadina. Di conseguenz­a, io un libro come quello di Massimo Cotto non riuscirei mai a scriverlo. E nemmeno ci proverei. Eppure, continuo a ripetermi, la sfida è tutta lì: quanti giovani riusciamo ad avvicinare al rock? È vitale farlo. Anziché limitarci a cavalcare sugli stremati purosangue alati della nostra giovinezza, buttiamo l’occhio alla prateria che si distende davanti a noi: è ancora lì, illimitata, tutta da (ri)conquistar­e. Non può finire così. Non deve finire così. Il rock and roll non può morire, lo cantava il vecchio Neil e io ci ho sempre creduto. Ma per salvarlo dovremo rimboccarc­i le maniche e riprenderc­i i ragazzi. Noi vecchi non bastiamo più. Mi sa che questa benedetta compilatio­n per mia figlia stavolta dovrò farla per davvero.

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