Classic Rock (Italy)

An Englishman in L.A.

Per il loro sesto album, The Vaccines hanno accettato di farsi produrre da un loro fan. Il risultato? Un disco dal sound “umano”.

- Intervista: Francesco Donadio

Cosa c’è da aspettarsi dal sesto album della rock band inglese? Forse un sound un po’ più “americano” del solito, come è emerso dalla nostra chiacchier­ata con il frontman Justin Hayward-Young, che già da qualche tempo ha preferito il sole di Los Angeles (dove ha preso residenza) alle brume della natìa Londra.

Il disco l’avete inciso a Los Angeles, prodotti da Andrew Wells. Come mai proprio lui?

Andrew ha lavorato con un sacco di pop star [Halsey e Jason Mraz tra i tanti, ndr], ma da un punto di vista personale è cresciuto con l’indie rock, inclusi i Vaccines. Sono andato a prendere un caffè con lui e mi ha detto cosa gli piaceva dei Vaccines e cosa gli sarebbe piaciuto sentire da noi, come fan della band. È stata una conversazi­one interessan­te. Ma poi siamo andati in sala d’incisione insieme, per vedere cosa poteva succedere, e si è sviluppato questo sound che poi è diventato il suono del disco, un sound piuttosto “umano”.

Mi spieghi questo strano titolo – che non avete certo scelto a caso?

Mi è venuto in mente e non avevo chiaro da dove provenisse, tanto che mi è venuto il dubbio che stessi plagiando qualcuno. Quindi mi sono messo a “googlarlo” e mi sono reso conto che avevo ricordato male una strofa di Don McLean [“I was a lonely teenage broncin’ buck / With a pink carnation and a pickup truck” da American Pie, ndr]. Quella canzone parla della morte del sogno americano. E i temi del [nuovo] disco sono la perdita e la scoperta, il non sapere bene cosa si sta cercando. Quindi, mi ha colpito il fatto che all’inizio non sapevo cosa significas­se quella frase, ma poi mi sono reso conto che significav­a un po’ tutto.

Peraltro, c’è molta America in tutto il disco. Anche la copertina dà l’idea di un viaggio sulla freeway.

Le mie copertine preferite sono quelle che danno l’idea di quale sarà il suono del disco. E penso che questo sia quel tipo di copertina. Quella foto l’ha scattata la mia ragazza durante un road trip nel deserto di Joshua Tree, lo stesso giorno in cui ho composto la canzone Lunar Eclipse. Mi piace molto il fatto che puoi vedere questo specchiett­o retrovisor­e, però non riesci a capire se io sto guardando ciò che ho di fronte o quello che c’è dietro. E anche questa cosa è una sintesi del feeling del disco.

Ma qual è il tuo rapporto col Paese che ti ospita?

Io penso di essere sempre stato ossessiona­to dagli USA e dall’Americana. È buffo, perché la gente parla sempre del fatto che abbiamo un sound molto british, ma io ho sempre ascoltato più musica americana che britannica: Ramones, Minor Threat e Descendent­s sono state band importanti per me. Anche se noi, quando abbiamo iniziato la band, stavamo ascoltando cose come Beach Boys, Eddie Cochran e cose del genere. Ed è stato solo un caso che siamo finiti ad avere quel suono punky.

Oggi invece chi ti piace ascoltare? Chi ispira il tuo songwritin­g?

Sicurament­e, per gli ultimi due dischi [dei Vaccines] Leonard Cohen mi ha influenzat­o più di chiunque altro. Le sue canzoni mi “parlano”. È il mio n. 1.

The Vaccines suonano ai Magazzini Generali di Milano il 28 gennaio.

75 HS:

Sono passati 13 anni dai tempi di If You Wanna, quando i Vaccines erano la promessa (mantenuta) dell’indie-punk UK, ma Justin Young e Árni Árnason non hanno perso un’oncia di quell’energia che li ha sempre contraddis­tinti. Produce il “poppettaro” Andrew Wells, e l’effetto si sente in alcuni episodi levigati ad arte a fini radiofonic­i, ma ciò che conta è che Justin ha sempre il consueto tocco magico nello scrivere canzoni che si radicano istantanea­mente in testa ( Love To Walk Away, Heartbreak Kid, Sometimes I Swear, The Dreamer). Disco che in teoria andrebbe ascoltato mentre si sfreccia in auto sulla freeway diretti verso Malibu ma che – vabbe’ – si fa apprezzare ugualmente anche in circostanz­e diverse.

 ?? ??
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy