Classic Rock (Italy)

Justin Hayward

L’ex frontman dei Moody Blues ci parla dei dischi, degli artisti e degli eventi che hanno un posto speciale nella sua vita.

- Intervista: Rob Hughes

Sono passati circa 60 anni da quando un adolescent­e Justin Hayward diventò il chitarrist­a di Marty Wilde, per poi diventare cantante, chitarrist­a e centro focale dei Moody Blues, con i quali avrebbe scritto classici immortali come Nights In White Satin, Tuesday Afternoon, Question e The Voice. I Moodies ci hanno salutato, ma la carriera solista di Hayward continua. Nell’imminenza del tour inglese Blue World, Hayward rivela a «Classic Rock» le sue passioni musicali più segrete.

LA PRIMA MUSICA CHE RICORDO DI AVER ASCOLTATO

Vengo da una famiglia molto credente, per cui andavo in chiesa ogni domenica. Era abbastanza noioso, ma mi piaceva molto cantare i brani dalla raccolta HYMNS ANCIENT AND MODERN. Ancora oggi, quando vado in chiesa, provo le stesse emozioni. Il primo cantante pop che mi è piaciuto è stato Johnnie Ray : Cry e Just Walkin’ In The Rain.

LA PRIMA CANZONE CHE HO ESEGUITO DAL VIVO

Conservo un acetato del primo gruppo in cui sono stato, i Woodpecker­s, nel mio primo anno alla High School di Swindon. Suonammo Charlie Brown dei Coasters.

IL MIO GUITAR HERO

Nel corso dell’era Jump dei Van Halen, suonammo assieme a un grande festival a Bethlehem, Pennsylvan­ia. Vidi Eddie

Van Halen suonare e pensai: ‘Come riesce a farlo con una chitarra? Da dove diavolo esce questa roba?’. Non è possibile imparare, e tantomeno insegnare quello che faceva.

IL MIO CANTANTE PREFERITO

Quando i Moodies furono introdotti nella Rock And Roll Hall of Fame [nel 2018], assieme a noi fu introdotta anche Nina Simone, in modo postumo. Ai nostri inizi per noi lei fu fondamenta­le. Sono stato molto fortunato a riuscire a vederla dal vivo una volta. L’emozione che metteva nella voce era incredibil­e.

L’AUTORE PREFERITO

Da Homeward Bound in poi ho sempre ammirato Paul Simon, per il modo in cui riesce a legare assieme le immagini nei suoi testi, solo con una chitarra acustica. La prima volta che vidi Simon & Garfunkel alla Albert Hall, alla fine degli anni Sessanta, avresti pensato che il cantante solista era lui, perché era lui a scrivere i brani. Ma poi mi resi conto che il solista era Art, mentre Paul faceva tutte quelle stupefacen­ti piccole armonizzaz­ioni.

IL MIO EROE

Negli anni Sessanta c’erano un sacco di persone che eri sicuro sarebbero diventate famose. Ma poi per un motivo o per l’altro non è successo. Roy Buchanan, il chitarrist­a, era davvero unico. Il suo modo di suonare mi ha inf luenzato moltissimo.

IL DISCO MIGLIORE DI TUTTI I TEMPI

I Beatles per me sono stati fondamenta­li. Ricordo di aver ascoltato la prima volta Love Me Do, e di aver pensato che da quel momento in poi la vita sarebbe stata diversa. Quando poi si arriva a A HARD DAYS’S NIGHT, ogni brano è un capolavoro. Lo so che scrivevano di corsa e che ogni canzone è di due minuti e mezzo, ma quel disco mi colpisce ancora oggi. Hanno aperto le porte a tutti.

IL GRUPPO LIVE MIGLIORE CHE HO VISTO

Il gruppo live migliore che io abbia mai visto sono stati gli Who al Saville Theatre [Londra]. Il sound era perfetto, specialmen­te l’equilibro tra la SG di Pete e il basso di John Entwistle. E poi, suonavano così forte. Nessuno poteva batterli.

IL MIO DISCO MIGLIORE

Sono due veramente, entrambi dei Moodies: DAYS OF FUTURE PASSED [1967] e THE OTHER SIDE OF LIFE [1986]. Il secondo ci ridiede il successo negli USA. Tornare in pista negli anni Ottanta, come facemmo negli USA, fu un dono del cielo. Negli anni Sessanta me lo ero perso perché con la mente ero altrove – chimicamen­te, misticamen­te, ed emotivamen­te.

IL MIO DISCO PEGGIORE

Prima dei Moodies, ho fatto un paio di cose con la Pye che non erano granché. E poi direi THE PRESENT [1983]. Ciondolava­mo in studio, perdendo tempo, giocando a pallone e sprecando settimane a incidere un solo brano.

IL MIO PIACERE PROIBITO

Adoro i brani pop ben costruiti – Stock Aitken Waterman, le Spice Girls e le boy band. Ma è una colpa se mi piacciono? Io amo la musica.

LA MIA CANZONE DA PARTY

Se sono seduto e parte September degli Earth Wind & Fire, devo alzarmi. È uno di quei brani che ti prende e ti spinge a ballare. Ho sempre amato la voce e il groove di Maurice White, e il messaggio di armonia universale del gruppo.

IL BRANO PER L’ORA DELL’AMORE

Ho avuto il previlegio di conoscere Danny Williams quando suonavo con Marty Wilde. Danny realizzò la versione inglese di Moon River [1961], e quei tre minuti m’insegnaron­o come si canta, o almeno come volevo cantare io.

LA CANZONE CHE MI FA PIANGERE

Non direi che mi fa piangere, ma quando sento Sailing di Christophe­r Cross mi fermo sempre ad ascoltarla.

LA CANZONE CHE VORREI FOSSE SUONATA AL MIO FUNERALE

Ci sono diverse incisioni delle Four Last Songs di Richard Strauss. Una è di Elisabeth Schwarzkop­f con la Berlin Symphony Orchestra [1966], e mi colpisce ogni volta. Il quarto brano si chiama At Gloaming. È bellissimo.

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