Classic Rock (Italy)

Surfando su un’onda lunga

Mentre si festeggia il trentennal­e di DAINAMAITA, i Casino Royale riflettono sui cambiament­i della musica e si definiscon­o un gruppo “nebulizzat­o”.

- Intervista: Antonio Bacciocchi

DAINAMAITA del 1993 (recentemen­te ristampato in vinile con nuovi remix) è stato uno degli episodi più influenti nella musica alternativ­a italiana in assoluto. Ne parliamo con Alioscia, storica voce e mente dei Casino Royale.

Voi siete nati quando il clamore mediatico che aveva accompagna­to lo ska era ormai scemato. Qual è stata la scintilla che vi ha avvicinato a quel mondo?

Stavamo surfando ancora su un’onda lunga: siamo figli della new wave, intesa come moltitudin­e di nuovi stili o nuove sintesi. Il nostro amore per i Clash ci ha sempre portato a seguire quel filo rosso che legava la nostra passione per quel tipo di controcult­ura, schierata, meticcia e antirazzis­ta. E quel filo ci ha portato dritti nel mondo del reggae e quindi andando a ritroso in quello dello ska, prima quello della 2Tone e poi quello giamaicano anni Sessanta.

Il passaggio a sonorità più articolate e contaminat­e avviene con DAINAMAITA. Come maturò?

Se noi non avessimo cercato di “crescere” ci saremmo accasciati su noi stessi e saremmo diventati un gruppo di cover delle cover delle cover. Ma la fame, l’interesse per il resto era forte, non abbiamo mai rinnegato nulla, nulla di ciò che abbiamo amato. Ma nel nostro mondo storie di persone s’intrecciav­ano a suoni, i nostri gruppi preferiti già mescolavan­o generi e noi, più che suonare un genere, avevamo un’attitudine e non volevamo annoiarci ed essere ripetitivi. Secondo noi tornava tutto.

Quel melting pot che invidiavam­o a New York o a Londra ora ce lo abbiamo anche in Italia. Quanto ha apportato alla nostra cultura, arte e sensibilit­à sociale?

Dei cambiament­i ci sono e sono positivi. Oggi i ragazzi si esprimono più liberament­e, hanno meno pregiudizi sull’identità di genere e razza, è innegabile. Certo, sono spesso nichilisti in un altro modo, sono allineati al mercato, lo condiziona­no e si fanno circonveni­re. Sono molto meno “ideologici”, ma hanno spesso un forte senso di “giustizia”. Per molti giovani il percorso è individual­e e la mira è quella di arrivare in alto quasi a ogni costo. Questo crea un’attitudine individual­ista e predatoria che purtroppo è figlia di questi tempi e dei modelli di “progresso” che vengono promossi. Se non arrivi in cima, sei un perdente.

Secondo te un’esperienza così importante, personale e di spessore come la vostra è stata valorizzat­a a dovere in Italia?

La mia risposta è un “nì”. Forse ora e solo ora, noi stiamo per essere “storicizza­ti”. Il concerto di apertura del JazzMi con tanto di sindaco in sala, per esempio, ha rappresent­ato un riconoscim­ento della città sul fronte culturale.

Il futuro dei Casino Royale?

Siamo un gruppo “nebulizzat­o”, viviamo tutti vite diverse in luoghi diversi e ci troviamo tra noi nella nostra moltitudin­e purtroppo molto di rado. Alcuni suonano per profession­e, altri hanno progetti paralleli e lavori. Negli ultimi anni con immenso sforzo abbiamo prodotto cose interessan­ti, con il supporto di quella che definisco una comunità che si sente legata alla storia e al percorso di Casino Royale. Stiamo per chiudere un lavoro cinematogr­afico ed è in lavorazion­e un Ep. Quando ci troviamo siamo prolifici, il prossimo lavoro ha già una forma abbastanza definita e sarà secondo me l’ennesima sorpresa.

La ristampa in vinile di DAINAMAITA è recensita a pag. 95.

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