Abbonàti in rivolta a Palermo per il blocco del “Ring” causa assunzioni promesse in campagna elettorale
Abbonati in rivolta per l’interruzione del ciclo wagneriano che si sarebbe dovuto concludere entro l’anno. Pesano sui conti le nuove assunzioni promesse in campagna elettorale. Così il virtuoso Massimo di Palermo torna all’antico
Al Teatro Massimo di Palermo L’Anello del Nibelungo di Wagner non s’ha da fare. A inizio anno sono andati in scena con successo L’Oro del Reno e Valkiria, mentre Sigfrido e Crepuscolo degli dei, previsti per il prossimo ottobre e novembre, vengono rimandati. A quando? Data da destinarsi (e poiché si glissa sulle date, c’è chi pensa al peggio). Il regista stellato Graham Vick aveva disegnato questo suo terzo Ring per il Massimo: “è pensato per Palermo, racconta di noi qui, adesso, dell’Italia, della Sicilia, del Massimo” aveva spiegato prima del debutto della Tetralogia. Concetto che poi ha ribadito a metà aprile quando ha presentato al Massimo il dettaglio delle altre due produzioni: si supponeva che il Ring avrebbe avuto luogo. Era uno spettacolo sostenibile: con costi razionalizzati, modulato secondo le possibilità di un teatro che negli ultimi anni aveva dimostrato capacità artistiche e gestionali rilevanti. Ma sul teatro, del quale fino a mesi fa si lodava l’amministrazione virtuosa - mai un bilancio in rosso negli ultimi sette anni - pende adesso la spada di Damocle di un disavanzo di tre milioni per il 2013. Questo rimarca il prefetto Fabio Cara-
pezza Guttuso, al timone del Massimo dallo scorso dicembre quando l’ex Ministro della Cultura Ornaghi lo nominò Commissario in sostituzione del sovrintendente Antonio Cognata, al quale Leoluca Orlando, il nuovo-vecchio sindaco di Palermo, aveva dichiarato guerra non appena eletto: Cognata era stato chiamato alla guida del Massimo nel 2004 per risanare i bilanci in rosso dell’ente (oltre 25 milioni di euro di deficit sul conto corrente), gestito fino al 2002 da Francesco Giambrone, attuale assessore alla cultura del Comune. I due titoli wagneriani, ha spiegato Carapezza Guttuso, costano un milione e trecentomila euro. Cioè troppo. La stessa stagione è “sovradimensionata rispetto alle effettive capacità del teatro e non in linea con le prospettive economiche della Fondazione”, ha detto il commissario che ha promesso controlli e tagli su “ogni voce di spesa”, dunque pure sul personale (per la prima volta si paventa una riduzione della retribuzione mensile), “previa intesa con i sindacati. Questa politica di rigore viene adottata a tutela della Fondazione e degli stessi lavoratori”. L’ingloriosa fine del Ring ha però seminato insoddisfazione fra gli abbonati e gli appassionati non solo locali che si sono attivati su blog e forum per manifestare il loro dissenso. Quelli storici non misurano le parole, c’è chi parla di un Ring “monco” che fa diventare il Massimo un teatro di provincia proprio ora che la città si candida a città della Cultura. C’era chi aveva rinnovato l’abbonamento per poter vedere la Tetralogia. E poi, altra questione: che ne sarà degli artisti coinvolti nella seconda parte del ciclo? Vi saranno penali da pagare? Come reagiranno? Il Commissario ha parlato di rinvio e non di cancellazione, ma è pur vero che nell’agenda di tutti gli artisti l’impegno con il Massimo figurava da tempo, implicando la rinuncia ad altre scritture, dunque ad altri guadagni. Di fatto solo per il Ring, e non per gli altri titoli del cartellone, i contratti erano stati già firmati da tempo: per alcuni degli artisti, per il regista o lo scenografo (personalità da non farsi sfuggire), risalivano anche al 2011. E su questi contratti fatti con tanto anticipo si era “scagliato” Orlando all’indomani della sua elezione, criticando tale decisione presa da una dirigenza senza aspettare l’elezione del nuovo sindaco. Perché tagliare proprio il Ring e non altri titoli? Pensandoci bene 1 milione e 300 mila euro per due nuove produzioni di tale livello non è affatto una cifra così elevata, in relazione al costo medio delle nuove produzioni in Italia. Se i tagli erano allora davvero inevitabili, le scelte però potevano essere diverse: si sarebbe potuta sacrificare l’ennesima Aida (opera non proprio low cost per quantità di interpreti, costumi, scene), o Nabucco, Rigoletto o Barbiere o ancora uno degli spettacoli di danza, o si poteva provare a ricontrattare i cachet come era stato fatto già nel 2011 con risparmi sostanziosi. Perché proprio Wagner, progetto qualificante del cartellone e fiore all’occhiello dell’intera stagione musicale italiana? Solo il Massimo e la Scala (che ha ben altri mezzi) avevano l’intera Tetralogia in cartellone nell’anno wagneriano. Nel frattempo, mentre si registra il disavanzo di tre milioni per la stagione avviata in gennaio (derivante anche da un taglio dei contributi della Regione Siciliana pari a circa un milione sul previsto), si organizzano eventi collaterali, mostre e celebrazioni varie e soprattutto si prende nuovo personale, in un teatro che ha già in organico oltre 350 lavoratori a tempo indeterminato, secondo solo alla Scala e all’Opera di Roma. Con contratto semestrale arrivano ballerini e artisti del coro: già, i coristi che avevano perso in appello una causa di lavoro reclamando la stabilizzazione. Era proprio necessario assumere per sei mesi un nuovo gruppo di ballerini per una stagione che conta solo tre balletti di cui due in un solo mese? Quanto al coro già di 70 elementi, cioè nella media dei teatri europei come il Covent Garden, era imprescindibile rimpolparlo con scritture a lungo termine, considerato che tre delle quattro opere del Ring non hanno coro, e che in Rigoletto e Barbiere ci sono solo le voci maschili? Per Aida è arrivato anche un gruppo di coristi dal Bellini di Catania. A occhio e croce la spesa per la scrittura semestrale di questi “aggiunti” (che durante la campagna elettorale del sindaco ne erano stati fra i più attivi sostenitori) non sarà stata inferiore ai 500 mila euro. D’altro canto di tagli ai contributi in questi anni ce ne sono stati, anche di più sostanziosi, ma il Massimo era sempre riuscito a portare a termine i suoi cartelloni senza eliminare recite o intere produzioni, tenendo al centro il programma artistico, “a scapito” di altre attività collaterali. Il Commissario, uomo di emergenze (pur sismiche: poiché Presidente Commissione Speciale Permanente per la sicurezza del Patrimonio Culturale Nazionale) ha costituito una nuova squadra di lavoro. Inevitabilmente alcune teste sono saltate, come quella del direttore del corpo di ballo, Luciano Cannito: costava troppo, dunque è stato rimosso. Cannito non l’ha presa bene, ha mandato una lettera a Orlando e al nuovo Ministro della Cultura Bray definendo la sua cacciata “un atto di epurazione di tipo bulgaro”. Fra i nuovi consulenti dell’era Carapezza, due nomi per la direzione artistica, Eytan Pessen (contestato dai sindacati perché poco presente a Palermo essendo “fisso” a Dresda) e Lorenzo Amato (sì, il figlio di Giuliano Amato), squadra che ha provveduto a rettificare il cartellone con La traviata di Verdi, protagonista la palermitana Desirée Rancatore, e Sette storie per lasciare il mondo dei siciliani Roberto Andò e Marco Betta (già direttore artistico del Massimo con Giambrone sovrintendente), “opera per musica e film” che debuttò a Catania nel 2006. Così come sono cambiati due balletti in cartellone: Verdiana al posto di Viva Verdi, Giselle con il Balletto Yacobson di San Pietroburgo sostituisce il Romeo e Giulietta di Cannito. Rattoppi, questi, a tasso localistico fin troppo elevato.