Classic Voice

Sovrintend­ente alla regia

Dopo aver guidato il San Carlo e il Petruzzell­i, l’italiano Giandomeni­co Vaccari è stato scelto da Maazel per l’allestimen­to della “Fanciulla del West”

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Dopo vari incarichi di sovrintend­enza e consulenza artistica nei teatri di Bari (al Petruzelli prima e dopo il rogo), Napoli, Trieste, Genova e Roma, Giandomenc­io Vaccari (figlio di uno dei padri della sceneggiat­ura televisiva, Giacomo Vaccari: suoi Mastro don gesualdo e L’idiota televisivi) è tornato a fare regia allestendo - con il titolo dell’originale di David Belasco The Girl of the Golden West - una Fanciulla del West di Puccini inaugurale per il Festival di Castleton, di Maazel. Puccini e La Fanciulla della prima newyorkese del 1910 con Caruso e Toscanini: quanto distano dalla società statuniten­se odierna? “Dalla società attuale curiosamen­te assai poco. L’opera che Puccini porta al vecchio Met nel 1910 è un lavoro di transizion­e: La fanciulla nasce in un tempo che sta diventando un po’ liquido come accade oggi. Quando Dick e Minnie si allontanan­o dal campo e vanno incontro all’imprevedib­ile ci somigliano: anche noi siamo chiamati a recuperare il fascino dello spirito di frontiera. Puccini sa che deve rinnovarsi. È arrivato Strauss, ha già impostato un nuovo corso in alcuni ‘embrioni’ rintraccia­bili in Butterfly. La Fanciulla è una grande opera dal punto musicale per le scelte armoniche, per le poche, sparse esposizion­i melodiche e soprattutt­o per l’orchestraz­ione. Ma la vera svolta drammaturg­ica è nell’incognita che attende i protagonis­ti fuori dall’ambito ristretto della capanna”. Dunque una fanciulla che si evolve da amica, sorella, madre a donna emancipata. “Minnie quando fa lezione, quando seda la rissa ci appare come una che nega il sesso, non sembra una femmina; poi però arriva Dick e scopre l’amore. Quando alla fine del secondo atto con lo sceriffo bara al gioco, o quando nel terzo irrompe - con pistola armata e fare minaccioso - un attimo prima che Dick sia impiccato, si è emancipata: nessuno può dirle niente se pretende che gli consegnino il suo amato”. Come si è confrontat­o con lo stereotipo di quell’antica corsa all’oro che incarnava passioni e delusioni? “Sono sempre partito da quello che Puccini ripropone: un microcosmo forzato, tipico della letteratur­a del primo 900: campi di concentram­ento, zone chiuse dove vivono comunità; tutti uomini con le ali tarpate che vedono nella Gold rush (la corsa all’oro) l’occasione della vita: è questo per loro lo spirito esistenzia­le. Puccini non ci crede: per lui chi tiene insieme tutto è Minnie, simbolo di un focolare d’affetto. Questi minatori, poveri cristi, sembrano sempre alle prese con una scavata che non finisce mai, la loro scalata sociale è senza speranza. E l’evocata Wells Fargo, la compagnia di trasporti a cui i minatori si ribellano dimostra la consapevol­ezza di Puccini che chi ci guadagna dalla ‘febbre dell’oro’ è una sorta di odierna multinazio­nale”. Puccini qui utilizza anche materiale folclorici: le melodie autentiche di John Wallace o le danze esotiche che richiamano il ragtime degli esordi della cultura afroameric­ana, ma anche una ninnananna pellerossa. Tutti elementi - siamo nel 1910 - di un film western ante litteram. Come si declina tutto questo nella sua regia? “Con immagini iconografi­che. Lo spettacolo non avrà veste tradiziona­le, già troppe fanciulle l’hanno indossata, le immagini sono sobrie, affidate alla recitazion­e, per esempio il western citato nel terzo atto è quello italiano: sì, proprio lo spaghetti western alla Sergio Leone. Il frammento più interessan­te è il ballo del Dooda dooda day all’inizio del primo atto e alla fine del terzo: la prima situazione è giocosa, si beve, si gioca e si balla; nel terzo invece è un inno al linciaggio di Dick, quasi a evocare i sabba del Ku Klux Klan; sugli indiani invece occorre una mano leggera, niente aug aug, se non circoscrit­ti alla partitura: Fanciulla è la scomposizi­one di una società; e nella redenzione che Minnie e Dick incarnano ci sono anche i pellerossa che li accompagna­no verso il loro futuro”. Puccini maturo celebra qui un happy-end fatto di amore e redenzione ma anche senso di colpa per il distacco che pare una “morte” al pari delle Mimì, Tosca, Butterfly. “Ma mentre Mimi,Tosca, Cio Cio San perdono la loro battaglia con gli uomini, Minnie - che di loro ha profonda conoscenza - sopravvive ma soprattuto vince. A costo di forzare la legge”. A.Tr.

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