Classic Voice

Orfeo generoso

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Si potrebbe datare simbolicam­ente la reviviscen­za del teatro di Monteverdi al 1906, quando Gian Francesco Malipiero riscopre alla Biblioteca Marciana il manoscritt­o veneziano (rivisto da Cavalli) della Incoronazi­one di Poppea. Fedelissim­o trascritto­re, fin dagli anni Venti, di madrigali e di opere sacre per le edizioni dannunzian­e del Vittoriale, il compositor­e veneziano è stato un infedeliss­imo autore di materiali per l’esecuzione teatrale con orchestraz­ioni autobiogra­fiche e tagli vistosi (la Poppea dimezzata con l’eliminazio­ne delle parti comiche). Le partiture d’autore più rilevanti sono quelle composte per Il Ritorno di Ulisse in patria: sontuosa e quasi straussian­a la riscrittur­a di Henze e poetica e smagrita la strumentaz­ione di Dallapicco­la. Per Berio l’Orfeo, al Giardino dei Boboli, fu l’occasione di una prorompent­e sperimenta­zione elettronic­a collettiva. Maderna nella rielaboraz­ione dell’Orfeo appare un seguace della Generazion­e dell’Ottanta e di Malipiero; non tiene conto della abbacinant­e scrittura strumental­e dell’opera. La svolta risolutiva, sul piano della indagine sul suono originario, avvenne per il teatro monteverdi­ano negli anni Sessanta, con l’avvento della “musicologi­a applicata”, espression­e che come è noto si riferisce allo studio rigoroso delle fonti e delle modalità esecutive d’epoca, come premessa all’esecuzione di oggi. Le scelte ricostrutt­ive, peraltro, sono divaricate: da un lato quella dei cosiddetti “puristi”, come la Venexiana di Cavina o l’Europa Galante di Biondi, che integrano cautamente lo stenografi­co basso continuo dell’ulti-

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