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Angelo Foletto
L’anno inizia in viaggio. Un itinerario ( apparentemente) privo di logica: non obbedisce a regole escursionistiche o architetture culturali ma è costruito per attinenze musicali. Prevede Lonely Planet e le storiche “verdi” del Touring da una parte e iTunes dell’altro. Sfogliamo le composizioni-città: partiture che si ispirano a esse richiamandole nel titolo oppure alludendovi in misura così “precisa” nel carattere da essere una cartolina sonora. Anche per vie indirette: pensiamo all’identificazione veneziana derivata dall’uso in Anonimo veneziano di un Adagio per oboe di Alessandro Marcello o all’effetto “lagunare” decadente che Visconti controfirmò in Morte a Venezia con l’Adagietto della Quinta di Mahler. Oggi si rimane in Italia. Partendo dall’Adriatico e tenendo fede alla regola del gioco che esclude i riferimenti operistici (altrimenti da Venezia non ci muoveremo più), iniziamo il cammino con una “specialità” di casa, i “cori spezzati” dei Gabrieli e la meravigliosa ricreazione mariana di Monteverdi nel Vespro. In queste musiche ritroviamo l’anima della Basilica di San Marco. L’eco di altre chiese (e occasioni festive) ci guida in celebri lavori di Vivaldi ovvero il Concerto “Per la Solennità di San Lorenzo” RV 286, col toccante e tenebroso Adagio intarsiato tra la brillantezza solare dei tempi estremi, in particolare quello conclusivo con i secondi violini che imitano le campane a festa, e i due Concerti per la festività dell’Assunzione che pur essendo destinati all’Ospedale della Pietà furono scritti per doppio coro. Con Vivaldi possiamo recarci a Padova per partecipare alla “Traslatione della Sacra lingua di S.Antonio” (15 febbraio 1712) nella Basilica del Santo, per cui il violinista-compositore scrisse e suonò il Concerto solenne in Re maggiore RV 212. Oppure immaginare di arrivarci via mare con la scombiccherata compagnia ritratta da Adriano Banchieri nell’ antologia di “Dilettevoli Madrigali à cinque voci” La barca di Venetia per Padova. Diamo per scontati il Carnevale di Venezia (originale e centinaia di variazioni) e le cupe evocazioni affidate al pianoforte lisztiano. Ma l’invenzione “descrittiva” di Liszt che tra il 1837 e il 1839 soggiornò a Como
(dove nacque e fu battezzata Cosi- ma), Milano, Firenze, Lucca, Pisa e Roma delinea un itinerario autonomo tra bellezze naturalistiche come quelle di Villa d’Este a Tivoli e artistiche: dallo Sposalizio della Vergine di Raffaello a Milano, a Il Penseroso ispirato alla statua di Michelangelo sulla tomba di Lorenzo de’ Medici a Firenze, all’Ave Maria “Die Glocken von Rom” (Le campane di Roma). La capitale, musicalmente, è stata celebrata in tutti i modi. Inutile fare i sofisticati e non citare i fasti poematici di Respighi ( Fontane, Pini e Feste restano comunque lavori sinfonico-orchestrali immeritevoli dell’embargo concertistico di oggi) o il galoppante Carnevale romano di Berlioz tratto da Benvenuto Cellini, col travolgente finale ambientato nelle strade invase dal “Carnevale che a Roma non è una festa data al popolo, ma una festa che il popolo dà a se stesso”, come aveva scritto Goethe. Al poeta e romanziere tedesco i panorami italiani devono molto viste le numerose declinazioni musicali di Mignon e dell’incipit “Conosci il paese dove fioriscono i limoni?” (in quanti conoscono la versione di Wolff?). Ai ritmi delle città centromeridionali si ispirò il giovane amico Felix Mendelssohn mentre l’ultimo Wagner di fronte al Duomo di Siena e alla visita dei Giardini di Ravello mise a fuoco le inquadrature sceniche e spirituali di Parsifal.
Altre spezie musicali legate a città specifiche? La polifonia delle chiese romane sintetizzata dal Miserere di Allegri, la svettante cupola del Brunelleschi “disegnata” nelle proporzioni interne dal motetto isoritmico Nuper rosarum flores creato da Guillaume Dufay per la consacrazione della Cattedrale di Santa Maria del Fiore(1436), i carruggi ebraici di Genova richiamati dalle Variazioni sul Barucabà per violino e chitarra composte da Paganini nel 1835 (Barucabà e Cabibbo erano i nomignoli appioppati agli ebrei in genere), la Milano medievale attraverso un versetto innodico arcaico e “virile” in canto ambrosiano. Ognuno aggiunga il suo. Senza scordare il radioso poema sinfonico In the South composto da Elgar ad Alassio (che spesso compare come sottotitolo) e i panorami che scorrono dal finestrino del convoglio sinfonico Roma-Sorrento-Napoli pilotato dal giovane Richard Strauss nella “fantasia” Aus Italien.