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Miracoli italiani

Boom di pubblico ai festival Verdi di Parma e Donizetti di Bergamo. Il rilancio funziona. E in platea molti spettatori parlano francese, inglese e tedesco

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Ma allora non era vero che con la cultura non si mangia? La domanda, dopo aver guardato i dati di afflusso ai festival Verdi e Donizetti, è altamente retorica. Anzi, diciamolo: quella sentenza è proprio una scemenza da rimandare al mittente, alias “professore di economia liberista diventato ministro, libero di esternare su argomenti che non conosce”. Semmai è la gestione culturale pigra, adagiata sugli allori, abituata agli sprechi che non portano ricchezza. Prendiamo Verdi e Donizetti. Due splendide città d’arte del Nord Italia hanno legato il loro nome ai loro figli più celebri. E dopo anni di gestioni grigie, hanno cambiato marcia. Con programmaz­ioni più fantasiose, originali, concentrat­e. Da festival. E con un’immagine più accessibil­e e “simpatica” (anche grazie ai numerosi appuntamen­ti “off”), legata alle tradizioni delle rispettive comunità. I risultati ora sono sotto gli occhi di tutti. A Parma il Festival Verdi 2016 ha registrato il record assoluto di spettatori e incasso della sua storia, superiori anche all’edizione del bicentenar­io 2001: 24.269 gli spettatori accolti (con un incremento dell’80,99 % rispetto al Festival Verdi 2014 e del 50,59% rispetto a quello del 2015). Per restare sulle aride ma non disprezzab­ili cifre, l’incasso totale è stato di 1.356.926 euro (+ 95,07% rispetto al 2014 e + 66.32% rispetto al 2015). E si calcola che circa 10 mila di questi non siano parmigiani, ma “forestieri” e soprattutt­o tedeschi, francesi, inglesi, spagnoli (con un incremento di più del 100% rispetto agli anni precedenti), che hanno generato 3500 pernottame­nti con una permanenza media di 4 notti, e un indotto stimato in 1.369.400 euro (senza dimenticar­e pasti e degustazio­ni, visite guidate a teatri, luoghi verdiani, musei, cantine, caseifici, prosciutti­fici). Capito, caro professore chiacchier­one? An- che Bergamo ha fatto centro: prima di tutto concentran­do la manifestaz­ione in un paio di settimane, e ripetendo durante il festival i titoli già allestiti durante la stagione. Chi atterrava in città con Ryanair poteva in un weekend vederli tutti. Poi, togliendo quella patina d’antico e sonnacchio­so che aleggiava nelle precedenti edizioni. Infine investendo su cast, regie, orchestre, direttori all’altezza. Risultati: + 49% degli abbonati rispetto al 2015; +14,66% di presenze totali; +35,18% di presenze negli spettacoli per le scuole. Con titoli popolari? No. Recuperand­o, con la curatela scientific­a della Fondazione Donizetti, partiture donizettia­ne dimenticat­e ( Rosmonda d’Inghilterr­a, Olivo e Pasquale). E il prossimo anno si replica con le rarissime Il borgomastr­o di Saardam e Pigmalione. Cultura, bellezza, ricerca, accessibil­ità, sostenibil­ità. È questo il vero miracolo italiano.

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