“RISPETTO A KISSIN, SI HA LA SENSAZIONE DI TROVARSI DI FRONTE A UN FENOMENO ANCORA PIÙ IMPRESSIONANTE”
All’ascolto di questo disco del ventunenne coreano vincitore dell’ultimo Concorso Chopin mi vengono in mente le reazioni che si ebbero a metà degli anni 80 di fronte alla comparsa di un pianista giovane e dotatissimo come Evgenij Kissin, e al suo incarnare un ideale di strumentista che ripercorreva inconsciamente gran parte della storia interpretativa che aveva connotato la presenza del pianoforte in concerto e in sala d’incisione negli ottant’anni precedenti. Qui lo stupore è il medesimo ma, in accordo con i nuovi tempi e il gusto che nel frattempo si è modificato, si ha quasi la sensazione di trovarsi di fronte a un fenomeno ancora più impressionante, le cui caratteristiche solamente il tempo, lo sviluppo ulteriore della carriera e l’ascolto in sala potranno chiarire completamente, a meno di non poter giungere alla pazzesca conclusione secondo la quale Cho sarebbe un perfetto automa in grado di riassumere per chissà quale innesto biologico le caratteristiche di intere generazioni di artisti che lo hanno preceduto. Rispetto a Kissin non c’è qui solamente la perfetta padronanza del mezzo e del linguaggio, ma anche la tendenza innata a concedere le proprie attenzioni a parametri di suono e di fraseggio tipici dei pianisti storici (diciamo grosso modo quelli nati sino agli anni venti del secolo scorso). Quanto detto si può facilmente verificare in alcuni luoghi tipici del Primo Concerto, tra l’altro meravigliosamente supportato da Noseda e dalla London Symphony, ma ancor di più nelle quattro Ballate, anche se con esiti diversi. La prima parte dell’op. 23 può sembrare fin troppo estenuata - vale per Cho quello che si è detto tante volte a riguardo dei pianisti delle giovani generazioni, cioè della tendenza a interpretare sempre i rallentamenti del tactus come sinonimo di tensione espressiva, e viceversa - ma appena il discorso si anima il pianista mostra chiaramente un atteggiamento virtuosistico raffinatissimo che potrebbe persino ricordare il mitico Abm (per i non addetti, il grande Michelangeli). La stessa alternanza molto spiccata tra parti “poetiche” in tempo moderato e sezioni più mosse, sottolineata da Cho, è ovviamente percepibile nella seconda Ballata, che proprio in questo senso è costruita. L’equilibrio è raggiunto nell’op. 47, condotta con un’eleganza e uno understatement ammirevoli, e il lavoro di cesello continua nella quarta Ballata, nella quale forse è più apprezzabile una interpretazione che sottolinei l’accumularsi continuo delle emozioni attraverso le ripetizioni del tema, come avviene ad esempio nel caso di Richter. Cho è in questo caso molto più misterioso e svela la tragedia infinita di questo straordinario capolavoro solamente più avanti, quando il discorso non lascia ombra di dubbi. In tal senso spicca ancor di più l’altrettanto straordinario virtuosismo del giovane pianista. Un ultimo avvertimento: non si accinga all’ascolto di questo disco chi è saldamente ancorato alle rigidità ritmiche dei pianisti della generazione di Pollini. Due approcci come questi potrebbero risultare del tutto inconciliabili.
CHOPIN
CONCERTO PER PIANOFORTE E ORCHESTRA OP. 11 QUATTRO BALLATE
Seong-Jin Cho
PIANOFORTE
London Symphony
ORCHESTRA
Gianandrea Noseda
DIRETTORE
CD Dg 4795941
18,60
PREZZO
★★★★★