WEBER SONATE PER PIANOFORTE OP. 24 E 39 INVITO ALLA DANZA OP. 65
Pier Paolo Vincenzi
PIANOFORTE
Meridian CDE 84639 CD
d.d.
PREZZO
★★★
La scelta di incidere le quattro sonate per pianoforte di Weber è ancora oggi piuttosto temeraria anche se, in questo caso, positivamente sorretta dal desiderio di contribuire alla diffusione di un repertorio pochissimo eseguito, a dispetto dell’importanza storica e della bellezza artistica di queste pagine bellissime. I confronti in campo discografico sono pochi ma tali da incutere un rispetto e un timore reverenziali. L’unica integrale davvero importante è quella ben nota di Dino Ciani, che aveva inciso le quattro sonate per la Ricordi nel 1965 e solamente la seconda e la terza per la Dg cinque anni più tardi. Ma ci sono una “prima” con Arrau, una “seconda” con Cortot e con Gilels, una “terza” con Richter letteralmente da paura, e ovviamente di alto livello è la “quarta” con Magaloff o con Cherkassky.
Ma non è per questi motivi che si vuole scoraggiare qui il lettore a prendere in esame l’ultima fatica di Pier Paolo Vincenzi, pianista molto preparato che abbiamo già recensito positivamente ad esempio nel caso di una sua incisione delle musiche pianistiche wagneriane. La lettura di Vincenzi è correttissima dal punto di vista tecnico ma non evidenzia a sufficienza i numerosi elementi che fanno del linguaggio weberiano un che di assolutamente originale nel panorama della letteratura ottocentesca. Oggi si dà per scontato che un pianista in carriera sia in grado di eseguire con precisione i (numerosi) passaggi difficili presenti nelle due sonate incluse in questo cd. Ma il lavoro perde parzialmente senso se non si mette l’ascoltatore in grado di percepire il livello di sfida pianistica che Weber volle certamente comunicare. La difficoltà tecnica diventa per Weber essa stessa un mezzo espressivo. Del primo movimento dell’op. 24, ad esempio, è necessario, attraverso un’esecuzione nervosa e fluida al tempo stesso, mettere in bella mostra l’azzardo di quelle serie di accordi ascendenti così scomodi; nel Menuetto gli scarti di posizione della mano; nel Finale la velocità, che qui è leggermente inferiore a quella di tutti gli esempi storici più sopra citati (e di tanti altri). Vincenzi si riscatta in parte nell’Adagio e nel Trio, ma in quest’ultimo si dovrebbero veicolare sonorità che ci riportano al clima del Freischütz. Vincenzi convince di più nella seconda sonata, più meditativa, dove tra le altre cose il carattere del Menuetto è finalmente azzeccato secondo quei parametri di velocità e leggerezza cui accennavamo più sopra. Corretto ancora l’Invito alla danza, ma non sufficientemente … entusiasta: si tratta pur sempre di un esempio di musica descrittiva, e come tale va “recitato” (si ascolti a questo proposito Arthur Schnabel).
LUCA CHIERICI