La parola ad ARTURO
In una rarissima intervista, Toscanini spiegava le origini wagneriane del suo modo di fare opera: la rappresentazione, come orchestra e voci, non va lasciata al caso. E poi chiariva il suo pensiero su temi come cosmopolitismo, pubblico, jazz, vecchio e nu
com’è di correzioni con la penna rossa al testo (e anche di intere strisce applicate sul rigo musicale alla parte della protagonista). Va ricordato che parliamo di un’epoca in cui i cantanti seguivano istintivamente la tradizione nei movimenti scenici e nella gestualità, le masse erano guidate dai capi del coro, e le scene e i costumi erano spesso intercambiabili da un titolo all’altro. Toscanini dovette lottare anzitutto contro questo malcostume, perciò era così determinato a esercitare un pieno controllo su tutte le fasi di una produzione.
Ci si può domandare come si comporterebbe se si dovesse confrontare con il teatro lirico di oggi. Difficilmente accetterebbe la creatività di certi registi, ma sarebbe sbagliato pensare a lui come a un pedante conservatore. In teatro ha sempre cercato il nuovo: da quando, all’inizio del secolo scorso, sperimentò alla Scala un sistema d’illuminazione da un solo lato della scena, a quando chiamò Adolphe Appia per allestire un Tristano astratto (e pubblico e critica non gradirono). Ancora nel 1954, illudendosi di poter dirigere un’ultima volta l’adorato Falstaff a Milano, disse a Luchino Visconti: “Provate voi, che siete giovani, a pensare qualcosa di diverso e a propormelo. Io non riesco che a figurarmi i vecchi scenari, la solita osteria, il solito giardino. Suggeritemi qualcosa di fresco, di bello”. Anche a 87 anni, continuava a guardare avanti e a cercare insaziabile il suo ideale artistico. 턢
Arturo Toscanini non amava parlare di sé e detestava le interviste. Nei suoi 68 anni di carriera ne ha concesse pochissime. È dunque una rarità quella pubblicata dal “New York Times Magazine” il 15 aprile 1928, con il titolo “Idee di Toscanini sulla musica vecchia e nuova”, e firmata da Samuel Johnson Woolf, nome molto noto nel giornalismo americano di quel tempo per i suoi incontri con importanti personalità delle arti, della politica o del mondo degli affari. Toscanini aveva allora 61 anni ed era al culmine della maturità artistica: si stava consolidando il rapporto con la New York Philharmonic, di cui era già direttore musicale, e l’anno dopo avrebbe lasciato la Scala per dedicarsi quasi completamente all’orchestra americana. Nell’intervista esprime con chiarezza le sue idee sul ruolo del direttore d’orchestra e rivela punti di vista interessanti su altri argomenti