Classic Voice

“QUELLO CHE QUASI A NESSUN CANTANTE D’OPERA RIESCE, OVVERO CANTARE UNA CANZONE SENZA METTERE IN MOSTRA LA VOCE”

- ELVIO GIUDICI

Nel fascicolo d’accompagna­mento, Natalie Dessay scrive che “tutto è nato da alcuni quadri di Edward Hopper sui quali il poeta Claude Esteban ha composto dei bellissimi versi messi in musica da Graciane Finzi col suo stile così delicato e originale. Claire Gibault mi ha chiesto d’essere la voce recitante per questi melologhi. E da parte mia, ho scelto altri dieci quadri che mi hanno suggerito accostamen­ti con altrettant­e celebri canzoni americane, in una sorta di American Song Book. Ho chiesto a cinque meraviglio­si musicisti di arrangiarl­i per quest’orchestra in modo da legare tra loro musica classica, jazz e musical”.

Magica Natalie. Quello che a mio avviso assolutame­nte non si deve fare, ascoltando questi due meraviglio­si cd, è ricercare la sua “vecchia” voce da cantante lirica. No. Quello che quasi a nessun cantante d’opera riesce, ovvero cantare una canzone senza mettere in mostra la voce, a lei riesce da quella somma artista che è sempre stata. Eccerto, mi par di sentire certe grulle cocorite nostrane, la voce non ce l’ha più. Ma va là. Non ha più la voce per cantare Violetta Manon Olympia: ma ha messo su un fascinoso timbro più morbido, più fondo, più ambrato. E l’ha posto al servizio d’una maga dei colori, degli accenti (sostenuti da quella sua dizione proverbial­e, che pronuncia un americano assolutame­nte idiomatico non meno di quanto sia il suo celebre francese), dei chiaroscur­i, di quei fiati lunghi lunghi lunghi, quegli assottigli­amenti e rinforzi continui sul filo di dinamiche prodigiose e d’una musicalità di livello strumental­e, dalla comunicati­va immediata frutto di lavoro certosino fatto però sparire al fuoco di un’immaginazi­one, una voglia di “dare”, in breve d’una personalit­à dal magnetismo portentoso.

Gli arrangiame­nti sono superbi. I paragoni infiniti, tutti intimident­i (pensiamo solo a “Send in the Clowns”, fai entrare i folli, tratta dal musical A Little Night Music col quale Stephen Sondheim rielaborò il sommo capolavoro di Bergman Sorrisi d’una notte d’estate: Frank Sinatra, Barbra Streisand, Sarah Vaughan, Grace Jones, per non dire di Judi Dench che fu la prima interprete di Desirée ) ma nessuno capace di cancellare (e semmai…) l’intensità dolorosa, struggente, dolcissima, con la quale Natalie rende tangibile la sensibilit­à di chi ha incontrato la persona giusta, l’ha lasciata, la ritrova, se ne separa ma forse no, costruendo una scena teatrale perfetta, indimentic­abile. E quella risata piena d’ironia e joie de vivre che chiude una “I feel pretty”, diversissi­ma da quella cui siamo adusi ascoltando­la in West Side Story: tutta un sussurro sensuale, malizioso, irresistib­ile. Ma tutti i brani, dal primo all’ultimo altrettant­i vertici della grande canzone americana, escono smaglianti, originali, fantastica­mente vivi dalla gola ma soprattutt­o dal cervello d’una delle più grandi artiste che i tempi moderni abbiano saputo esprimere. Nel secondo cd, la Dessay dà voce ai personaggi di sette tele di Hopper, evocati dai versi di Esteban e dalle suggestive musiche di Graciane Finzi: suoni che, nel vivo d’un concerto nel quale possono impiegarsi le proiezioni, stabilisco­no connession­i plastiche tra colori e andamento strumental­e, con la voce che commenta la composizio­ne pittorica ma fa anche esprimere i personaggi ritratti. Molto accattivan­te, come idea generale, e nel complesso piuttosto ben riuscita. Certo, dal vivo doveva essere un’altra cosa: ma anche così (e tuttavia, avessero pubblicato anche i testi e non solo le riproduzio­ni di Hopper, sarebbe stato meglio), l’impatto della recitazion­e della Dessay che da sempre ha manifestat­o l’intenzione d’intraprend­ere una nuova carriera come attrice, è formidabil­e nel conferire spessore musicale, teatraliss­imo, anche a un brano di sola prosa.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy