CIAIKOVSKIJ
CHARODEJKA
INTERPRETI J. Petrianik, M. Bajankina, L. Sokolova, N. Emcov, A. Tanovickij
DIRETTORE Zaurbek Gugkaev
REGIA David Pountney
TEATRO San Carlo
★★★★
“Dove si accendono passioni fatali, soprattutto nel III e nel IV atto, la musica è sempre di rara intensità, non soltanto negli incontri tra Nastas’ja e Jurij, che sono forse il culmine della partitura”
Come può un grande compositore chiedere all’autore di un drammaccio alla moda di trarne un libretto d’opera? Lo fece Ciaikovskij, mal consigliato dal fratello Modest, rivolgendosi nel 1885 a Ippolit Spazinskij (1848-1917) per la sua terzultima opera, L’incantatrice (Charodejka), che andò in scena a San Pietroburgo il 20 ottobre 1887 con scarso successo, fu ripresa senza esito 3 volte (fino al 1890), rimase a lungo dimenticata e non fu mai rappresentata fuori dalla Russia, finché nel 2003 fu coprodotta dal Teatro di Lisbona e dal Mariinskij, nello stesso allestimento che si è visto a Napoli, per la prima volta in Italia e per la seconda in Europa. In questa opera discontinua, dal libretto infame e prolisso che anche il compositore trovava insoddisfacente, fin dalle prime note si riconosce (e affascina) la scrittura di Ciajkovskij. Si può intuire che cosa lo interessava nella cupa vicenda in cui ipocrisia e moralismo distruggono la verità dei sentimenti e portano a un destino tragico i personaggi positivi. Nella protagonista Nastas’ja il compositore ammirava la “forza morale” e la “bellezza” di una donna libera, disposta a usare il proprio fascino solo per amore. Dal desiderio di questa “incantatrice” (non “maliarda” o “strega”) è ossessionato il Principe Nikita; ma viene respinto, perché Nastas’ja ne ama il figlio, Jurij, e con lui vorrebbe fuggire. La gelosa moglie del Principe la avvelena prima della fuga, il Principe aggredisce il figlio e lo uccide. La storia è ambientata in un improbabile secolo XV, e si svolge nel palazzo del Principe o nella locanda tenuta da Nastas’ja (considerata luogo di perdizione dal bieco moralismo del diacono Mamyrov): i due ambienti dovrebbero essere contrapposti, scene e cori popolari hanno spesso grande freschezza, e la canzone di Nastas’ja sulla bellezza del paesaggio è di limpida malinconia. Di alterna riuscita sono le soluzioni con cui il compositore cerca di superare la prolissità del libretto con la continuità di un respiro lirico che vada oltre il semplice declamato; ma dove si accendono passioni fatali, soprattutto nel III e nel IV atto, la musica è sempre di rara intensità, non soltanto negli incontri tra Nastas’ja e Jurij, che sono forse il culmine della partitura.
A Napoli Zaurbek Gugkaev guidava in modo persuasivo i complessi del San Carlo. Nella compagnia emergeva Marija Bajanika, ottima protagonista. Notevole Jaroslav Petrjanik (il Principe Nikita) e in complesso dignitosi il tenore Nikolaj Emkov (Jurij), il mezzosoprano Ljubov Sokolova (la Principessa), il basso Aleksej Tanovickij (Mamyrov) e gli altri. Nello spettacolo di Pountney l’azione è ambientata all’epoca del compositore e la scena unica
(pur con qualche elemento di differenziazione) rinuncia alla contrapposizione tra palazzo e locanda. La regia racconta con chiarezza.