STORICHE
BELLINI I PURITANI
C. Deutekom, N. Gedda,
INTERPRETI S. Bruscantini, A. Ferrin Riccardo Muti
DIRETTORE
e coro del Maggio
ORCHESTRA
musicale fiorentino 2 CD Maggio Live 021
17
PREZZO
★★★★★
Ad uno che, come il sottoscrittore di questa noterella, ha già valicato la soglia degli “anta” sarà concesso di fare per una volta il suo mestiere, che è quello del vecchietto, e dunque di ricordare la data di questi Puritani fiorentini come uno dei tantissimi momenti felici inscritti nella sua memoria. Si era verso la fine del 1970 e il Comunale di Firenze mise in scena l’ultima (e per me più fausta) opera del Catanese con un team musicale di egregia specie guidato dall’ancor giovane ma già autorevolissimo Riccardo Muti. Ho perso il conto degli appuntamenti da me consumati entro il teatro del capoluogo toscano insieme ad amici ormai di lunga data, Giorgio, Cesare, Beppe, Daniele, e quelli con Muti furono una gran quantità; ma questi Puritani figurano tra le perle dell’intera produzione nazionale di quel periodo. Dirò subito cosa del maestro fin d’allora mi attrasse: non tanto il miglior rilievo concesso all’orchestra, che era nei patti, quanto la facoltà di connettere quella propensione naturale ad un senso profondo della narrazione. Ogni istante musicale pareva insomma sortire dal proposito di far delle note il complemento e insieme la spiegazione di un “fatto” raccontato, con le sue pause e i suoi apici emotivi; e questo saggio belliniano ne riluceva in modo tassativo, fra il sostegno alle voci, il tono stilisticamente appropriato e specialmente l’abilità di suggerire una suggestione dei piani e degli spazi sonori di feconda bellezza. Ma l’operazione contava al suo attivo altresì la giustezza del contributo vocale, che in un’opera di estrema difficoltà quale quest’ultimo Bellini è imprescindibile affatto: si dice soprattutto della parte di Arturo, seconda per asprezza solo a quella di Arnoldo nel Tell rossiniano, che ebbe in Nicolai Gedda un cantore oggi forse irraggiungibile. Nella nota di copertina dei due cd Daniele Spini ci narra del lievissimo incidente occorso al tenore sve-
dese durante il suo iniziale “A te o cara”, ma ciò ammesso per dovere cronachistico basterà, ora che il disco ce lo consente, soggiornare nei pressi del terzo atto dell’opera per capire cosa si intendesse davvero per tenore eroico: voce squillante e adamantina, idoneità dello stile, manovra dei fiati, vis epica. “Ella è tremante” con quel che ne segue fu una lezione di canto di cui, dopo Gedda, si son perse un po’ le tracce. Ma non demordeva invero la partner femminile, una Cristina Deutekom capace di sorreggere il canto virtuosistico di Elvira con una sorta di lacrima interiore che la teneva lungi dal coccodeismo solito. E in quanto al rimanente, pochi sono nell’attuale arengo i baritoni in grado come il Bruscantini d’allora di dar patina di nobiltà a un personaggio quale Riccardo Forth; e per finire anche a una voce di dimensioni non eccelse come quella del basso Agostino Ferrin il buon cantare consentiva di offrire nella parte di Giorgio Valton un apporto di verità all’insieme. Va da sé che il pubblico fiorentino reagì all’evento con una dose di entusiasmo ben documentata dai due dischi. Per noi, leopardianamente, è il canto mai affievolitosi delle ricordanze.