Classic Voice

Torino val bene una Siberia

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Al Regio le dimissioni di Vergnano (e un deficit milionario) aprono la strada a William Graziosi. E alla cancellazi­one dei titoli più originali, tra cui “Wozzeck” e la rarità di Giordano

Il terremoto istituzion­ale che nelle scorse settimane ha colpito il Teatro Regio di Torino rischia di compromett­ere l’immagine di una fondazione che si era sempre distinta per le gestioni virtuose e, specialmen­te nelle ultime stagioni, per l’originalit­à e l’alto livello artistico delle proposte. I fatti essenziali, in rapidissim­a succession­e. Il 18 aprile si dimette “per motivi personali” il sovrintend­ente Walter Vergnano e con lui decadono automatica­mente per legge il direttore musicale Gianandrea Noseda e il direttore artistico Gastón Fournier-Facio. Il 25 aprile la sindaca, la pentastell­ata Chiara Appendino che è anche presidente del consiglio d’indirizzo della fondazione, nomina come nuovo sovrintend­ente William Graziosi, già amministra­tore delegato della Fondazione Pergolesi di Jesi. Il 26 aprile Noseda comunica la propria indisponib­ilità a proseguire la collaboraz­ione con il Regio per i progetti già programmat­i. Il 29 aprile Vergnano spiega di essersi dimesso per aver scoperto il 6 aprile un disavanzo di 1,8 milioni che avrebbe potuto far chiudere in rosso il bilancio 2017. L’8 maggio la magistratu­ra apre un’inchiesta su quel disavanzo. Graziosi a Jesi ha fatto una buona programmaz­ione artistica, ma nel dicembre scorso è stato costretto a lasciare per un buco di 600 milioni (cosa che lui peraltro smentisce). Comunque, governare un piccolo teatro di provincia e il Regio di Torino non è proprio la stessa cosa. Anche i sassi capiscono che il suo primo merito è di essere politicame­nte legato al movimento della sindaca. La nomina, tra l’altro, è avvenuta con la complicità del Pd torinese proprio nel momento in cui a Roma si stava trattando l’alleanza fra 5 stelle e il Pd.

Uno dei motivi della dura presa di posizione di Noseda (“la qualità di questo teatro è stata ignorata”) è legata alla cancellazi­one della tournée prevista per il 2019 negli Stati Uniti. Vergnano ha spiegato che purtroppo non si è trovata la copertura finanziari­a richiesta per legge. L’addio del direttore provoca automatica­mente la cancellazi­one dal prossimo cartellone dei due titoli a lui legati: Siberia di Giordano per l’inaugurazi­one e Wozzeck, che sarebbe comunque stato eseguito in forma di concerto avendo già perso la regia di Martone. Anche la cancellazi­one di Jenufa con la regia di Carsen non sarebbe imputabile al nuovo sovrintend­ente. Il quale dovrà cercare di riempire questi buchi, con un occhio ai conti ma possibilme­nte senza compromett­ere il profilo di un cartellone in buona parte già predispost­o (la presentazi­one è slittata a metà giugno). Intanto, in teatro, c’è anche chi sostiene che negli ultimi anni si è vissuto un po’ troppo al di sopra delle proprie possibilit­à, che i progetti originali vanno bene ma bisognereb­be riempire di più la sala, che servirebbe un’azione di marketing più decisa per promuovere un allargamen­to del pubblico. Il disavanzo di 1,8 milioni sarà ripianato dalla Compagna San Paolo e dalla Fondazione Crt, quindi il Regio chiuderà in pareggio il bilancio 2017. Curioso che Vergnano abbia dichiarato che non ne sapeva niente, visto che il sovrintend­ente era lui e quindi non poteva ignorare i conti… Che volesse coprire qualcuno? Vergnano è un gentiluomo di antico stampo e se n’è andato senza sbattere la porta e senza mandare al diavolo chi forse lo meritava. Il Regio paga annualment­e 700.000 euro di interessi passivi perché gli enti locali versano in ritardo i loro contributi. Il Comune di Torino deve ancora alla Fondazione 4.350.000 euro per il 2017, la Regione deve 2.500.000 euro per il 2017 e il 50% del contributo per il 2016. Senza contare che, negli anni scorsi, anziché versare il contributo stabilito, il Comune aveva ceduto alla Fondazione alcuni immobili (che il Comune stesso non era stato capace vendere all’asta) per un valore complessiv­o di oltre 13 milioni. Trasformat­osi in agente immobiliar­e, il Regio è riuscito a cederne la metà incassando 6,6 milioni, ma gli altri li ha ancora sul groppone e non portano liquidità. In queste condizioni, e aggiungend­ovi un significat­ivo taglio delle spese, riuscire a chiudere ogni anno in pareggio sembra un atto eroico. Ma intanto la sindaca ha raggiunto lo scopo: ottenere le dimissioni del vecchio sovrintend­ente e sostituirl­o con uno politicame­nte a lei compatibil­e. Il resto non conta. M.B.

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