Classic Voice

CANTATA: YET CAN I HEAR...

- CARLO VITALI

MUSICHE DI HÄNDEL, J.S. E J.C. BACH, M. HOFFMANN (?), VIVALDI Bejun Mehta CONTROTENO­RE Akademie für Alte ENSEMBLE Musik Berlin Bernhard PRIMO VIOLINO E DIREZIONE Forck CD IBRIDO Sacd Pentatone PTC 5186 669 18 PREZZO ★★★★★

Bejun Mehta - americano di seconda generazion­e con radici indù e parentele musicali strepitose, 50 anni a fine giugno - è la confutazio­ne vivente del pregiudizi­o secondo cui la voce di controteno­re sarebbe esposta più di ogni altra al logorio del tempo. In una recente intervista su “Opernwelt” egli tiene a distinguer­si da tenori e baritoni riciclati che si limitano a “rafforzare un po’ il falsetto: voci piccole, povere di colore e non tanto durevoli”. Mentre lui, che per quasi un decennio è stato brillante soprano ragazzino e dopo la muta pareva destinato a far da baritono, si definisce un controteno­re vero, capace di cantare a proprio agio solo in un registro di testa diverso da quello che impiega nel parlato, “proprio come un soprano donna”. Certo con l’età il colore si è fatto più caldo e sfumato, più propizio ad accenti intimi. In attesa del ritiro - cui si prepara esercitand­osi nella direzione su titolati podii tedeschi quali la Dresdner Philharmon­ie e la Kammerakad­emie Potsdam - l’inossidabi­le Mehta ci regala quella che definisce “finora la mia registrazi­one di gran lunga più personale”. Una confession­e in sette stazioni sacre e profane che prende il titolo da un numero della händeliana Choice of Hercules Hwv 69, al centro di umane esitazioni fra i piaceri del senso e la virtù eroica. Prima di giungere a questo finale in qualche modo aperto, risuona la corda devota di “Ich habe genug” Bwv 82 e di “Schlage doch”: un Bach vero e uno apocrifo accomunati da una pietas luterana che corteggia la morte come approdo beato da festeggiar­e con danze e carillon. E poi, in amabile miscela, languori e sdegni della cantata italiana da camera (Vivaldi e il giovane Händel “romano”), un drammatico recitativo penitenzia­le irto di cromatismi (Johann Christian Bach), una solenne arietta da anthem anglicano (ancora Händel, Hwv 250b). Da un tale arcobaleno di spirituali­tà multiconfe­ssionale, umanistica e poliglotta emerge in ultima istanza un profilo d’interprete maturo che nel Barocco preferisce oggi l’effusione del pathos cantabile alle agilità pirotecnic­he da lui ancora praticate con esito (traccia 15). Se non fosse un controteno­re, ci piacerebbe ascoltarlo in qualche antologia liederisti­ca del primo Schubert.

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