CLASSIC VOICE CD
Yannick Nézet-Séguin, rivelazione della nuova direzione d’orchestra, è protagonista del cd allegato con la Sinfonia n. 1 di Bruckner
La lettura della Prima Sifonia del direttore canadese segue la tendenza ad attenuare la retorica teutonica
L’immagine del direttore canadese, quale ho potuto cogliere attraverso varie occasioni, è quella di una felice duttilità unita a un tratto rigoroso, due componenti che gli hanno concesso di collaborare con naturalezza con formazioni orchestrali dalla storia assai diversa: penso alla capacità con cui lavorando coi Berliner ha intuito l’essenza che funge da collante per la prestigiosa compagine, il senso della storia appunto, delle radici, antidoto a più effettistiche tentazioni virtuosistiche o coloristiche. Capacità associate ad una lucidità di visione nel delineare un percorso nella sua complessità, come nel caso delle cinque Sinfonie di Mendelssohn affidate al disco (Dg), testimonianza rivelatrice della unitarietà nel riuscire a cogliere i caratteri così diversificati di ogni Sinfonia, di ognuna individuando il colore emozionale, nel segno di quella leggerezza che lo guida affrontando tanti altri autori, dal modo di “raccontare” la favolosa leggenda della Moldava a riviver nelle pagine di Dvorák le sottili fragranze cameristiche, schubertiane, non senza lasciar scorger tra la freschezza di umori la presenza brahmsiana. Per dire di un tipo di sensibilità che opera con originalità nel sostenere un confronto complesso e problematico quale quello con Bruckner. Sembra infatti consapevole Nézet-Séguin delle tante implicazioni di quella “Bruckner Renaissance” che aveva preso avvio a Vienna negli anni precedenti la Prima guerra e della tensione utopica che rendeva i caratteri del linguaggio eccentrico rispetto a quelli consolidati dalla tradizione. Dietro la “grande e sontuosa lentezza” del passo bruckneriano, come l’ha definita Gavazzeni, uno dei primi nostri direttori a proporre in Italia la musica del maestro di Ansfelden, si cela un travaglio che ha trovato sviluppi enormi sul terreno del grande sinfonismo teutonico rispetto al quale è andata più recentemente affermandosi un lettura improntata a una discorsività più duttile rispetto all’immagine consolidata di un Bruckner monumentale, creatore di cattedrali sonore. Si è colto soprattutto come dietro quelle dimensioni abnormi vi sia la “grande forma” schubertiana che si proietta sullo schermo gigante, attraverso una forte semplificazione regolata soprattutto dal ritmo nonché da quella radicale contrapposizione dinamica che nasce evidentemente dalla pratica organistica su cui si era formato il compositore. Una linea dunque più sotterranea che è andata sviluppandosi in particolare attraverso il lavoro di direttori impegnati nel recupero di una tradizione esecutiva rinnovata dalla Bruckner Orchester di Linz quali Theodor Guschelbauer, Martin Sieghart e Kurt Eichhorn, alla quale Nézet-Séguin con la sua fragrante originalità non sembra insensibile.