CLASSIC VOICE ALBUM
Capace di sprigionare magnetismo in sala d’incisione come in scena, Christa Ludwig festeggia i 90 anni con “Des Knaben Wunderhorn”, un Album con il meglio della sua tecnica liederistica
Christa Ludwig compie 90 anni, portati con invidiabile charme ed energia. Rievocare la sua parabola artistica è il modo migliore per omaggiare un’artista che fatto la storia dell’opera. A scorrere la sua biografia, si direbbe che il canto fosse scritto nel suo destino. Il padre, Anton Ludwig, viennese, era tenore e la madre, Eugénie Basalla, prussiana, un mezzosoprano dalla carriera purtroppo breve. Quanto basta però per diventare insostituibile punto di riferimento per Christa, come maestra di canto e onnipresente consigliera. La carriera è rapida. Conquista il primo contratto nel 1945 a Giessen e spicca il volo verso la notorietà internazionale dopo un periodo di apprendistato a Francoforte - dove debutta come Orlowski nella Fledermaus di Strauss e canta anche Carmen diretta da Solti - a Darmstad e Hannover. La Staatsoper di Vienna l’accoglie (primo ingaggio: Cherubino nelle Nozze di Figaro) ed è subito una star. La futura Kammersängerin trova un mentore in Karl Böhm, che la scrittura anche per il festival di Salisburgo, da lei frequentato assiduamente per quasi quarant’anni. È lei ad essere scelta per inaugurare il Grosses Festpielhaus nel 1960 e il primo festival di Pasqua nel 1967, diretta da Herbert von Karajan di cui diventa una delle cantanti predilette. Canta molto
Capace di sprigionare magnetismo in sala d’incisione come in scena, Christa Ludwig festeggia i 90 anni con “Des Knaben Wunderhorn”, un Album che esprime il meglio della sua tecnica liederistica
anche alla Deutsche Oper di Berlino, dove debutta nel 1961 in Aida e Lohengrin, regia di Wieland Wagner. Dal 1959 è presente anche al Met di New York, teatro nel quale si esibirà regolarmente fino al suo ritiro dalle scene nel 1994. Christa Ludwig costruisce con talento, tenacia e saggezza una lunga carriera, non solo in teatro ma anche in sala d’incisione. Entra infatti da subito nelle grazie di Walter Legge, produttore della Emi di quel periodo d’oro, che contava tra i suoi artisti miti come Maria Callas ed Elisabeth Schwarzkopf. Crede nel valore dei dischi: la sua voce del resto è fonogenica e l’interprete versatile. Lascia perciò testimonianza della sua arte in un repertorio esteso, che comprende l’opera, la musica sacra, ma anche i Lieder, che per un cantante tedesco sono come l’aria che respira. In sala da concerto la Ludwig sprigiona lo stesso magnetismo che in scena. Diventa anche in questo campo il mezzosoprano tedesco-viennese di adozione più importante del secondo dopoguerra. Ha tutto per emergere: voce, tecnica, recitazione, rigorosa disciplina musicale, e anche la vigile autocritica necessaria a fare le scelte giuste. La rinuncia a cantare Isotta nel Tristano è sicuramente il “no” che le è costato di più: un sogno proibito, come Brunilde del Siegfried. In compenso ha cantato altri ruoli di tessitura sopranile, come Lady Macbeth e la Tintora della Donna senz’ombra di Strauss, uno dei suoi vertici, affrontato nell’arco di dieci anni (19641974) con Karajan e Böhm. In Strauss non teme rivali. Oltre a Oktavian, Arianna e Compositore (la sua parte preferita en travesti), la sua Clitemnestra nell’Elektra, cruda e spogliata da ogni esagerazione, è considerata un modello. La sua Marescialla, femminile e materna, ha fatto epoca. Sul crinale sopranile, un’altra sfida vinta è la Leonore nel Fidelio di Beethoven, debuttata nel 1962 con Böhm e ripresa con Karajan, Klemperer, Maazel. Ha inciso moltissimi dischi, in un periodo in cui in sala di registrazione operavano direttori artistici di alto livello musicale. I suoi vinili sono dunque tutti del massimo interesse. Con Karajan, ha inciso Messa in si minore e Passione S. Matteo di Bach, Creazione di Haydn, Missa solemnis di Beethoven, Requiem di Verdi, Butterfly di Puccini (Suzuki). Con Klemperer: Passione S. Matteo, Rapsodia di Brahms, Fidelio. Con Bernstein: Rosenkavalier e Candide, un’opera in cui la sua Old Lady è una creazione di umorismo irresistibile. Con Solti la si può ascoltare nel Castello di Barbablù di Bartok, ma anche in Wagner: Kundry (Parsifal), Venus (Tannhäuser), Fricka e Waltraute nel Ring. Con Böhm ha inciso Brangania (nel Tristano) e Dorabella di
Così fan tutte. Con Kempe è storica la sua registrazione di Ortrud nel Lohengrin: un altro di quei ruoli demoniaci che la Ludwig è riuscita a strappare alla convenzione, risolvendo tutto rigorosamente in un canto di alta scuola. Una cifra che si adatta in generale a descrivere l’impatto di una voce di straordinaria bellezza e ricchezza di armonici, capace di reggere con smalto e slancio le tessiture più acute e di fraseggiare nella zona mediograve con una cavata impressionante. Il tutto senza mai perdere aplomb, senza mai sporcare un suono, mantenendo la linea musicale pura e nobile. Sterminata è anche la sua discografia liederistica, arricchita da collaborazioni con pianisti importanti come Gerald Moore, Geoffrey Parsons, Erik Werba, Charles Spencer. La musicalità, la dizione nitida, il fraseggio, la flessibilità dei tempi sono rimasti proverbiali. Nel 1978, emulando l’impresa di Lotte Lehmann, esegue al Musikverein di Vienna la Winterreise di Schubert, portandola poi in tutto il mondo. Tra i tanti universi poetici frequentati, un posto di rilievo, oltre a Schubert, Wolf (il favorito), Brahms, Strauss e Wagner, Christa Ludwig lo ha riservato a Gustav Mahler. In sostanza, è l’interprete di riferimento di Das Lied von der Erde, Kindertotenlieder, Rückert-Lieder. I canti tratti dal ciclo Des Knaben Wunderhorn e i tre Ruckert-Lieder di Gustav Mahler contenuti nell’album del mese sono tra le pagine più significative della sua arte interpretativa e appartengono alla prima fase di attività discografica. Sono infatti registrazioni del maggio 1959, all’Abbey Road Studio di Londra, realizzate sotto la supervisione maniacale di Walter Legge con l’accompagnamento del pianista Gerald Moore. Negli stessi giorni la Ludwig registra anche
Frauenliebe und Leben di Schumann. La voce è fresca, agile, flautata negli acuti in pianissimo e squillante nei forti, piena, sonora, straordinariamente vellutata, malinconica e sensuale nei gravi. Lo stile di questo primo approccio è più intimo, come è logico, rispetto alla versione orchestrale di questi Lieder. Tutto è misurato e calibrato, parola per parola, battuta per battuta. Studiato a tavolino, ma anche spontaneo e fluido nella resa. I tempi rigorosamente sotto controllo. Sono esecuzioni da antologia di brani che la Ludwig continuerà ad eseguire fino al termine della carriera, confrontandosi praticamente con se stessa. La leggerezza e la trasparenza sono il primo connotato che colpisce nei Lieder più gioiosi, innocenti e ironici (tracce 1, 2, 3, 6), che risaltano in tutti i loro colori e profumi: un profilo che la Ludwig sapeva comunicare molto bene. Emerge anche, in questa esecuzione, il sottile umorismo di Lob des hohen Verstandes (traccia 12). Nei canti più tragici, invece, la corda che vibra maggiormente, in questa versione per pianoforte, è quella malinconica. Se si ascolta l’incisione con Klemperer di Um Mitternacht si nota uno spessore, epico e tragico, di maggiore allucinata tensione. Qui invece (traccia 9) tutto si scioglie in un canto di meravigliosa ed estatica purezza, grazie al legato e alla morbidezza avvolgente di una voce rotonda, timbrata, dolce. Abbiamo poi tre vertici interpretativi. Wo die schönen Trompeten blasen (traccia 4), dove la fuga nel delirio si sviluppa come una lenta, dolce nenia.
Der Schildwache Nachtlied (traccia 5), con il suo contrasto fra la voce quasi ultraterrena dell’amata e quella ingenua e carnale della sentinella. Das irdische Leben (traccia 10), in cui le frasi della madre, appena sussurrate, sono un’idea geniale, da brivido.