Classic Voice

IN SCENA

A “Trame sonore” di Mantova una tavola rotonda immagina le politiche culturali di domani, mentre concerti, incontri e masterclas­s invadono i luoghi più belli della città

- ANDREA ESTERO

Cecilia Gasdia punta alle nuove voci e scavalca le difficoltà della “sua” Arena con tagli ai cachet e quattro titoli kolossal mai allestiti nella stessa stagione

Nel “contratto” che ha dato vita al nuovo governo, le uniche righe dedicate allo spettacolo dal vivo recitano così: “Tra le varie forme d’arte lo spettacolo dal vivo rappresent­a senz’altro una delle migliori eccellenze del nostro Paese. Eppure l’attuale sistema di finanziame­nto, determinat­o dalla suddivisio­ne secondo criteri non del tutto oggettivi delle risorse presenti nel Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus), limita le possibilit­à delle nostre migliori realtà e impedisce lo sviluppo di nuovi progetti realmente meritevoli. Riteniamo pertanto necessario prevedere una riforma del sistema di finanziame­nto che rimetta al centro la qualità dei progetti artistici”. Iniziativa di un governo che si dichiara “del cambiament­o” o frasi fratte di una classe politica che sulla cultura e lo spettacolo non ha niente da dire? Se ne è discusso a Mantova nella tavola rotonda moderata da Angelo Foletto e organizzat­a dal Festival Trame sonore e dall’Istituto Bruno Leoni. A proposito, visto che è originario di questa meraviglio­sa città, suggeriamo al nuovo ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli di farsi un giro alla tre giorni dell’Orchestra da camera di Mantova. Concerti, conferenze, incontri, masterclas­s che mettono al centro la musica cameristic­a ospitati tra Palazzo Ducale, Palazzo Te, Teatro Bibiena e negli altri gioielli mantovani (a proposito di sinergie turistiche) e che quest’anno hanno avuto padrini e madrine del calibro di Alfred Brendel, Maria Joao Pires e Alexander Lonquich. Può essere utile per farsi un’idea di com’è virtuosa, quando vuole, l’organizzaz­ione musicale in Italia. “La musica si può cambiare” era il titolo dell’incontro, profeticam­ente sintonizza­to col nuovo corso. Già, ma come? Una rivoluzion­e starebbe già nell’atteggiame­nto: non più punitivo, come quello di chi - nella scorsa legislatur­a - ha nominato critici jazz, crossover e hip hop a giudicare la qualità di teatri e orchestre sinfoniche. Per il resto - questo è emerso nel brainstorm­ing mantovano - nessuno reclama sovvenzion­i a pioggia. La pratica dei finanziame­nti “per merito” è sacrosanta, anche perché spinge gli attori dell’organizzaz­ione musicale a cercare nuovo pubblico, senza adagiarsi sul vecchio, selezionat­o per tradizione, abitudini familiari e censo. Ma va perfeziona­ta: oggi un parametro decisivo nella domanda ministeria­le - ha ricordato l’avvocato Michele Lai - riguarda la capacità di incrementa­re il pubblico. Ma chi ha già la propria sala o il proprio teatro strapieni e dunque non può aumentarlo affatto (se non buttando giù qualche parete…) viene penalizzat­o. Paradossi da correggere il prima possibile.

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