Classic Voice

A Pesaro il “Barbiere” di Pizzi tra Plauto e Molière

Pizzi sceglie costumi d’epoca rossiniana ma indossati come abiti di oggi. Al festival anche “Ricciardo e Zoraide” (Pynkoski - Sagripanti) e “Adina” (Cucchi - Matheuz)

- MATTIA PALMA

Difficile credere che mancasse proprio un Barbiere al vasto catalogo rossiniano di Pier Luigi Pizzi. Infatti non mancava, anzi se ne trovano tre di cui ha curato scene e costumi: con Franco Enriquez nel 1955, con Mario Lanfranchi nel 1960 e con Giovanni Poli nel 1964, sul podio nomi come Vittorio Gui e Oliviero De Fabritiis. Curiosando a ritroso fino al 1953 si trova persino un allestimen­to della commedia di Beaumarcha­is da cui l’opera è tratta, a conferma che Pizzi si è spesso tenuto volentieri in bilico tra opera e prosa. Ma serviva l’anniversar­io rossiniano del 2018 per vedere finalmente il Barbiere di Pizzi, che ad agosto a Pesaro non sarà solo costumista e scenografo, ma anche regista.

“Strano a dirsi ma non mi è mai capitato; certo a volte si cominciava a parlare di un nuovo Barbiere, ma poi si finiva sempre su titoli più rari, che mi divertivan­o molto perché andavano riscoperti”. Anche se forse non mancava un po’ di diffidenza per un titolo tanto presente nei cartelloni di tutto il mondo: “Il problema del Barbiere è che è stato a lungo maltrattat­o da una tradizione pasticciat­a, che lasciava troppo spazio all’estro dei cantanti. Oggi invece qualche giovane regista cerca di stravolger­lo: su YouTube ho visto alcuni esempi che mi hanno fatto capire cosa bisogna evitare con quest’opera, che è senza dubbio una commedia di impianto classico sulla linea di Plauto, Molière e Goldoni”. Quindi un’opera da prendere con le pinze, in cui non bisogna forzare un meccanismo teatrale perfetto così com’è.

“Rossini e Sterbini hanno scritto una commedia di intrigo che non deve far sbellicare il pubblico: non è una farsa, ma un’opera più seria che faceta, con personaggi tremendi per il loro cinismo, per la loro cattiveria e vanità”. Nemmeno l’amore li salva: i sentimenti non esistono, conta solo il denaro. Eppure la musica di Rossini è capace di un miracolo, “perché con la sua leggerezza riesce a renderci simpatiche queste figure laide: ci riconoscia­mo nelle diverse situazioni, in cui rivediamo noi stessi o al limite i nostri vicini di casa”. L’impianto scenico concepito da Pizzi, come sempre architetto­nico, non avrà una collocazio­ne temporale precisa e non cederà alla tentazione del folclore, se non per un bianco vagamente mediterran­eo. Anche i costumi non vogliono storicizza­re la messinscen­a: riprendono l’epoca di Rossini ma andranno indossati con disinvoltu­ra, come abiti di oggi. L’opera sarà in scena dal 13 agosto con la direzione di Yves Abel, nuova produzione del Rof di quest’anno, come del resto anche Ricciardo e Zoraide, in scena l’11 agosto nello spettacolo di Marshall Pynkoski diretto da Giacomo Sagripanti, e Adina (nella foto un bozzetto), che debutterà il 12 con direzione di Diego Matheuz e regia di Rosetta Cucchi. Rossini Opera Festival Pesaro, dall’11 al 23 agosto

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