Guida all’ascolto
Nel booklet genesi, storia e guida all’ascolto di tutti i brani contenuti nel cd allegato.
sapeva meravigliosamente ricomporre in un quadro di ormai matura sapienza e razionalità.
Non tragga in inganno questa eclissi delle opere strumentali da camera: il loro abbandono per quasi vent’anni coincide con la loro sotterranea presenza nelle opere orchestrali e nell’opera teatrale: la scrittura strumentale di Debussy (se si esclude forse il momento propriamente sinfonico tra La mer, Ibéria e Jeux) persegue ideali tutti cameristici di trasparenza solistica, di alleggerimenti timbrici, di fantasiosa mobilità dei nessi formali e discorsivi. Comunque sia, se si eccettuano piccole composizioni (come i brani scritti nel 1910 per le prove di lettura agli esami di clarinetto del Conservatoire; o la mirabolante pagina per flauto solo del 1913, Syrinx), bisogna arrivare all’ultima stagione creativa di Debussy, agli anni della guerra e della malattia, per ritrovare in lui una vera e profonda dedizione al genere cameristico strumentale: la Suite per due pianoforti En blanc et noir e le tre Sonate. Raramente filtrano, nel mondo dell’immaginazione ormai rarefatta e depurata di sensualità, gli echi della tragedia: forse solo il secondo dei tre brani della Suite, con lo scenario cupo in cui viene intonato, minaccioso, il corale luterano che identifica i tedeschi. Ma, per il resto, quest’ultima produzione insegue il sogno di una musica in cui possa ritornare possibile l’ironia, il sorriso garbato e intelligente, la distesa e arguta conversazione. Sono lontani, si direbbe, gli anni del simbolismo, di quella musica intrisa di letteratura e di visioni cosmiche. Il pianoforte, nella Sonata per violoncello, ha perso le sue risonanze: è diventato più simile a una grande chitarra. Il violino, nell’ultima della composizioni prima della morte, ha perso le sue velleità di canto vibrato e appassionato: è strumento di arabesco.
È soprattutto la Sonata per flauto, viola e arpa a siglare a livelli meravigliosi questo biancore abbagliante in cui si dissolvono i contorni di un mondo che ormai non si riesce più ad amare. Nella “Pastorale” iniziale risuona per l’ultima volta, trasfigurato un’ennesima volta, il richiamo del flauto con cui si era aperto il Prélude à l’après-midi d’un faune; da questa rabbrividente evocazione emergono figure danzanti e guizzi di luce (la parte centrale porta l’indicazione “Vif