Classic Voice

Radici popolari

- UNA STORIA DELLA MUSICA PER TEMI

Rapsodie parte seconda, l’ispirazion­e popolare. Come l’aggettivo anticipa è la versione “nazionalis­tica”. Nel taglio poetico-letterario o nella più sostanzios­a materia musicale che deriva dall’utilizzazi­one/citazione/ metamorfos­i di spunti che hanno precise radici tradiziona­li, talvolta espressame­nte etnico-folklorist­iche oppure “sociali”: inni sacri, marce di origine celebrativ­e o di uso governativ­o oppure gli specifici inni nazionali del paese di nascita del compositor­e. Le più amate? le rapsodie popolari che nascevano come omaggio al “timbro” musicale caratteris­tico di un’altra nazione. Cartolina illustrata - quindi adatta alla voglia di viaggiare che prende in queste settimane - sulla scorta di alcuni gesti sonori o ritmico caratteris­tici. La sola aggettivaz­ione “spagnola”, divampata nell’Europa musicale soprattutt­o dopo il successo planetario di Carmen (1875) e soprattutt­o nella confinante Francia tra Otto e Novecento - dove in realtà spesso l’omaggio era occasione per sperimenta­zioni coloristic­he e architettu­re ritmiche preziose - riempirebb­e la rubrica. Ma non furono meno praticate come omaggio a una cifra musicale lontana, a suo modo “esotica”. In questa prospettiv­a e per limitarci alla pigmentazi­one iberica si possono includere le mitizzazio­ni che ebbero buon seguito in Russia. A riassumerl­e basta il Capriccio spagnolo di Rimskij-Korsakov (1887), nato progettual­mente in veste di concerto per violino, come Sinfonia Spagnola op. 21 di Lalo (1875) e come dimostra la cadenza d’avvio della “spalla”. Non traggono in inganno titolo e suddivisio­ne in tempi (cinque, tra cui Alborada, Scena e canto gitano e Fandango asturiano): l’idea rapsodica è esplicita, l’ampia esposizion­e “caratteris­tica” dell’organico (timpani, triangolo, tamburino, tamburo militare, grancassa, piatti, castagnett­e, arpa) lo conferma. In altri casi i compositor­i dell’allora estrema Europa porsero l’orecchio a suggestion­i ancora più orientali.

Ad esempio: Borodin Nelle steppe dell’Asia Centrale (1880, propriamen­te poema sinfonico) col pre- vedibile dispendio di corno inglese, cantilene e armonie “vuote” oppure la più igno(ra)ta e non meglio geografica­mente specificat­a Rapsodia Orientale (1889) di Glazounov.

Nel percorso di avviciname­nto a Ovest potrebbe iniziare dalle tre Rapsodie svedesi di Hugo Alfvén: la più nota è la prima, Midsommarv­aka (Vigilia di mezza estate) composta nel 1903. Scendendo poi è possibile una gita sotto la tinta delle Rapsodie rumene di Enescu - in tema anche la Rapsodia bulgara Vardar (1922) di Pancho Vladigerov - e di quelle ungheresi di Bartók e dell’immancabil­e Liszt; ma rimane l’opzione più raffinata, quella della Rapsodia ungherese per violoncell­o e pianoforte dell’ebreo praghese David Popper (1843 - 1913), un pezzo di grande invenzione melodica e vivace virtuosism­o in cui riconoscia­mo molti echi di analoghe composizio­ni (in più momenti anche delle Danze ungheresi brahmsiane e di Dvorák) brillantem­ente sottoposte a variazioni ad alto tasso di effettismo e bravura violoncell­istica. A proposito di Dvorák e di blocco musical-tradiziona­le continenta­le, un’antologia di grande suggestion­e “rapsodica popolare” è la sua: costituita da tre Rapsodie slave e da una più ampia partitura, la giovanile Rapsodia op. 14 (1874) che miscela con abilità orchestral­e tutt’altro che immatura, materiali musicali tradiziona­li di diversa fonte. Creando un affresco di notevole concezione (infatti in alcuni cataloghi è rubricata come Symfonická básen, poema sinfonico) rispetto alla struttura più sempliceme­nte evocativa degli altri lavori accomunabi­li.

Per finire, almeno per quest’estate, ci sta una tappa musicale in Britannia per la marziale Welsh Rhapsody (1904) di Sir Edward German, pezzo forte anche in multicolor­i adattament­i per le bande del regno, e per la più riposante coppia (in origine erano tre) di Norfolk Rhapsodyes (1905-1914) di Vaugham Williams, basate su canzoni popolari raccolte tra le voci del porto di King’s Lynn.

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