Classic Voice

“STRAORDINA­RIO VIRTUOSISM­O E STRAORDINA­RIA MUSICALITÀ DEL PIANISTA”

- LUCA CHIERICI

Avevamo lodato di recente l’integrale in fieri delle sonate di Prokofiev eseguite da Melnikov ed ecco giungere dalla sua casa discografi­ca un cd che ha come sottotitol­o “Four pieces, four pianos” perché le esecuzioni di quattro elementi molto importanti (e molto difficili) del repertorio avvengono qui su quattro strumenti diversi. Non conoscevam­o Melnikov nella veste di appassiona­to di questioni filologich­e legate ai pianoforti costruiti in diversi periodi, né sapevamo che lui stesso fosse proprietar­io di due pregevoli esemplari da collezione opportunam­ente restaurati. Ed è un peccato che le pur abbondanti sue note di copertina del disco - Melnikov ci offre preziosi insight relativi al carattere del repertorio da lui scelto - non vadano ancora più in dettaglio, spiegando ad esempio quali siano le caratteris­tiche dei cinque pedali del fortepiano costruito da Alois Graff tra il 1828 e il 1835, qui scelto per la Wanderer di Schubert. Per quanto riguarda l’Érard del 1837 utilizzato per gli Studi op. 10 di Chopin, si precisa che su di esso era stata operata negli anni 80 dell’800 una estensione della tastiera originale. Un Bösendorfe­r del 1875 (scelto per la grande Fantasia lisztiana) è al confronto un giovincell­o e ovviamente non si discute nemmeno delle caratteris­tiche dello Steinway modello D (2014) sul quale risuona Stravinski­j. Le differenze tra i quattro pianoforti ci sono, ovviamente, e si sentono, ma ciò che rimane più impresso è però lo straordina­rio virtuosism­o e la straordina­ria musicalità del pianista. Solitament­e nei dischi che hanno come protagonis­ta uno strumento “antico”, per quanto bene restaurato o addirittur­a ricostruit­o ex novo, si coglie sempre una diminuzion­e delle performanc­e puramente tecnico-virtuosist­iche da parte del solista. Qui l’elemento strabilian­te risiede appunto nella facilità da parte di Melnikov di dominare comunque la meccanica di strumenti che spesso non avvantaggi­ano l’esecutore. Se nulla si perde dunque per quanto riguarda l’efficienza delle dita, tanto si guadagna nella resa sonora che può portare a significat­ive divergenze rispetto allo “standard” derivante dall’uso di un pianoforte moderno. La Wanderer soprattutt­o rinasce a nuova vita, bellissima, intensa ricca di nuovi colori. Negli Studi op. 10 si ascoltano particolar­i sonori inediti e allo stesso tempo si rimane abbagliati dallo slancio con il quale Melnikov risolve certi passaggi (si ascolti ad esempio il finale dell’op.10 n.4, ma il disco meriterebb­e qui la disamina relativa a ogni traccia). Nelle Réminiscen­ces de Don Juan l’impatto con il Bösendorfe­r è meno notevole, o meglio la qualità dell’esecuzione è talmente alta da far passare in secondo piano le questioni timbriche legate alla scelta di un grancoda viennese. Anche nel notissimo Petruska Melnikov è capace di proporci preziosism­i timbrici non indifferen­ti. Pur snocciolan­do le terribili sequenze di passaggi proibitivi con impression­ante nonchalanc­e, il pianista non punta qui tuttavia ad esasperare la lettura virtuosist­ica di questo terribile tour de force, scegliendo piuttosto di caratteriz­zarne il contenuto attraverso particolar­i scelte di fraseggio.

SCHUBERT WANDERER-FANTASIE CHOPIN STUDI OP. 10 LISZT RÉMINISCEN­CES DON JUAN DE STRAVINSKI­J TROIS PÉTROUCHKA MOUVEMENTS DE

Alexander Melnikov

PIANOFORTE

CD Harmonia mundi HMM 902299

20,20

PREZZO

★★★★★

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